Non si può che essere accanto a Papa Francesco dinanzi alla sua nuova esortazione di ricercare un terreno comune di dialogo e di confronto per interrompere il corto circuito sanguinoso della guerra in Ucraina e di tutte le decine e decine di guerre che insanguinano la Terra. "Una mano tesa": così il Vescovo di Roma si è rivolto ai grandi della terra, imprimendo all'immagine sacralità e laicità allo stesso tempo. Una mano tesa che si può interpretare come sostegno, come aiuto, come accoglienza, come amore per l'umanità.
Ma dietro questa esortazione, si scopre il silenzio e l'isolamento che circondano questo Papa arrivato a Roma dall'altra parte del mondo con un carico di interrogativi sul destino dell'uomo. Interrogativi che oggi ricadono sulla convivenza civile e la disgregano con la violenza omicida dei missili, delle bombe, dei colpi di mitragliatrici e di fucile. Armi che tutti chiedono e sollecitano, ognuno con la convinzione di raggiungere il proprio obiettivo, spostato a ogni avanzata o a ogni ritirata. Obiettivo che per tutti è uno solo: la vittoria. Ovviamente sul nemico, che è il fratello, che è l'Abele del nostro secolo, come lo è stato nei secoli precedenti fino alla notte dei tempi. Ma nessuno ha il coraggio di riconoscerlo, per timore che non prevalgano le proprie ragioni.
Esattamente l'opposto di quanto chiede il Santo Padre, un uomo solo che si fa sempre precedere da una parola: pace. Quella pace che ci dovrebbe portare riconoscere le ragioni degli altri per incontrare gli altri liberi dall'odio e dal rancore. E' il senso dell'amore e della fratellanza che i grandi della Terra non riescono più a trasmettere, quasi che ciò possa renderli deboli agli occhi dell'umanità. La mano tesa del Pontefice è rivolta anche a loro.
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