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"Lo sguardo nomade": partito l'allestimento al Museo Nazionale del Risorgimento


La mostra fotografica su e per Ivo Saglietti, nato a Tolone nel 1948, scomparso sabato scorso a Genova, comincia a prendere forma. Nella grande corridoio laterale alla più grande sala del Museo Nazionale del Risorgimento, è cominciato stamane l'allestimento delle 53 foto che racconteranno ai visitatori "lo sguardo nomade" di Ivo Saglietti. Uno sguardo dalla macchina fotografica per decenni ha documentato il suo prezioso lavoro a più latitudini terrestri. Sono istantanee selezionate e curate con estrema passione da Tiziana Bonomo, che del fotoreporter è stata grande amica, in collaborazione con Michele Ruggiero. Un connubio curatrice-supervisore che, dopo le positive esperienze delle mostre precedenti, da "Torino ferita" e "Città Ferite" sul tema del terrorismo in Italia a cavallo degli anni Settanta e Ottanta, e "La lunga notte di Sarajevo", sull'assedio della capitale bosniaca durante la guerra dei Balcani, si ripropone sulla vita professionale di Ivo Saglietti, uno dei più grandi fotoreporter "giramondo" del nostro Paese. Ed è una collaborazione con la quale l'Associazione La Porta di Vetro prosegue nella sua missione di impegno sociale e civile. Un impegno da sempre sostenuto dal Consiglio regionale del Piemonte e ora dal Comitato Resistenza e Costituzione, ora dal Comitato Diritti umani e civili e, in questa ultima circostanza, dal prezioso contributo di Banca Intesa. Una doppia partnership istituzione-privato che ha favorito l'opportunità di realizzare la mostra nella prestigiosa e storica sede del Museo Nazionale del Risorgimento dal 13 dicembre al 28 gennaio del prossimo anno.





Nelle intenzioni di Tiziana Bonomo e Michele Ruggiero, scatti e intuito di Ivo Saglietti sono gli unici padroni della scena all'interno di un allestimento sobrio, in cui il bianco e nero, associato agli eventi fissati sulle pareti, è destinato a penetrare nella coscienza di chi l'osserva.

Esattamente come desiderava Ivo Saglietti, le cui fotografie sono la testimonianza della violazione dei diritti umani e civili in più parti del mondo: dal Cile della dittatura di Pinochet d'inizio anni Settanta ad Haiti del dopo Baby Doc, il sanguinario dittatore Jean-Claude Duvalier. Sono, infatti, immagini che denunciano la repressione, la miseria, la violazione dell’elementare diritto umano a nutrirsi, alla cura e all’istruzione, mentre si "alza" la nebbia del Kosovo che avvolge contrasti secolari e si prende forma nella città del Cairo un capitolo delle Primavere arabe.

Incorniciate e millimetricamente evidenziate dai passepartout, le foto di Ivo Saglietti trasudano degli effetti di una inarrestabile apocalisse cui l'umanità non sa "rinunciare" tra guerre, carestie e morte.

Così il diaframma si restringe sul terribile capitolo delle guerre, guerre locali che procurano strazianti migrazioni di profughi e che di riflesso aprono sotto-capitoli complicati e divisivi per l’Occidente e per l’Europa nella gestione e nell’interpretazione dell’accoglienza, sullo sfondo di un terrorismo islamico che non dà tregua e che ripropone periodicamente le sue azioni per alimentare l’odio e l’intolleranza verso credi diversi. In questo contesto, si staglia la figura di Padre dall’Oglio, le fotografie a Mar Musa che lo ritraggono prima del rapimento; una testimonianza viva, in contrasto agli interrogativi sulla sua scomparsa, che risveglia il desiderio di pace e di far convivere religioni, uomini e fedi di culture diverse.


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