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Giuseppina Viberti, Germana Zollesi

L'ombra della crisi sulla sanità pubblica in Europa

di Giuseppina Viberti e Germana Zollesi



Non c’è Paese occidentale in cui non si ravvisi una contestazione contro la sanità nonostante proprio in queste realtà si configurino i più efficaci sistemi di cura, i cui risultati si possono misurare con un’infinità di indicatori, a cominciare dall’aumento della vita media e dalle prove di resilienza dimostrate nel periodo pandemico.



Perché tanta acredine in Europa verso i nostri sistemi sanitari? In Inghilterra, per la prima volta si sono proclamati scioperi da parte del personale addetto ai servizi di emergenza; in Germania si vuole procedere ad una profonda riforma, anch’essa oggetto di contestazioni e scioperi. Se ci spostiamo oltre oceano, l’Obamacare viene applicato a macchia di leopardo nei vari Stati degli Usa. Insomma, si contesta l‘esistente, ma all'orizzonte non si vedono proposte illuminanti.


Le frontiere dei Pronto Soccorso

Il punto di maggior frizione in Italia sono i servizi di emergenza al punto che il Ministero ha dovuto lanciare lo slogan “La violenza non cura”, in occasione della seconda giornata nazionale di educazione e prevenzione (12 marzo) per sensibilizzare contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e sociosanitari, giornata di cui si è parlato sulla Porta di Vetro con l'articolo di Enrica Formentin. [1] In Toscana centinaia di medici minacciano le dimissioni e in Campania circola il proposito di non curare più le persone sospette di camorra se non cesseranno intimidazioni, vessazioni e l'intero corredo di aggressioni che si registrano quotidianamente. Il problema esiste e non solo in Italia.

Visto da sempre come luogo di cura, oggi i Pronto soccorso sono diventati dei gironi infernali che neanche la fantasia del Sommo Poeta era riuscito ad immaginare, come denunciato di recente dalla Porta di Vetro [2], denuncia anticipata profeticamente già nel gennaio 2020 da Emanuele Davide Ruffino.[3] Del resto, è sufficiente entrare in un Pronto Soccorso di una metropoli italiana per scoprire una sommatoria allucinante di malfunzionamenti. Probabilmente, le aspettative che si vengono a creare nei confronti dei sistemi sanitari e dei servizi di emergenza, superano ogni possibile risposta, ma oggi si ha la sensazione di essere più impegnati a rispondere alle critiche e ai tentativi di pestaggio che non assicurare servizi di qualità.

Poco pagati (o almeno con le professionalità acquisite possono trovare facilmente altre alternative), denunciati se non ritenuti all’altezza i Pronto soccorso rappresentano una di quelle situazioni in cui i controllori (che spesso assumono arbitrariamente le vesti di giudici) sono più di chi lavora. Inevitabilmente, si cerca di dare la colpa al sistema che non soddisfa le pretese.


Alcune proposte

Ma che cosa deve sul serio fare un PS? Colmare tutte le inefficienze di un sistema arrivato al collasso con la pandemia o un luogo specializzato per le emergenze ? Se non si vuole il caos nei PS vi deve essere, a monte e valle, un sistema in grado di assicurare le cure del caso, riservando a queste strutture solo ciò di sua competenza. Invece il “territorio” non filtra. Anche la richiesta di un contributo finanziario per chi impropriamente si rivolge al PS (i cosiddetti "Codici Bianchi") non ha funzionato. Anzi. La sua stessa riscossione è testimonianza della confusione che regna nel settore. Sono pochi gli addetti alla riscossione dei ticket e ancor più “sconfusionata” è la metodologia con cui si applica in pratica. Certamente non funziona da deterrente, in quanto a fronte di un’infinità di codici bianchi, di persone che utilizzano il Ps per superare le code, sono poche le effettive riscossioni.

A valle dei PS dovrebbero esserci dei reparti ospedalieri in grado di raccogliere tutti i soggetti che manifestano bisogni reali. Invece, i reparti sono strapieni e faticano a ricevere altri pazienti, anche perché le équipe tendono a conservare i posti letto per i pazienti afferenti alla loro superspecializzazione e non a soddisfare una platea indifferenziata. In pratica il PS è quell'anello della catena che non riesce a scaricare sugli altri i propri problemi. Per soddisfare le carenze di personale si assume quello che il mercato offre. Succede così che il neolaureato viene buttato nella mischia senza la dovuta preparazione ed essere pagato meglio di chi ci lavora da anni.

