L'uomo pur "in crisi" non rinuncia alla società patriarcale
- Rosanna Caraci
- 25 feb
- Tempo di lettura: 5 min
di Rosanna Caraci

La virilità in crisi che cerca una rilettura dei diritti conquistati dalle donne è tra le righe dei toni usati nella dialettica politica da chi negli ultimi anni ha ben fatto intendere quali siano i propri riferimenti. Costruiti su antichi e logori paradigmi, cercano di ricostruire in modo non più concepibile il ruolo del maschio come condottiero unico di scelte sociali, economiche, politiche. Come accade per altri aspetti culturali che si vogliono scardinare, si fa in modo di rileggere, di negare, di delegittimare. Infine nascondere l'egemonia maschilista che ha dettato tempi nella politica, nel lavoro, in famiglia, nei rapporti sessuali, riproduttivi, culturali: è il cosiddetto patriarcato. Vivo, ma annaspa, è in difficoltà. Non potrebbe essere altrimenti: l’universo maschile ha sempre giocato la partita in squadra, esaltandosi nello spogliatoio, inebriandosi del proprio profumo al testosterone con virilità a palla. Vincere facile è un piacere... Segnare a porta vuota poi è il massimo...
Chi ha paura delle donne?
Ora, però, che in campo c’è un’altra squadra si scopre non più “unico” ed ecco che la forza di allora è diventata debolezza di oggi. Davvero quegli uomini hanno paura delle donne? Non è credibile. Ciò che è più probabile è l’impreparazione a cogliere, anche a proprio favore, un cambio di paradigma delle relazioni sociali. Un cambio di paradigma ostacolato da una parte della società, non solo maschile: i cambiamenti spaventano, la ricostruzione di equilibri sociali e dell’architettura produttiva imbarazza per il costo, l’impegno legislativo, culturale che richiede.
Che cosa ne consegue? Che è meglio buttarla in polemica e tentare di mantenere vivo il paradigma che in Italia ha cominciato a manifestare le prime crepe negli anni ’70 con le battaglie di Pannella e del partito radicale, di sinistre coraggiose, di donne colte e meno colte, con la stagione dei referendum e il riconoscimento dei primi diritti fondamentali collettivi: divorzio, aborto, l’abolizione del delitto d’onore e da allora piccoli, lenti passi contro il paradigma che ancora oggi resiste quando Vesta è il nome di un fondo dedicato alle donne, quando si gioca con il bilancio regionale per dosare le risorse destinate ai consultori e quelle per finanziare centri per la vita, come accade in Piemonte, dove la Giunta Cirio ha stanziato il fondo “Vita Nascente” con 940.000 euro. Decisione criticata dai movimenti femministi, dai sindacati, dal centrosinistra, dai medici. Se la crisi dimostra che la maggior parte degli effetti generati ricadono sulle donne che perdono o rinunciano al lavoro e, di conseguenza, la propria autonomia, è palese che non è così che si sconfigge il calo demografico. Semmai è fondamentale mettere in campo politiche che vanno in questa direzione per tutelare le famiglie, rafforzando i diritti delle donne e la loro salute.
L'impressione aumento delle malattie veneree
La maternità, il diritto all’aborto che poi cela un altro diritto ancora tabù in questo Paese: quello della donna alla sessualità, libera e consapevole e insieme ad essa la libertà di scegliere di non essere madre. La narrazione per cui chi sceglie di interrompere una gravidanza non prevista debba essere necessariamente una disagiata, violentata, ai margini del sociale è stucchevole. Non avere o non volere figli non è una menomazione fisica.
E’ necessario riconoscere piuttosto che la cultura della contraccezione presso i giovanissimi non è così radicata, che la pillola anticoncezionale da molte ragazze è vista con sospetto, mentre l’uso del profilattico non è così diffuso, a giudicare dall’aumento di malattie veneree come la sifilide, che si pensava di aver chiuso nel libro dei ricordi del passato. Sono arrivati a sfiorare quota 100mila i casi confermati di gonorrea nei paesi Ue, con un aumento del 31% rispetto al 2022 e un sorprendente aumento di oltre il 300% rispetto al 2014. Il dato emerge dal rapporto sulle malattie sessualmente trasmesse pubblicato dall’European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc), secondo cui questa impennata è stata osservata in diverse fasce d’età, colpendo uomini che hanno rapporti sessuali con uomini (Msm), nonché uomini e donne eterosessuali.
