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Germana Tappero Merlo

Le derive dell'umanità: droghe e guerre sempre più a braccetto

di Germana Tappero Merlo


Già cinquemila anni fa i sumeri lo coltivavano, ed anche abbondantemente, perché l’oppio era Hul Gil, “la pianta della gioia” e per secoli è stato il più potente anestetico naturale al mondo, poi soppiantato da altro. Oggi l’uso farmacologico di suoi derivati (morfina e codeina) è noto e auspicato, ma l’abuso di un altro suo prodotto, l’eroina, è fra le piaghe sociali, di rischio per la sicurezza e causa di ingenti traffici illeciti di gran parte del mondo, soprattutto povero.


Fentanyl, potente sostituto dell'eroina in Occidente

Perché quello più ricco (Usa, Europa, Paesi del Golfo, per rimanere nelle vicinanze) si sballa soprattutto di metanfetamine e di abuso di fentanyl, un oppiaceo sintetico, utilizzato in primis, quando illegalmente, come sostituto economico dell’eroina o per tagliare partite di altri stupefacenti, come la cocaina, di cui ne aumenta la pericolosità, anche all’insaputa degli acquirenti. L’abuso di fentanyl, cento volte più efficace della morfina e cinquanta più letale dell’eroina, è ormai così diffuso e ha portato a così tante vittime negli Stati Uniti da creare allarme sociale[1] e a far dichiarare alle autorità statunitensi l’ennesima guerra a quella che è una vera e propria epidemia di droga più mortale di sempre.

Perché guerra e droghe viaggiano a braccetto, insieme, da sempre nei secoli, durante e in particolare dopo i conflitti, soprattutto se lunghi e devastanti[2]: dai campi di battaglia per sostenere combattimenti, fatica e dolore, così come nel post-conflitto, col rientro alla vita civile per migliaia di reduci, sopravvissuti certamente ma feriti nel fisico, a volte, e nella psiche per sempre. E che sia alcol, fumo, eroina, cocaina e metanfetamine, la dipendenza dei reduci da droghe comporta costi finanziari e sociali difficilmente contenibili. E poi, si sa, ci sono state e vi sono ancora guerre per e grazie alla droga, sino alla guerra contro la droga, dove il commercio, produzione e diffusione, così come il contrasto a tutto ciò, ha avuto da sempre, ed ha tutt’oggi, implicazioni geopolitiche.

Con qualche complicazione in più rispetto al passato, perché a dominarne produzione e traffico sono certamente entità statali, ossia i più o meno noti, vecchi e nuovi, narco-Stati, a cui però si sono affiancati attori non-statali che, ben oltre i narcotrafficanti dei cartelli sudamericani, fanno della guerra la ragione della loro esistenza e il traffico di droghe il metodo privilegiato di sussistenza.

Fra i narco-stati e attori non-statali dominanti il mercato, da anni vi sono gli afghani e i loro governanti (anche quando sostenuti dall’Occidente, come quello di Hamid Karzai) e, con andamento altalenante, vi sono stati i talebani, almeno sino alla loro ripresa del potere a Kabul nel 2021. Infatti, sebbene annunciato ma appreso con scetticismo dal resto della comunità internazionale in precipitosa ritirata in quell’agosto di due anni fa, proprio il governo talebano del Mullah Haibatullah Akhundzada avrebbe soppresso la coltivazione di papavero da oppio di quasi il 90%, riportandone la produzione ai livelli del 2001: un risultato visibile da immagini satellitari, soprattutto delle regioni di Helmand e Nangahar[3].


La proibizione del Corano

Ma non solo oppio: il governo talebano si è concentrato anche nel contrastare piantagioni di efedra, un’erba dalle proprietà dopanti e uno degli ingredienti (l’efedrina) dominanti l’industria delle metanfetamine, in particolare del vicino Iran, da anni in lotta al contrasto di contrabbando di quest’erba lungo i confini con l’Afghanistan, appunto[4]. Ciò perché l’uso di droghe è proibito dal Corano e poi perché, molto più prosaicamente, il traffico di oppio ed efedra è stato[5], e può esserlo ancora, fonte di guadagno di nemici interni, pronti a convertire gli introiti in investimenti su forze combattenti private; e dato che non è tempo, ora, per attriti e tensioni, meglio privare i comandanti colleghi talebani di lauti finanziamenti indipendenti. Una scelta religiosa e di opportunismo politico del Mullah e dell’esecutivo afghano, con appoggio degli ayatollah iraniani; meno lungimirante però dal punto di vista economico e sociale per il resto della popolazione afghana.

