L'OPINIONE DELL'ESPERTO La (finta) minaccia del nucleare tattico in Bielorussia
Aggiornamento: 31 mar 2023
di Michele Corrado
Al di là della propaganda e al di qua della controinformazione, la guerra in Ucraina delle ultime settimane presenta uno elemento oggettivo: le operazioni ristagnano nei vari settori dove i russi sono impegnati contro gli ucraini ed in particolare su Bakhmut, dove la situazione è indefinita con l'esercito di Putin che non riesce ad acquisire completamente l’abitato, nonostante gli sforzi ripetuti e costanti. Non deve stupire, di conseguenza, se il Cremlino cerca di sviare l’attenzione ricorrendo ad una tematica di largo impatto come la minaccia dell’impiego del nucleare tattico.
Ai tempi della Guerra fredda
Armi Le armi nucleari tattiche nascono molto dopo il nucleare strategico, inizialmente da parte della Nato, durante il periodo della Guerra fredda, e sono, concettualmente, armi difensive che hanno lo scopo di riequilibrare forti svantaggi fra schieramenti di Forze convenzionali. Con disparità fra le Forze in campo di almeno 4/5 a uno. Hanno un raggio di d’impiego limitato, qualche decina di km, ma possono essere anche statiche (mine nucleari) e dovevano venir usate contro concentrazioni di Forze avversarie, quali i secondi scaglioni e le riserve delle Forze del Patto di Varsavia, in forte progressione all’interno del territorio dei Paesi Nato, quando non si sarebbe riusciti a contenere la spinta avversaria con le sole Forze convenzionali.
Ciò avrebbe permesso di interrompere la penetrazione di tali Forze distruggendone la parte preponderante con il nucleare tattico, per poi arrestare il primo scaglione del dispositivo offensivo con le Forze convenzionali. La potenza di un ordigno nucleare tattico è nettamente minore rispetto agli ordigni strategici ed il raggio di distruzione di qualche chilometro; anche gli effetti collaterali sono molto più limitati.
Scenario irrealistico
Questo tipo di ordigno non è mai stato impiegato praticamente, pertanto si rimane nel campo delle ipotesi non avendo dati di esperienza. I russi, percentualmente, hanno un basso numero di ordigni nucleari tattici, puntando dottrinalmente sull’impiego strategico (offensivo per costruzione), di questo tipo di ordigno.
Il fatto di schierarle all’interno del territorio bielorusso, dottrinalmente, significa che i russi temono una invasione delle truppe Nato all’interno di quei territori; sicuramente non degli ucraini, visto che questi non posseggono questa possibilità offensiva. Scenario irrealistico che porterebbe a sviluppare minacce offensive con armi difensive.
Essendo in difficoltà sul terreno, i russi mantengono l’iniziativa mediatica, di cui sono maestri, cercando di confondere i media occidentali e non solo, sulle capacità di incutere terrore per mezzo dello spettro nucleare. È bene inoltre aggiungere che l’utilizzo di armi tattiche nucleari limita fortemente la possibilità di condurre su quei territori operazioni con truppe convenzionali.
Hanno una capacità dimostrativa (come hanno fatto gli americani in Giappone, dove però conservavano una netta superiorità sui mari e sulle relative forze da sbarco), che rimane il solo aspetto che nulla costa, ma molto impressiona, almeno a parole.
*Col. in ausiliaria Esercito Italiano
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