Eppure nonostante tutti i problemi una soluzione va trovata perché solo la lamentela non porta alcun progresso. Se non possiamo fare a meno dei PS tanto vale gestirli bene e collegarli con gli altri anelli del sistema. Non dobbiamo dimenticare che le situazioni di criticità di personale (di cui non si parla quasi mai per carenza di audience) sono presenti in gran parte degli ambiti della sanità: mancano specialisti in varie branche della medicina e medici di medicina generale, operatori socio-sanitari, tecnici di laboratorio e di radiologia, ecc. che sono indispensabili per il funzionamento dell’intero “sistema salute”.


La situazione in Germania come paradigma della situazione italiana ?

La Germania ci sta provando nel suo tentativo di riforma volta a riorganizzare il sistema con una possibile riduzione del numero di ospedali (o più probabilmente con un declassamento di alcuni di questi). La riforma, fortemente voluta dal ministro della Salute federale prevede la riorganizzazione della rete ospedaliera su tre livelli: alta specializzazione (con poche cliniche universitarie e ospedali di alta specializzazione); un livello medio di assistenza (“spina dorsale” della rete ospedaliera riformata) e un terzo livello con “piccoli” ospedali che forniranno cure di base (una via di mezzo tra le nostre Case e Ospedali di comunità). Al centro della protesta sono le condizioni di lavoro cui sono sottoposti gli operatori e la grave carenza di personale. Secondo un'indagine del sindacato tedesco Ver.Di, il più importante sindacato dei servizi mancano 162.000 posti di lavoro negli ospedali a livello nazionale,70.000 solo per il personale infermieristico.

Il ministro della sanità tedesco, prof. Karl Lauterbach, in una recente intervista al quotidiano economico Handelsblatt ha fatto una serie di dichiarazioni molto importanti: “La riforma, al contrario di quanto si dice non riguarda le chiusure di ospedali. Non serve una riforma per questo, l'ondata di chiusure è comunque già iniziata. Senza riforme, molti ospedali sarebbero presto sull'orlo del collasso. Con la riforma, invece, hanno una possibilità. Molte cliniche hanno perseverato solo negli ultimi anni grazie agli aiuti straordinari per la pandemia che ora sono finiti. Inoltre, gli ospedali spesso mancano di personale e talvolta anche di pazienti. Senza questa riforma le chiusure andrebbero avanti lo stesso, ma senza alcuna programmazione”.


Le affermazioni del Ministri della Sanità tedesco

Il ministro sostiene che con la sua riforma gli ospedali più piccoli non saranno più costretti a eseguire procedure complesse e non alla loro portata per poter rimanere a galla finanziariamente. Ma, riconvertendo le loro attività verso servizi di base potranno continuare ad esistere ed essere utili e che alla fine a vincere sarà la qualità dei servizi offerti ai cittadini. Nella sola Berlino - ha spiegato il Ministro - ci sono più di 20 ospedali che operano su pazienti affetti dal cancro al pancreas, ma solo sette di questi sono ospedali oncologici certificati. Non ha senso e anche se comprendo la paura della chiusura degli ospedali, non dobbiamo nasconderci che se non interveniamo, non consentiremo a tutti di avere cure di qualità. Non voglio sembrare cinico – ha detto ancora il ministro - ma se chiedo a un pensionato di scegliere tra una probabilità del 50% o dell'80% di sopravvivere all'operazione, posso immaginare come deciderebbe”.

L’analisi lucida e determinata del ministro tedesco ci obbliga a riflettere sulla situazione italiana che, per molti aspetti è simile, quindi è necessario e urgente trovare soluzioni alternative all’ospedale visto come “soluzione a tutti i mali” e, non ultimo, individuare un’integrazione fra ospedale e territorio adeguata alle esigenze di salute della popolazione sempre più anziana.

Quello della sanità rischia di diventare un mondo da reinventare, ma quando qualcuno ci prova viene vessato da un’infinità di critiche non costruttive ma che cercano spesso di mantenere “lo stato delle cose” e avere più personale (senza una programmazione) e aumento di stipendio.


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