Per quanto si sia scelto di favorire l’estrazione e il commercio di metalli (in particolare il litio) con la Cina[6], di cui abbonda il sottosuolo afghano, la proibizione improvvisa della coltura dell’oppio e senza alternative per i contadini, soprattutto se proprietari di piantagioni piccole e medie, ha ridotto drasticamente le loro entrate economiche, con relativo calo di potere di acquisto, con un aumento esponenziale di terreni incolti e non facilmente vendibili o affittabili, e sicuramente senza colture così redditizie come il papavero da oppio.


Produzione oppio fuorilegge in Afghanistan

Nemmeno il grano non è mai stato, per quei terreni, un buon sostituto. Ne sono derivati un aumento dell’indebitamento delle famiglie, costrette, se fortunate, a migrazioni interne se non addirittura a cedere in spose le figlie in età giovanissima, oppure a spostarsi fuori dall’Afghanistan, con relativa pressione di migranti economici lungo i confini afghani. Le cifre parlano chiaro: quel divieto è costato sino ad ora all’economia afghana 1.3 miliardi di dollari e 450mila posti di lavoro a monte, senza contare i costi di perdite economiche, a valle e nel lungo periodo. E se si sopravvive, ora, in Afghanistan, è per quella che l’economista W. Byrd ha definito famine equilibrium, equilibrio da carestia, quindi grazie agli aiuti umanitari internazionali, anche se diminuiti rispetto al 2022[7].

Ma gli effetti del brusco calo di produzione dell’oppio afghano hanno risonanza internazionale, per forza di cose: la domanda rimane alta e ad approfittarne sono altri fornitori, già noti, come Pakistan e Myanmar. Quest’ultimo ha raddoppiato la produzione nel 2022, circa 795 tonnellate[8] (più alta dal 2013), proprio in concomitanza del colpo di stato militare del febbraio 2021, là dove nelle zone più remote del paese (Shan settentrionale) l’unica alternativa economica per molte famiglie è proprio la coltivazione dell’oppio, mentre per i gruppi armati che operano nelle aree di confine di un paese devastato dalla guerra civile, le droghe sintetiche hanno soppiantato l’oppio come fonte di finanziamento. Infatti, l’alternativa al succo di papavero (l’opion, in greco), al momento, è proprio la produzione di fentanyl.


Captagon, l'anfetamina del regime siriano

Ma quest’ultimo è in buona, tossica e sballante compagnia, in tutta l’area sin verso Occidente, passando dai Paesi del Golfo sino alle coste del Mediterraneo, incluse quelle italiane. Ad affiancarlo vi è infatti il Captagon, una anfetamina di classe A[9], a base di fenetillina, una molecola che proviene dalla ibridazione di caffeina e metanfetamine, con effetti psicostimolanti. Il Captagon è prodotto, appunto, in laboratori clandestini, già un tempo alla base di autofinanziamento dei combattenti dell’Isis[10] ed ora, stando a numerosi report, anche in Bulgaria e contrabbandato da bande turche in tutto il Medio oriente, così come prodotto in Siria, confezionato e spacciato addirittura da circoli parentali stretti dello stesso Bashar Assad[11], tanto che fonti inglesi stimano che ne venga prodotto l’80%, generando, per il solo regime siriano, “circa tre volte il commercio combinato dei cartelli messicani”[12].

La produzione di Abu Hilalain, ossia “il padre delle due lune a mezzaluna”, come viene indicato nella regione araba il Captagon, è diventata esclusiva siriana con il precipitare della grave crisi economica interna (oppressa anche dalle sanzioni occidentali) e il prolungamento del conflitto contro forze ribelli antiregime. Fonte di finanziamento e prerogativa di spaccio, secondo alcune fonti, per hezbollah filoiraniani e pro-Assad, (già dominanti produzione e contrabbando di droga dalla valle libanese della Bekaa), l’intero affare Captagon è diventato oggetto di alta pressione politica nel momento in cui i Paesi arabi della regione hanno proposto ad Assad il ritorno della Siria nella Lega Araba anche con la promessa di un giro di vite definitivo sul Catpagon, ormai diventato piaga sociale per i giovani della regione. Perché il suo smercio si è sviluppato anche verso la Giordania, Libano, Iraq, EAU e Arabia Saudita, così come, attraverso corridoi marittimi, in Libia e verso le coste italiane. E si calcola che, nel 2021, queste spedizioni di droga abbiano reso circa 5,7 miliardi di dollari ai soli produttori clandestini siriani[13].


