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Luca Rolandi

Laudate deum: la crisi ambientale è la crisi dell'uomo

di Luca Rolandi

L’inizio di ottobre inizia con due grandi eventi per la Chiesa cattolica, l’inizio del Sinodo e la pubblicazione della Laudate Deum, l’esortazione apostolica otto anni dopo l’Enciclica Laudato Si, con cui denunciava il consumismo e il degrado ambientale. Sono due passaggi fondamentali nel papato di Bergoglio sui quali si confronteranno le varie anime della chiesa di Roma e il mondo intero per il valore morale e politico che riveste la figura di Francesco in questo passaggio storico.

Nel giorno del Santo di Assisi il grido di preoccupazione sul futuro del mondo è lanciato da Francesco che afferma a tutti gli uomini cristiani, credenti o diversamente credenti che «forse ci stiamo avvicinando a un punto di rottura».


L'esortazione di Papa Francesco

In Laudate Deum la crisi climatica emerge come crisi dell’umano. Non una svolta antropomorfa, come se il divino non fosse presente nella storia, ma un allerta definitivo su quella salvaguardia del creato che in tutte le Sacre Scritture e la tradizioni cristiana sono presenti nella dimensione del rapporto armonico tra uomo e natura. Ci sono i temi della dignità dell’uomo, di ogni persona, creatura di Dio, ci sono i temi della pace, che non c’è in molte parti del mondo, delle disuguaglianze e della sempre più difficile compresenza della giustizia sociale in ogni parte del mondo.

In fondo, la crisi climatica risulta essere ben più grave, per certi aspetti, dall'ipotesi della guerra mondiale, per altro, come ricorda Papa Francesco, già in atto a pezzi. Trascurano di menzionare l’insolita accelerazione del riscaldamento e per mettere in ridicolo, dice il Santo Padre, chi ne parla citano il verificarsi di freddi estremi «dimenticando che questi e altri sintomi straordinari sono solo espressioni alternative della stessa causa: lo squilibrio globale causato dal riscaldamento globale».

Sembrerebbe poi, ed è un triste tentativo di semplificare la realtà, «che la colpa sia dei poveri» responsabili di «avere troppi figli e cercano di risolvere il problema mutilando le donne». Invece, i numeri dicono «che una percentuale più ricca della popolazione mondiale inquina più rispetto al 50% di quella più povera e che le emissioni pro capite dei Paesi più ricchi sono di molto superiori a quelle dei più poveri». Malgrado «opinioni sprezzanti e irragionevoli anche dentro la Chiesa».

Le responsabilità dell’uomo nel provocare il cambiamento climatico non può più essere messa in dubbio, avverte il Papa. E il grave velocizzarsi dei fenomeni dipende «dagli enormi sviluppi connessi allo sfrenato intervento umano sulla natura negli ultimi due secoli». Un documento destinato a fare parlare molto, discutere e dialogare anche su posizioni molto distanti.


Il Sinodo tra apertura e ripensamenti

Anche il Sinodo appena aperto è pieno di “dubia” e le divisioni interne sono evidenti ed emergono nella loro complessità. La fase finale dell’assise convocata dal papa per delineare la chiesa del futuro è già cominciata; grazie ai quesiti posti dai cardinali tradizionalisti si discute subito di benedizioni delle unioni omosessuali e di sacerdozio femminile. Ma il vero nodo dell’assemblea è l’esercizio dell’autorità nella chiesa. Per la prima volta voteranno donne e laici, poi fra un anno una seconda sessione farà il punto su come sono state recepite le deliberazioni dell’assise.

Il Papa ribadisce che il Sinodo non è un parlamento e che la discussione non avrà una votazione democratica finale. Nel corso della celebrazione di apertura Bergoglio ha affermato che “fra le onde talvolta agitate del nostro tempo”, non vanno cercate “scappatoie ideologiche”, non è necessario barricarsi “dietro convinzioni acquisite”, e non cedere “a soluzioni di comodo” e a non lasciarsi “dettare l’agenda dal mondo”.

Il Papa, davanti a 25 mila fedeli, affiancato da 490 concelebranti - 120 porporati e 370 padri sinodali, fra sacerdoti e vescovi – nel suo discorso iniziale del Concilio Ecumenico Vaticano II di Giovanni XXIII, ha raccomandato alla Chiesa di restare salda nel “sacro patrimonio della verità ricevuto dagli antichi” e al contempo “di guardare al presente”, e invita a non affrontare “le sfide e i problemi di oggi con uno spirito divisivo e conflittuale”, bensì volgendo “gli occhi a Dio che è comunione”. La sensazione è che si discuterà molto ma che alla termine del percorso si rimanderà in futuro decisioni profonde e innovative. I temi della chiesa da sempre sono di lunga, lunghissima prospettiva.

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