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Medio Oriente: ritorniamo a riflettere sui danni collaterali

di Sergio Cipri


L'incipit di un take dell'Ansa, dopo l'ultimo raid delle forze armate israeliane contro la scuola Al-Jacuni, nel campo profughi di Nuseirat, che ha provocato 18 morti, tra i quali sei operatori dell'Unrwa (due sarebbero operativi di Hamas, secondo l'IDF), l'agenzia dell'Onu per i rifugiati palestinesi, non si presta ad equivoci: "si allarga ancora la frattura tra gran parte della comunità internazionale e Israele per la quantità di vittime civili a Gaza dopo la strage compiuta da Hamas il 7 ottobre". Germania e Francia hanno avviato una protesta ufficiale. Gran Bretagna e Usa ipotizzano una riduzione degli aiuti militari.

Danni collaterali - i 18 morti - li definirebbe, senza dubbio, il premier israeliano Netanyahu, preso dalla sua sete di potere e dalla ingordigia di collera che lo rende indifferente allo sgomento internazionale. Da questo colonne, in seguito alla potenza di fuoco dispiegata da Tel Aviv sulla Striscia di Gaza, ci si era domandati a che cosa mirasse e, soprattutto, a quale "percentuale" ambisse nella rappresaglia seguita ai fatti del 7 ottobre il governo israeliano. Incautamente, si era sperato che Netanyahu non avesse in mente un rapporto di uno a dieci, come era accaduto per le stragi naziste. Ma l'estensore di quell'articolo si sbagliava in toto. Ad oggi, secondo una stima del ministero della Sanità di Gaza, sono stati uccisi circa 40 mila palestinesi e più del doppio sono i feriti dal 7 ottobre 2023.

Danni collaterali su scala industriale li definirebbe il buon senso. Giorni fa, una donna di 26 anni, Aysenur Ezgi Eygi, 26 anni, arrivata a Nablus, Cisgiordania, ha incontrato il suo appuntamento con la morte. Era una cooperante di una delle tante organizzazioni internazionali che operano nei territori occupati da Israele per soccorrere i civili e documentare sui social quello che succede. Non doveva essere particolarmente pericolosa se il ferreo controllo di Israele le aveva concesso un visto di ingresso. E che cosa ha fatto la sprovveduta? Ha partecipato ad una marcia di protesta contro l’espansione illegale di insediamenti di coloni israeliani in territorio palestinese...  La manifestazione era controllata dall’esercito. Si, avete capito bene: l’esercito era lì non per controllare l’invasione dei coloni, ma quelli che protestavano contro l’invasione illegale.

Proviamo ad immaginare la scena (ci sono i filmati). Da una parte un corteo inerme che grida, sventola bandiere e striscioni. Di fronte un plotone armato come siamo ormai abituati a vederli: elmetti in metallo e kevlar, bodycam (per  documentare cosa?), giubbotti antiproiettile, radio, pistola alla fondina e fucile mitragliatore in mano. Blindati e possibilità di copertura aerea in pochi minuti in caso di bisogno. Si sono sentiti minacciati da qualche facinoroso che lanciava (si preparava a lanciare, la dichiarazione è ambigua) pietre. Controllare una folla ostile richiede professionalità, freddezza e senso delle proporzioni. Molti di quei soldati hanno meno di 20 anni. E che cosa ha deciso chi comandava il plotone?

Chi scrive ha vissuto in prima persona la crudele stagione delle Brigate Rosse e delle organizzazioni terroristiche affini e stragiste. Nella sua funzione di dirigente di un Consorzio che gestiva il sistema informativo regionale del Piemonte era considerato un "servo" di coloro che esercitavano il potere attraverso i computer e quindi un obiettivo. In quella fase la punizione consisteva - soltanto - nella “gambizzazione”. Lo scopo - prima di passare agli omicidi - era dichiarato chiaramente in uno dei loro motti: "Colpiscine uno per educarne cento".

In mezzo a quella folla di esagitati barbuti e donne velate Asenur Ergi Eygi spiccava con i capelli sciolti e lo sguardo risoluto. Un cecchino israeliano, con un fucile di precisione, le ha trapassato la testa. La manifestazione si è sciolta. Obiettivo raggiunto. La vittima? Danni collaterali.

La giovane Aysenur Ezgi Eygi, passaporto americano, di origine turca, ha "smosso" l ’amministrazione Biden che si è dichiarata “disturbata” dalla notizia del suo assassinio,[1] ma insieme a generiche esortazioni alla moderazione, continua a rifornire Israele di armi. Troppo importante un gendarme armato e fedele nel groviglio del Medio Oriente. Palestinesi sacrificabili. Danni collaterali.

Ho sempre pensato, e agito di conseguenza, che chi fa comunicazione verso un pubblico comunque limitato deve parlare unicamente di argomenti per i quali ha una competenza riconoscibile. Internet e i social hanno fornito a ignoranti, mitomani, psicolabili, esaltati un palcoscenico altrimenti limitato al bar sport di periferia. Proprio per questo la responsabilità di chi ha accesso ad un canale di comunicazione potenzialmente illimitato deve essere alta. Ma oggi il mio lato razionale ha dovuto soccombere alla reazione emozionale. La mia pancia vuole parlare alla vostra.

