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La coerenza di Meloni e La Russa: gli italiani antifascisti ringraziano

di Menandro|

Finalmente! Non si può che apprezzare la coerenza espressa sulla festa della Liberazione da Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, e Ignazio Benito Maria La Russa, senatore dello stesso partito, in passato militante e dirigente del Movimento sociale italiano, uno che negli anni Settanta non le mandava a dire quando si trattava di menare le mani con i “rossi” a Milano, poi, insieme con Gianfranco Fini, costruttore della svolta di Fiuggi con la nascita di “Alleanza Nazionale” e tanto altro ancora. Giorgia Meloni e Ignazio La Russa, infatti, non amano celarsi si dietro frasi di circostanza, sono alieni dalle miserevoli captatio benevolentiae per qualche voto in più, pessimo attivismo della politica italiana. Al contrario, si guardano bene dal mischiarsi al politicamente corretto, quasi sempre tossico e ambiguo. In particolare, soffrono di allergie multiple non appena il discorso scivola sui valori della Resistenza, parola che non appartiene al loro vocabolario corrente, né all’almanacco della loro storia personale e politica. Insomma, sono politici tutto di un pezzo di cui si è perduto lo stampo. Certo, hanno idee che l’antifascismo considera un po’ discutibili. Ma proprio per questo da oggi, 26 aprile 2022, gli italiani dovrebbero cominciare a costruire loro un monumento per l’onestà e trasparenza di pensiero con cui si presentano al Paese, spiegando indirettamente che cosa l’Italia non si dovrà mai aspettare qualora dovessero arrivare al potere, quando si parla di memoria storica per la democrazia ritrovata. Mai, proprio mai! Del resto, alla vigilia della festa della Liberazione, Giorgia Meloni ha sostenuto che non aveva nulla da festeggiare (in sostanza, di non essere contenta) e Ignazio Benito Maria La Russa, da buona “vecchia guardia” è stato ancora più esplicito, fino a spingersi nelle dichiarazioni a destra e a manca (soprattutto a destra) di sentirsi liberato dalla festa della Liberazione. Brava Giorgia Meloni e complimenti senatore La Russa: così si parla quando si hanno idee, forse poche, ma chiare, perché agli italiani basta una sola verità. Il popolo è stanco di doppiezze, di trasformismi, accordi sottobanco, di verginità politiche ricostruite ad arte come fecero, per esempio, quei dirigenti del Partito comunista italiano, da cui hanno ricevuto in eredità luminose carriere, che non appena in odore di governo si scoprirono improvvisamente “mai comunisti”. Da quel modello di “ingenerosità” politica Meloni e La Russa sono sideralmente distanti. Anche se appartengono a generazioni diverse, vi sono trent’anni di differenza tra i due, la prima è nata nel 1977, l’altro è del 1947, non hanno mai rinnegato la comune ascendenza ideologica. Entrambi hanno sempre testimoniato la spiritualità del Movimento sociale italiano. Erede dichiarato del Partito nazionale fascista, il Msi fu fondato nel dicembre del 1946 da due personaggi chiave per la storia repubblicana dell’estrema destra italiana: Pino Romualdi e Giorgio Almirante. Romualdi, concittadino di Benito Mussolini, nato a Predappio nel 1913, giornalista e combattente nella Seconda guerra mondiale, che nel 1943, scrisse sulla Gazzetta di Parma, dando prova di luminosa accettazione della soluzione (finale) degli alleati nazisti in materia di antisemitismo: “Gli ebrei sono stati messi al loro posto. […] I puri sangui saranno messi in campi di concentramento, mentre i sangui misti saranno guardati e controllati molto da vicino dalle autorità di polizia” (in https://it.wikipedia.org/wiki/Pino_Romualdi). Non proprio quello che si dice uno dei “giusti tra le nazioni”. Giorgio Almirante, di cui Giorgia Meloni rivendica la spiritualità (fascista?, politica?, intellettuale? seduttiva?), classe 1914, studi liceali al Gioberti di Torino, raffinato politico dall’affascinante oratoria, fu capo di gabinetto al Ministero della cultura della Repubblica di Salò. E durante la guerra civile collaborò fattivamente, come dimostrarono documenti rinvenuti negli anni Settanta, con gli occupanti nazisti, firmando bandi che prevedevano anche la fucilazione per i renitenti alla leva nel 1944. Non proprio un amico della Resistenza. Dunque, perché Meloni e La Russa dovrebbero raccontare una storia diversa da quella che hanno assorbito, vissuto e vivono? Perché dovrebbero festeggiare il 25 Aprile? Che cosa li lega alla Liberazione? Il dramma delle stragi nazifasciste (in http://www.straginazifasciste.it), da Boves ad Acerra, dalle Fosse Ardeatine a Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto-Monte Sole? O le 23 mila vittime spalmate su 5.550 episodi della crudeltà dell’esercito tedesco, delle SS e delle brigate nere repubblichini? O Le violenze sistematiche contro la popolazione civile, i plotoni di esecuzione che hanno al muro i partigiani? Meglio, i rastrellamenti degli ebrei e la confisca dei loro beni? Episodi che i loro padri spirituali hanno condiviso, almeno sul piano della stagione storica. No! Giorgia Meloni e Ignazio Benito Maria La Russa non sono adusi a ipocrisie: con ragione, loro festeggiano ciò che li riguarda e non vanno dove si sentirebbero fuori posto o totalmente estranei. E l’antifascismo non è proprio ciò che si direbbe casa loro. Se non altro i due non rischieranno mai lo sfratto. Ma non sappiamo se è proprio un bene per la nostra democrazia.

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