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La prudenza di Trump e il bellicismo di Rutte, chi comanda ora nella Nato?

  • Vice
  • 3 giorni fa
  • Tempo di lettura: 5 min

di Vice


Gli Usa si dissociano dalla condanna all'attacco missilistico russo su Sumy per non destabilizzare i negoziati di pace. Il segretario generale della Nato, l'olandese Mark Rutte, ieri, 15 aprile, in un incontro a sorpresa a Odessa con il presidente ucraino Zelensky, ha però ribadito il pieno sostegno della Nato all'Ucraina. Il che ha dato l'assist a Kiev di chiedere nuovi sistemi di difesa aerea per contrastare i missili russi. Nella scenario di estrema confusione che si registra alle porte dell'Europa, c'è poi un mondo alle prese nel definire le "regole d'ingaggio" per fronteggiare la personalissima "guerra" dei dazi scatenata dal presidente Trump, mentre non si intravvede una via d'uscita per l'altra guerra personale, quella condotta del premier israeliano Netanyahu, che continua a mietere vittime su scala industriale di civili palestinesi, che però contano meno nel sistema valoriale dell'Occidente.

Che cosa comporta questa dicotomia nella gestione dell'Alleanza politica euroatlantica? Chiunque lucido di mente si è reso conto che non si tratta di una questione di lana caprina, ma neppure che le parole di Rutte sono il preludio a chissà quale intervento diretto della Nato in Ucraina. Più verosimile che si tratti di una forzatura amplificata dai media del Segretario generale della Nato che approfitta del contesto in cui rapporti tra gli Usa e gli alleati, soprattutto europei, sono controversi. Elemento, peraltro, che ritorna anche nel comunicato ufficiale della Nato. Si potrà argomentare che le dichiarazioni di Rutte rischiano di esporre direttamente l'organizzazione alla reazione di Mosca, e non solo. Ma chiunque sia sano di mente sa perfettamente che la situazione rientra nel cosiddetto gioco delle parti, sia perché la capacità militare di forze convenzionali russa è limitata, come dimostra propria la guerra in Ucraina, sia perché da Putin al suo ministro degli Esteri Lavrov, passando attraverso il portavoce Peskov, i vertici della Federazione russa sanno perfettamente che Rutte non ha reali poteri decisionali all'interno della Nato.

Però c'è una questione di immagine e di rilancio continuo della guerra, cui concorre Zelensky. Il presidente ucraino ha dimostrato di sapersi destreggiare con grande abilità con il Segretario generale di turno, ieri Jens Stoltenberg, oggi appunto Rutte, e continua a manovrare, per esempio, l'azione del Gruppo di contatto per la difesa dell'Ucraina (UDCG) presso la sede della NATO. L'UDCG, che si è riunito venerdì scorso con la partecipazione del segretario alla Difesa britannico, John Healey, e il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, i principali sostenitori insieme alla Francia dell'Ucraina, al termine ha stilato un comunicato illuminante sulle intenzioni di Rutte, che se non può comandare né militarmente, né politicamente la Nato, può coordinare gli sforzi dei paesi membri, Usa ovviamente esclusi.

Infatti, Rutte ha dichiarato di accogliere con favore "il fatto che l'UDCG abbia fornito decine di miliardi di euro in assistenza militare, contribuendo a sostenere l'Ucraina con i mezzi per difendersi dall'aggressione della Russia". Aggiungendo che "gran parte del sostegno generato dai donatori è ora fornito attraverso il comando NATO Security Assistance and Training for Ukraine (NSATU) a Wiesbaden" e incoraggiando "le nazioni a continuare i loro contributi, anche attraverso il Pacchetto di assistenza globale (PAC) della NATO per l'Ucraina", nella prospettiva "di una pace giusta e duratura", le cui condizioni non possono coincidere però con la visione di Mosca che sa di essere in vantaggio sul terreno di combattimento e considera come giusta solo la pace dettata di chi vince. Ma è questo il vero nodo che strangola l'ipotesi di pace che al momento attuale nessuno, neppure Trump, nonostante le sue roboanti dichiarazioni e lo scaricabile su Biden e Zelensky, né il suo uomo di fiducia, Steve Witkoff, che da settimana cerca di uscire da questo intricato labirinto, ha idea di come sciogliere. E' un nodo gordiano, ma di chi sarà la spada che lo taglia?