“I tassi più elevati tra le donne si sono registrati nella fascia d’età compresa tra 20 e 24 anni e questo è anche il gruppo con l’aumento più alto nel 2023 (46%). Per gli uomini, i tassi più alti sono stati osservati nella fascia di età compresa tra 25 e 34 anni. “Se non curata, la gonorrea può portare a gravi problemi di salute – sottolinea l’Ecdc - come la malattia infiammatoria pelvica e l’infertilità sia negli uomini che nelle donne”. Anche i casi di sifilide continuano ad aumentare. Nel 2023, sono stati confermati 41.051 casi in Europa, con un aumento del 13% rispetto al 2022 e un raddoppio rispetto al 2014. La sifilide è più comune tra gli uomini, con un rapporto di sette uomini per ogni donna. I tassi più alti sono stati osservati tra gli uomini di età compresa tra 25 e 34 anni. La maggior parte dei casi di sifilide (72%) è stata segnalata tra gli omosessuali. Tuttavia, rispetto al 2022, i tassi di sifilide sono aumentati tra le donne di tutte le fasce di età. “La sifilide non curata – aggiunge l’Ecdc - può causare complicazioni a lungo termine nel cuore e nel sistema nervoso e se una donna incinta ha la sifilide non curata, il bambino può soffrire di gravi complicazioni”.
Educazione sessuale e consumo di porno
Una riflessione questa che porta all’educazione sessuale nelle scuole. Se introdotta, chi la fa? Un sessuologo, con una terminologia scientifica che ai ragazzi poco interesserebbe? Un testimonial? Un prete? Meglio parlare della più edulcorata e perbenista “educazione sentimentale” che non è ben chiaro cosa significhi. Forse, non è a scuola che bisogna imparare a rispettare tutti e a non picchiare, non prevaricare, ma in famiglia.
Mentre si ragiona su quale termine offende meno il pudore italico, i giovanissimi formano la propria sessualità su siti on line. La pornografia contemporanea presenta, in riferimento alla donna, immagini e dialoghi nei quali è deumanizzata, presentata come un oggetto sessuale a disposizione dell’uomo e trattata come fosse un prodotto, viene mostrata in pose e situazioni che denotano sottomissione e obbedienza passiva e rappresentata, a volte, in situazioni di violenza estrema, dalle quali non sono esclusi abuso, incesto e stupro in cui, per altro, manifesta di provare piacere.
L’enorme quantità di materiale di questo tipo, purtroppo, è facilmente accessibile da soggetti di tutte le età: la Symantec (azienda statunitense nota per la produzione di antivirus) ha monitorato i campi di ricerca di giovani minorenni di tutto il mondo, rivelando che “sesso” e “porno” si classificano nella lista delle prime cinque parole più cliccate. Visionare grandi quantità di materiale pornografico in un periodo critico in cui si generano aspettative, modelli, pensieri, attitudini e fantasie relative alla sessualità può portare a credere che la visione proposta dal mondo del porno riguardo sesso, donna e rapporti sessuali sia quella reale e, di conseguenza, può divenire un modello di riferimento.
Sarebbe forse il momento di parlare anche di questo, senza tabù, senza vergogna, per scardinare il paradigma, non provando imbarazzo nello scoprire che anche le donne guardano all’erotismo con un certo divertimento, grazie a una serie televisiva americana degli anni ’90 che ha sdoganato il desiderio del gioco.
La piazza delle donne è cambiata ed è una grande notizia, estremamente positiva. Sono di ogni età: signore impegnate nelle lotte per la parità di genere già negli anni ’60 che oggi sono nonne, alcune semplici casalinghe altre impegnate in politica, nel sociale, nelle professioni. Guardano con soddisfazione alle giovani generazioni, movimenti femministi, trans femministi, lgbt… Commentando queste piazze verrebbe a dire “c’è un po’ di tutto”. Ed è giusto che sia così: perché le donne, prima dei maschi, prima della stessa politica, hanno saputo cogliere la necessità di un cambio di paradigma, di visione e lotta affinché si aprano gli occhi e si tengano aperti, dimostrando che anche le donne sanno fare squadra, anche le donne sanno fare spogliatoio, che sono più forti delle bufale e di un certo conservatorismo antiprogressista latino patriarcale di ritorno.
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