La salute non aspetta, ma il percorso di tutela è un "percorso ad ostacoli"
- Rosanna Caraci
- 27 feb
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 28 feb
di Rosanna Caraci

“Se la lista d’attesa è troppo lunga, accedere al percorso di tutela è un diritto ma la Regione non lo incentiva e le Asl non informano”. Questo quanto denuncia il Partito democratico del Piemonte. Denuncia antica che sulla carta è paradossalmente condivisa anche da chi governa il Piemonte. E qui si apre l'interrogativo sulle cause di una degenerazione sul piano dell'informazione che quotidianamente si trasforma da una parte in un vero e proprio atto autoaccusatorio della giunta Cirio, dall'altro in un grave nocumento per la salute dei cittadini. Allora, come se ne esce?, domanda forse scontata, ma ineludibile. Il principale partito di opposizione ha imboccato un doppio percorso, definito attraverso l'iniziativa “La salute non aspetta”, che contempla due aspetti: il primo, di essere di supporto ai pazienti che non conoscevano prima d’ora un loro diritto, cioè di avvalersi della tutela per baipassare le code, l’altro di radicalizzare la propria presenza su territori urbani, dove la cultura è medio bassa, l’età medio alta e le difficoltà economiche più forti che altrove.
In altri termini, al netto del messaggio di parte, i promotori hanno assunto l'ambiziosa posizione (di superare lo stadio della denuncia con una visione concreta e costruttiva, contribuendo all’interesse generale e al benessere pubblico, aiutando i cittadini (che li giudicheranno) a rivendicare i loro diritti. Dopodiché la questione si riapre con un altro interrogativo, non peregrino e preoccupante, in un Paese che dà l'impressione di assuefarsi alle regressione dei diritti: il cittadino è cosciente che il percorso di tutela è un diritto introdotto dal Decreto Legge n.124 del 1998 e convertito nella legge 107/2024, regolamentato dalla Regione Piemonte con due circolari del 2024? E che rappresenta, ultima spiaggia, una grande possibilità per coloro che non possono permettersi temi d’attesa interminabili per una visita medica o per un esame diagnostico e che, schiacciati dalla burocrazia o dalle urgenze, se non possono pagare la prestazione privata scelgono di non curarsi?
Dunque, non è una questione di lana caprina. Al contrario è l'opportunità di restituire dignità al cittadino che ormai, nel momento della prenotazione di una visita specialistica con il servizio sanitario pubblico, è abituato ad affidarsi alla cabala, nella speranza che il Cup a cui ci si riferisce abbia l’agenda già disponibile e che questa non si spinga troppo lontano, né temporalmente, né sul territorio.
Qui si imbatte nel secondo... dopodiché. Infatti, le cifre indicano chiaramente che i percorsi di tutela non sono incentivati dalle ASL, né promossi dalla Regione Piemonte, nonostante nei portali delle diverse Asl del territorio sia indicata la possibilità di usufruirne e sia estremamente difficile accedervi. Nel 2024 l'hanno usata appena 4.161 piemontesi, di cui 1.861 nell’ASL Città di Torino, 2.779 in Città metropolitana se si sommano ASLTO3 (411), TO4 (362) e TO5 (145), seguita da Cuneo1 con 832 accessi. Fanalino di coda Biella, con appena 15 accessi.
Una settimana fa, sul tema è intervento Salutequità, il “ laboratorio italiano” per l’analisi dell’andamento e dell’attuazione delle politiche sanitarie e sociali e per la loro innovazione, con particolare riguardo al rispetto del principio dell’equità, che definisce le liste d’attesa la vera e propria “babele” dei percorsi di tutela o salta-code sostenendo che sono molte le difficoltà. Una su tutte, come già anticipato, la possibilità di reperire informazioni sul percorso di tutela; una difformità è la mancanza di automatismo per l’accesso all’intramoenia con il semplice pagamento del ticket da parte dell’utente in caso di mancato rispetto dei tempi massimi fissati come previsto dal decreto legge. Sono diverse le ASL che hanno reso disponibili dei moduli per poter richiedere l’erogazione della prestazione in intramoenia così come indicato, ma va sottolineato che il cittadino deve fare richiesta seguendo tutte le procedure del caso. L’automatismo contro cui combatte il cittadino in contratti farlocchi, in materia di salute non è previsto. Strano Paese il nostro.
I canali utilizzati per le prenotazioni diventano spesso discriminanti per l’attivazione del percorso di tutela. Sono diversi tra Cup, Recup, app/online, ma lo strumento utilizzato dal cittadino può abilitare o meno all’attivazione del percorso di tutela stando alle procedure descritte dai siti aziendali e regionali. E non è detto che i cittadini siano al corrente di queste differenze, rischiando di perdere tempo o opportunità. Ci sono anche realtà per le quali la prenotazione deve essere ritirata presso gli sportelli CUP, che rilascia la documentazione utile per attivare il percorso.
Non manca poi un carico complesso di burocrazia e tempo: per far valere i diritti è anche necessario usare la PEC, raccomandate, presentarsi agli sportelli. Come non condividere l'allarme dei consiglieri regionali del Pd all'idea che una qualunque persona anziana compili online un modulo in pdf, lo scarichi e vi alleghi i documenti digitalizzati e poi inviare tutto tramite PEC? Tutto questo per ottenere un suo diritto.
Oggi più che mai, far valere o rispettare un diritto richiede “una certa attrezzatura”: nella maggior parte dei casi l’onere è scaricato sul paziente che deve rendere ufficiale la sua richiesta perdendo tempo, soldi o con la dotazione di una PEC (che comunque ha dei costi). Morale: il percorso che anziché incentivare, demoralizza ancor di più chi è malato e che potrebbe essere indotto a lasciare perdere. Contromisure? Sulla carta la campagna del Pd prevede tre fasi: una prima, in cui si informeranno informeremo i cittadini della possibilità attraverso canali social e banchetti nelle piazze; la seconda, durante la quale si sperimenterà un servizio di accompagnamento alla richiesta di attivazione del percorso di tutela; la terza in cui si renderà stabile questo servizio attraverso il lavoro volontario dei militanti. A questo punto, la palla passa nel campo della Giunta regionale. E non basterà una "battuta", e non nel senso letterale del termine, ma nel senso di quelle che ama il presidente Cirio per "ammorbidire" i problemi, per fare risultato.
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