Stupefacenti ai soldati: un'eccezione diventata regola

A fronte quindi della fine di un narco-stato come l’Afghanistan, vi sarebbero altre realtà pronte a sostituirlo e, peggio, altre sostanze dopanti a subentrare al calo di produzione di oppio, e non a caso prodotte in aree devastate e imbruttite da guerre e colpi di stato violenti, a rimarcare lo stretto legame, da tempi antichi, fra guerre, instabilità e droghe. Dalle guerre contro la droga a quelle per la droga, ossia una violenta competizione per accaparrarsi produzioni e territori rimasti vacanti, il passo è sovente molto breve.

Tuttavia, e in conclusione, il problema, oggi, è ancora molto altro rispetto a questo e ai già noti rischi per la salute dei giovani e la sicurezza delle società civili di gran parte di questo mondo: si tratta infatti del legame fra le forze combattenti tutte le guerre in corso, che siano attori statali e non, e la forte dipendenza da droghe psicoattive, altamente stimolanti. Per tutti costoro si tratta sempre più di guerre sotto effetto di droghe, fortemente dopanti e a buon mercato. Una pratica eccezionale, iniziata nella Seconda guerra mondiale per migliorare le prestazioni dei militari, è oggi la normalità in tutti gli scenari bellici, anche là dove il combattente è regolare ed è dotato di armi altamente sofisticate: togliendogli fatica, sonno e remore morali lo trasforma sempre più spesso in un super-soldato.


Corruzione e favori ai narcotrafficanti

Una deriva da pep-pills o crystal meth, come vengono definite le droghe sintetiche, che imbarbarisce non solo attori combattenti non-statali, come i terroristi jihadisti, quindi. Una emergenza da e nelle guerre contemporanee che merita riflessioni a parte, là dove, come in questa breve e non certa esaustiva analisi, si è solo voluto evidenziare un traguardo alla lotta alla produzione di droghe, grazie all’impegno di un governo non certo rispettoso di principi democratici e dei diritti umani come quello talebano afghano. Un contrasto alla diffusione di droghe mai ricercato nei vent’anni di controllo internazionale dell’Afghanistan solo perché, nei calcoli della geopolitica occidentale, lo status quo sulla produzione di oppio afghano e i relativi introiti erano più auspicabili e redditizi del suo sradicamento a favore di produzioni alternative.

Come già in Indocina e contro il comunismo decenni prima, con il mancato contrasto ai traffici di eroina per opportunismo militare, la lotta alla droga è apparsa secondaria rispetto a quella contro i talebani. Come allora, anche in Afghanistan la geopolitica ha surclassato le attività antidroga, a vantaggio, spesso, proprio di narcotrafficanti che godevano di protezioni politiche e perseguivano obiettivi strategici più ampi[14]. Un errore di calcolo politico ed economico, in Indocina come poi in Afghanistan, che ha finito per inficiare l’impegno militare internazionale e che ora segna numerosi punti a favore di un regime che si voleva abbattere e che, invece, è tornato anche grazie a quella sconsideratezza.




Note

[1] https://www.washingtonpost.com/world/2023/04/29/mexico-us-fentanyl/ [2] P. Andreas, Killer High. A History of War in Six Drugs, New Tork 2020. [3] https://www.alcis.org/post/taliban-drugs-ban [4] https://globalinitiative.net/analysis/iran-meth-ephedra-plant-afghanistan-ephedrine/ [5] https://www.brookings.edu/articles/pipe-dreams-the-taliban-and-drugs-from-the-1990s-into-its-new-regime/ [6] https://foreignpolicy.com/2023/04/24/china-afghanistan-lithium-critical-minerals-taliban-energy-environment/ [7] https://www.usip.org/publications/2022/11/afghans-adapting-economic-decline-social-restrictions [8] L’economia dell’oppio a Myanmar è valutata circa 2 miliardi di dollari, mentre il commercio regionale di eroina è di circa 10 miliardi di dollari. https://www.bbc.com/news/world-asia-64409019 [9] Class –A narcotic, schedule I- high potential for abuse, questa è la definizione ufficiale DEA. [10]http://www.globaltrendsandsecurity.org/1/le_droghe_del_califfo_da_mosul_alle_strade_di_los_angeles_8_5_2015_11607801.html#_ftn4 [11] https://carnegieendowment.org/sada/88109 [12] https://www.euronews.com/2023/06/15/narco-state-how-europe-helped-syria-became-a-bigger-drug-dealer-than-mexicos-cartels [13] https://www.dw.com/ar/الرئيسية/s-9106 [14] P. Andreas, Killer High. A History of War in Six Drugs, New Tork 2020, Ch. IV.

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