Il 7 ottobre 2023 l’ala militare di Hamas ha attaccato di sorpresa Israele con una operazione terroristica che ha fatto 1400 vittime. Perché, sapendo che la reazione di Israele sarebbe stata devastante? Lascio ad altri, competenti, una analisi razionale. E baipasso le ricostruzioni storiche che dal 1947, dall'arrivo dei primi coloni in Palestina, alla guerra dei sei giorni del 1967, a quella del 1973, ai successivi accordi con Arafat, alla formazione di un governo palestinese, denunciano la precarietà dei palestinesi costretti a vivere poveramente e in spazi limitati, circondati da muri, con pochi varchi e controlli asfissianti per chi deve superarli per andare quotidianamente a lavorare in Israele.

Chi, dei miei amici, è stato in Israele, ne ha riportato la sensazione di non essere stato accolto amichevolmente, di gente ossessionata dal timore di un pericolo costante, con un inspiegabile atteggiamento di superiorità e freddezza. L’immagine dei giovani israeliani che vanno in spiaggia con asciugamano e fucile mitragliatore non è soltanto folcloristica. L’azione terroristica di Hamas ha fatto cadere ogni equilibrio politico interno e internazionale nella direzione della ricerca di un accordo sulla illusione “due popoli e due stati”. E Netanyahu ha usato e continua ad usare i partiti estremisti di destra, favorendo la leggenda metropolitana di essere ostaggi dei religiosi, per sostenere la “soluzione finale”: distruggere definitivamente Hamas, con ogni mezzo lecito e illecito. I terroristi si mimetizzano fra i civili, come si fa a distinguerli? Per i capi di Hamas, l'intelligence israeliana ha dossier, foto e spostamenti e allora si va con azioni mirate, dentro e fuori dei confini. Quando un missile centra la casa di uno di questi muoiono tutti anche quelli che, casualmente, erano nelle vicinanze. Pazienza. Danni collaterali.

E I terroristi “normali”? Come riconoscerli: hanno tutti la barba, come i civili, sono vestiti allo stesso modo. Negli spostamenti caotici della popolazione in fuga, spesso su pressione dello stesso Israele che indica luoghi sicuri, come seguire e neutralizzare (leggasi uccidere) il terrorista? E’ stato segnalato in quella scuola. Sicuramente ce ne sono altri. Un missile risolve il problema. Ma era una scuola! Danni collaterali

E gli ospedali? Un nascondiglio ideale, in un letto, coperto di bende, magari insanguinate. Medici e infermieri palestinesi sono tutti potenziali collaborazionisti. Quanti ospedali sono stati rasi al suolo? Quanti medici e infermieri sono morti? Comunque sono soltanto danni collaterali.

L’esercito deve mantenere almeno una parvenza di comportamento in linea con le leggi internazionali. Ma i coloni estremisti, che hanno avuto via libera per ampliare indiscriminatamente i loro insediamenti, sono molto meno vincolati. E allora lasciamogli una quota del lavoro sporco: cacciare con la violenza i palestinesi che hanno la disgrazia di essere loro vicini.

Israele si è giocato in pochi mesi le simpatie di tutto il mondo, dilapidando l’immagine di popolo perseguitato e dimostrando che la differenza fra vittime e carnefici non è scritta nel DNA.

Israele è stato condannato da una Corte di Giustizia internazionale. La parola genocidio è stata pronunciata. I parenti degli ostaggi - chi può sapere quanti ancora in vita - gridano la loro rabbia contro Netanyahu ritenuto responsabile di un mancato accordo. Apparentemente senza alcun risultato. Papa Bergoglio ripete stancamente la sua implorazione alla ricerca della pace, lo ha fatto anche oggi dal lontano Oriente, sempre ben attento a citare insieme Palestina e Israele. Ma chi conta sembra ritenerlo un "danno collaterale", incluso il cattolico Biden.

Netanyahu ripete ossessivamente che continuerà la guerra fino a sterminare completamente Hamas. E’ il primo a sapere che questo obiettivo è impossibile da raggiungere: non soltanto in ormai quasi un anno Hamas è ancora in piena attività, ma è certo che ogni giovane palestinese che sta vivendo questo massacro sognerà di uccidere non ogni israeliano, ma ogni ebreo ovunque nel mondo. Che sia il danno collaterale sognato da Netanyahu per guadagnarsi lo stato di guerra permanente ed insieme ad esso garantirsi il potere eterno? Allora, che cosa possiamo fare, oltre che assistere sgomenti e impotenti a questa metodica distruzione?


Note

[1] Aysenur Ezgi Eygi non è la prima attivista di ISM uccisa dall’esercito israeliano: Rachel Corrie, 23 anni, è stata uccisa a Rafah, nella striscia di Gaza, nel 2003 da un bulldozer israeliano e Tom Hurndall è stato ucciso a Gaza nel 2004, all’età di 22 anni.

 

 

 

 

 

 

 

 

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