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Giulio Fornero

La "grande fuga" dalla sanità pubblica

Aggiornamento: 18 mag


di Giulio Fornero 


Secondo uno studio ANAAO ASSOMED [1], citato su Quotidiano Sanità ad aprile 2022, “il dato riscontrato in varie ricerche è di un burnout in incremento tra gli operatori sanitari e di malattie stress correlate sempre più diffuse. Le dimissioni volontarie in questo contesto assumono il significato di un tentativo di sottrarsi ad un lavoro usurante e poco gratificante, caratterizzato da scarsi riconoscimenti e da un carico, anche emotivo, troppo elevato.[2]

La drammatica esperienza di aver gestito le ondate pandemiche senza poi assistere a un concreto investimento nella sanità pubblica, soverchiati da slogan propagandistici, ha definitivamente tolto ogni illusione di cambiamento. Di fatto, il PNRR si sta rivelando un’operazione edilizia ed il rapporto spesa sanitaria/PIL scenderà sino 6,2% nel 2025, meno di quello che era prima della pandemia.

Il quadro che emerge lascia presagire il progressivo declino della sanità universalistica, per come la conosciamo. Si dovrebbe considerare, infatti, che il livello attuale delle uscite (pensionamenti + dimissioni volontarie) è tale da mettere seriamente "in pericolo la tenuta del SSN".

Alcuni dati sono particolarmente allarmanti per l’Italia (i dati piemontesi sono nella media italiana):

-       L’età media dei medici è la più elevata al mondo e il numero di medici specialisti programmati per 25 anni in Italia è stato pari alla metà del fabbisogno.         

-     Il numero degli infermieri in rapporto alla popolazione è un terzo rispetto ai Paesi del Nord Europa e soprattutto siamo agli ultimi posti tra i paesi sviluppati per numero di nuovi laureati in Infermieristica ogni anno.

Il Rapporto OECD Health at a Glance 2023 precisa peraltro che, nei Paesi sviluppati, i sistemi sanitari e di assistenza sociale impiegano più lavoratori ora che in qualsiasi altro momento della storia. Nel 2021, più di un posto di lavoro su dieci (10,5%) era nel settore sanitario o sociale rispetto al 9,5% del 2011; i dati italiani confermano questa tendenza, seppure in misura minore rispetto agli altri Paesi.

Il numero di posti di lavoro nel settore sanitario e dell'assistenza sociale è aumentato molto più rapidamente che in altri settori nell'ultimo decennio. In media, nei Paesi dell'OCSE, l'occupazione nel settore sanitario e di assistenza sociale è aumentata del 24% tra il 2011 e il 2021 – oltre il doppio del tasso di crescita complessiva dell'occupazione.

Invecchiamento della popolazione, mutamento tecnologico e aumento dei redditi dovrebbero continuare a stimolare la domanda di operatori sanitari nei prossimi anni e decenni.

Recenti proiezioni dell'OCSE prevedono che la crescita di operatori per l'assistenza a lungo termine nel prossimo decennio nei paesi dell'OCSE sarà molto più elevata di quella registrata nell'ultimo decennio.

Ulteriori sforzi saranno necessari per aumentare l'attrattiva delle professioni sanitarie e l'assunzione e il mantenimento dei lavoratori soprattutto nel settore dell'assistenza a lungo termine, per evitare un forte aumento dei bisogni insoddisfatti e della carenza di forza lavoro


Note 

[1] Sindacato dei medici e dei dirigenti sanitari italiani

[2] Sulla questione, incontro oggi 18 maggio, dalle 10, presso la sede dell’Ordine dei Medici in corso Francia 8, su "La fuga silenziosa dalla sanità pubblica. Le cause e i possibili correttivi", in occasione della presentazione del libro “Le grandi dimissioni” di Francesca Coin. Al dibattito partecipano Chiara Rivetti, Segretaria regionale Anaao Assomed, Mario Perini, Psichiatra e psicoanalista, coordinatore gruppo inter-ordini sul benessere degli operatori sanitari e Guido Regis, Vicepresidente OMCeO Torino - già Consigliere nazionale Cimo Fesmed.


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