"La forza oltre le tenebre": Mimmo Jodice in mostra a Torino
Aggiornamento: 30 lug 2023
di Tiziana Bonomo
La mostra MIMMO JODICE. SENZA TEMPO di Intesa Sanpaolo rimarrà aperta al pubblico fino al 7 gennaio 2024 alle Gallerie d’Italia di Torino, curatela di Roberto Koch e con un documentario inedito di Mario Martone. Si tratta del secondo capitolo del progetto “La Grande Fotografia Italiana” avviato nel 2022 con la mostra di Lisetta Carmi con l’intento di realizzare un omaggio ai grandi maestri della fotografia del Novecento del nostro paese. Un omaggio, ricorda Michele Coppola, Direttore di Gallerie d’Italia, che offre l'occasione "di ripercorrere l’intera carriera di Jodice[1], offrendoci immagini di intensa e coinvolgente poesia.”
La mostra, infatti, offre una significativa sintesi della sua produzione, riprendendo i principali temi ispiratori della sua arte in altrettante sezioni della mostra, Anamnesi, Linguaggi, Vedute di Napoli, Città, Natura, Mari, attraverso 80 fotografie realizzate dal 1964 al 2011, tra cui alcune delle opere iconiche che hanno definitivamente attestato la grandezza del maestro napoletano.
Senza dubbio Mimmo Jodice è intenso ed è uno dei pochi italiani, soprattutto con Mediterraneo, conosciuto nel mondo internazionale della fotografia. E lo è in particolare per una delle sue foto più iconiche: “L’atleta della villa dei Papiri”, un'immagine che porta il visitatore a domandarsi, istintivamente, che cosa ci sia in quello sguardo. L’artista, presumibilmente greco, a cavallo tra il IV e III sec. a.C., che cosa voleva imprimere nel volto così sapientemente modellato? La fatica? L’inquietudine dello sforzo per riuscire nella vittoria? Nel suo scatto, Jodice vi riprende soltanto il volto. Perché lo fa? La risposta arriva direttamente dall’autore, che nel catalogo scrive: “la realtà e la mia visione interiore coincidono”.
Qual è la sua visione interiore? Il ritratto in bianco e nero è sfumato, la bellezza dei lineamenti è stravolta dallo sguardo che a noi appare allucinato. In realtà, la testa della statua poggia su un corpo che noi non vediamo, da Jodice escluso, volontariamente escluso, per farne una nuova opera: la sua, all’interno del progetto che ha chiamato “Mediterraneo”.
Nel 2018 Vincenzo De Luca, direttore generale per la Promozione del Sistema Paese, disse che “le immagini che raccontano il Mediterraneo e il nord Africa della mostra Mimmo Jodice. Mediterraneo, interpretano al meglio lo spirito della diplomazia culturale italiana nello spazio geografico di cui il nostro Paese è centro cruciale, crocevia di passato e presente, crogiolo di culture e tradizioni". In quello stesso periodo, Arte.it evidenziava dell’artista napoletano, che era al centro di un’esposizione itinerante allestita in anteprima presso la Farnesina in occasione della Conferenza dei direttori degli Istituti Italiani di Cultura, per proseguire negli stessi istituti in tutta Europa, la sua capacità di utilizzare "la fotografia come strumento espressivo, ricorrendo al bianco e al nero per trasfigurare gli spazi urbani vuoti, le architetture, i paesaggi, i frammenti archeologici e altre testimonianze della storia dell’uomo, caricandoli di un’atmosfera metafisica".
La grande forza del lavoro di Mimmo Jodice – chiaramente percepibile in tutta la mostra – risiede proprio in questa sua straordinaria capacità di scavalcare ogni contingenza temporale per donarci immagini di una consistenza diversa da quella che fatti e foto di cronaca potrebbero avere. Il racconto visivo del grande mare e delle antiche civiltà se da un lato ne trasferisce tutta la sua bellezza, dall’altro sembra confermare l’inquietudine, l’instabilità che oramai lo abitano da tanti anni.
Nel 2018, l’Italia è da più di cinque lustri terra di sbarco di migranti. E dall’inizio del 2011, le traversate nel Mediterraneo di africani e medio orientali si trasformano in calvari letali per migliaia di persone. Drammi nel dramma di un'umanità che non riesce a dare risposte e, di conseguenza, per sfuggire alle sue responsabilità, evita di porsi le giuste domande.
Così, per analogia, nel leggere leggendo Cuore di tenebra di Conrad, non si può fare a meno di trovare calzante – per questa immagine, ma direi per il lavoro in generale di Jodice sul Mediterraneo – la frase: "La tenebra non sta fuori dalla luce, bensì è interna ad essa, prodotta da essa.” Ebbene questo volto, gli occhi, così come i corpi delle statue riprese con questo deciso contrasto nel mettere in evidenza sì la bellezza, ma anche la forza, la drammaticità, suscitano un senso di tenebra. Sembra che attraverso la fotografia Jodice superi la bravura di chi aveva realizzato l’opera, sembra - si perdoni l’azzardo - che le sculture abbiano avuto una seconda vita sfuggendo alla tenebra di qualche tragedia.
L’artista nell’antica Grecia sembra presagire l’orrore che il Mediterraneo sarà costretto ad accogliere. La fotografia di Jodice riporta così alle antiche civiltà che oggi hanno gli stessi volti, gli stessi occhi, la stessa bellezza, la stessa cultura. Il grande mare del Mediterraneo è circondato dalle terre di tre continenti che condividono una Storia analoga e poco importa se il nome delle religioni cambia così come quello dei cibi e dei riti, la radice dalla quale queste popolazioni provengono è la stessa. La stessa cultura nel bene e nel male, le stesse fatiche, lo stesso amore per l’arte, la stessa propensione alla guerra, lo stesso senso di potere, gli stessi imperatori oggi dittatori, gli stessi atleti giovani che vogliono vincere e forse vogliono far concentrare su di loro l’amore per le sane competizioni come la corsa, il giavellotto e, forse, far dimenticare in quei momenti la tenebra dell’ingiustizia.
Note
[1] Nato a Napoli nel 1934, Mimmo Jodice si avvicina alla fotografia attratto dalla sua capacità di creare visioni più che documentazioni. Protagonista nel dibattito culturale che ha portato alla crescita e successivamente all’affermazione della fotografia italiana anche in campo internazionale, sin dagli anni Sessanta Jodice impiega la fotografia nella sua doppia valenza di strumento di analisi del reale e di indagine introspettiva. I suoi esordi avvengono a stretto contatto con il tessuto culturale e sociale della sua città natale, Napoli. Negli anni Settanta sperimenta nuovi linguaggi tecnici e la materialità dell’oggetto fotografico, utilizzando al tempo stesso la fotografia come strumento di impegno sociale.
Dagli anni Ottanta la figura umana non è più fisicamente presente sotto il suo obiettivo e il centro della sua ricerca diventa invece il paesaggio, inteso come paesaggio di natura, di civiltà, di memoria e di sogno. Nel suo percorso incontra non solo gli spazi urbani e costruiti ma anche alberi, piante, giardini e boschi, segni di una naturalità spontanea e indomabile che ugualmente esiste accanto a noi. In una serie di “quadri” straordinari e preziosi, l’autore osserva questi elementi e riconosce in loro il silenzio di cui si nutrono, indispensabile per vivere come la luce, come l’aria. Alla capacità unica di Mimmo Jodice di mostrarci la realtà vista attraverso il filtro di un tempo diverso e sospeso, e così interpretata, è dedicata, in sintesi, la mostra.
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