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La Juve e Torino nella vita di Gianluca Vialli

  • Vice
  • 6 gen 2023
  • Tempo di lettura: 2 min

di Vice


Gianluca Vialli se ne è andato a 58 anni, gli ultimi trascorsi a combattere una malattia tra le più aggressive e letali, in un letto di una clinica di Londra. Una notizia epifanica, nel giorno dell'Epifania, perché annunciata da settimane, con flash sui social che ne descrivevano il calvario. Vialli aveva cominciato a muovere i primi passi calcistici nel Pizzighettone, in provincia di Cremona, per poi approdare nel 1981, a 17 anni, alla Cremonese, successivamente alla Sampdoria, Juventus e Chelsea, di quest'ultima era stato anche allenatore. Ha vestito la maglia della nazionale 59 volte, segnando 16 reti.


In tempo per sollevare al Coppa dei Campioni al cielo, in quel cielo di Roma che gli aveva riservato più di un dispiacere sei anni prima ai Mondiali '90, poi, l'addio, con la prua rivolta verso Londra, che sarebbe diventata la sua città d'elezione.

Era il 22 maggio del 1996, quando Gianluca Vialli, il capitano di una Juventus che il suo allenatore Marcello Lippi definiva "operaia", evoluzione "marxista" di quella "socialdemocratica" di HH2, noto come Heriberto Herrera, che all'ultima giornata aveva vinto lo scudetto nel 1967, chiudendo l'era interista di Helenio Herrera, senza però aprirne un'altra. Al contrario, Lippi si sarebbe rivelato più fecondo, se non altro per il numero di scudetti vinti (1995, 1997, 1998) e di finali perdute in Champion's League nel triennio 1996-1998.

Alla Juventus, Vialli vi era arrivato dopo la delusione della finale di Champion's a Wembley con la maglia della Sampdoria, costretta ad inchinarsi al Barcellona. Nel 1992, all'età di 28 anni, per una cifra stimata attorno ai 40 miliardi di lire tra contanti e calciatori ceduti, il giocatore più conteso all'epoca del mercato, fece così il suo ingresso nella società più blasonata d'Italia da anni alla ricerca di se stessa, nonostante il ritorno di Giovanni Trapattoni sulla panchina a ricostituire il tandem vincente con il presidente Giampiero Boniperti, e la presenza di Roberto Baggio. Ma fu una sofferenza per lui e per Trapattoni, i cui celebri fischi dalla panchina si perdevano nella confusione di schemi che neppure il "Divin Codino" riusciva a sbrogliare.

Fu così avvenne la rivoluzione copernicana bianconera con il "pensionamento" dell'icona Boniperti, dopo mezzo secolo di Juventus, e il passaggio del bastone del comando dall'avvocato Gianni Agnelli al fratello Umberto, che chiamò a sé il fedelissimo manager Antonio Giraudo seguito dall'ombra Luciano Moggi, ancora in cattività per una storiaccia di arbitri e donnine a luci rosse al tempo del suo furore granata e da Marcello Lippi in panchina. Per Vialli cominciò la rinascita che prese corpo con un corpo sempre più muscolare e un nuovo look - il taglio rasato dei capelli - che ne esaltava la figura da marine, insieme alla immagine dell'altro corazziere della Juventus, Fabrizio Ravanelli. Il 29 aprile del 1995, a "Franchi" di Firenze, Vialli aveva movimentato per il primo il pallottoliere del 4 a 1 ai viola allenati da Ranieri, con cui la Juventus aveva conquistato, dopo nove anni di attesa, il suo ventitreesimo scudetto.

Un anno dopo l'addio a un ambiente e a una città che non gli erano mai entrati del tutto nel cuore.

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