Ritornando alla Nato, di cui l'Italia appartiene dalla sua costituzione avvenuta nel 1949 con patti segreti mai ratificati dal Parlamento, c'è da domandarsi che cosa intenda in concreto Rutte quando dichiara nel comunicato ufficiale, rivolto a Zelensky: "So anche che alcuni hanno messo in discussione il sostegno della NATO negli ultimi due mesi. Ma non ci siano dubbi. Il nostro sostegno è incrollabile [...] per una pace giusta e duratura". Allora, successiva domanda, con quali mezzi Rutte ha in animo di ottenere e garantire quella pace giusta e duratura; sono gli stessi del presidente Trump, da cui il comandante in capo della Nato, sempre un generale americano, prende ordini, al di là della produzione a mo' di ciclostile di comunicati di pubblico sostegno?

Altra domanda: chi invierà le armi e i sistemi di difesa di cui ha bisogno l'Ucraina per non cedere sul fronte di guerra, ancora gli Usa e i "donatori" o direttamente la Nato? Ma se sarà la seconda, come si configureranno gli aiuti a uno Stato non membro dell'Alleanza? Forse riunendo i pezzi della Terza guerra mondiale in corso, come è definita da Papa Francesco, in un "intero" di bellicismo esasperato e demenziale, con tutto quello che ne conseguirà per il mondo?

Ricapitoliamo, infine, come si è giunti a questo bivio. Secondo l'agenzia statunitense Bloomberg gli Usa avrebbero deciso di non sottoscrivere il comunicato di condanna del G7 all'attacco missilistico russo di domenica scorsa, 13 aprile, sulla città ucraina di Sumy, in cui hanno perduto la vita 35 persone e altre centinaia ferite. La rinuncia sarebbe dettata dalla scelta di non influire negativamente sulle trattative con il Cremlino per arrivare a un cessate il fuoco. Nel virgolettato si precisa che la Casa Bianca lavora per preservare lo spazio del negoziato per la pace. A quel punto, la scelta americana avrebbe consigliato il Canada, presidenza di turno del G7, a non stilare il comunicato senza la firma dell'alleato.

Nelle stesse ore, il presidente dell'Ucraina ha estromesso dalla sua funzione Volodymyr Artyukh, capo dell'amministrazione statale regionale di Sumy. Kiev lo accusa di negligenza per avere permesso una manifestazione pubblica in una zona di guerra, da mesi sottoposta a martellanti attacchi missilistici, durante una contemporanea cerimonia militare di premiazione della 117a Brigata meccanizzata, costituita proprio a Sumy nelle settimane successive all'invasione russa. A denunciare  il comportamento di Volodymyr Artyukh è stato anche Artem Semenikhin, sindaco della città di Konotop (150 chilometri da Sumy), che ha puntato il dito "non solo della sete di sangue russa, ma anche sulla negligenza di funzionari ucraini".

Da parte sua, attraverso l'agenzia Ria Novosti, il ministero della Difesa russo ha riconfermato la dichiarazione iniziale che definiva l'attacco missilistico a Sumy rivolto a una riunione del gruppo militare operativo-tattico Seversk; bombardamento che ha provocato la morte di circa 60 militari ucraini. Com'era prevedibile, la rimozione di Artyukh e le coeve dichiarazioni di Semenikhin, per converso hanno rafforzato le accuse russe a Kiev di usare la popolazione ucraina come scudo umano, organizzando eventi con la partecipazione di personale militare nel centro di una città densamente popolata.


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