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L'eredità di Francesco, il Papa della Speranza venuto dalla fine del mondo

Aggiornamento: 1 giorno fa

di Luca Rolandi

 



Alle ore 7:35 di questa mattina il Vescovo di Roma, Francesco, è tornato alla casa del Padre. La sua vita tutta intera è stata dedicata al servizio del Signore e della Sua chiesa. Ci ha insegnato a vivere i valori del Vangelo con fedeltà, coraggio ed amore universale, in modo particolare a favore dei più poveri e emarginati. Con immensa gratitudine per il suo esempio di vero discepolo del Signore Gesù, raccomandiamo l'anima di Papa Francesco all'infinito amore misericordioso di Dio Uno e Trino".

Questo l'annuncio di Sua Eminenza, il Cardinal Farrell, cha ha impresso il marchio a una giornata che resterà storica, 21 aprile 2025. Dodici anni di pontificato che non possono essere racchiusi in poche parole. Un percorso talmente profondo, tra le pieghe di una modernità liquida un mondo in sofferenza che il Papa venuto dalla fine del mondo ha provato a dare un senso cristiano e umano. Solo la storia e il tempo potranno fare davvero un esame in profondità di un papato che ha cambiato radicalmente il volto della chiesa in rapporto al mondo. Nel quale il mistero della vita e della morte sono state lette nella ricerca instancabile di un pellegrino argentino con radici italiane e piemontesi.

Il 13 marzo 2013, Jorge Mario Bergoglio diventava il primo Papa della storia proveniente dalle Americhe. «Fratelli e sorelle, buonasera. Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo», disse affacciandosi per la prima volta dalla finestra di Piazza San Pietro. E le sue origini dall’«altro mondo» Bergoglio le ha sempre rivendicate nel suo magistero, segnato sul piano politico soprattutto dalla predicazione in favore degli ultimi, a partire dai migranti.

Esemplare di tale priorità fu il suo primo viaggio fuori da Roma: a Lampedusa a luglio 2013 Francesco lanciò in mare una ghirlanda di fiori bianchi e gialli di fronte alla “Porta d’Europa”, quel continente rimasto solo nei sogni di migliaia di migranti morti tentando di attraversare il Mediterraneo. Per la loro salvezza e accoglienza si sarebbe poi pronunciato regolarmente, a costo di andare in “contropiede” rispetto alle forze xenofobe salite alla ribalta di governo un po’ in tutto l’Occidente durante il suo pontificato. Ma lottare per gli ultimi, nella sua visione, ha significato anche chiedere un impegno corale della comunità internazionale per tutelare l’ambiente, dunque il creato, come teorizzato nell’enciclica “Laudato si’” (2015).

L’altra sua enciclica forse più caratterizzante, Fratelli tutti (2020), ha invece posto le basi della sua aspirazione a una vera «fratellanza umana» al di là delle appartenenze culturali e religiose. Battaglia anche questa quanto mai controcorrente in un mondo di nuovo squassato dalle guerre durante il suo Pontificato, dalla Siria all’Ucraina, da Israele/Gaza all’Africa.

Molti amici e sostenitori tra i fedeli, il popolo e il cristianesimo più aperto al mondo ispirato al Vangelo e al rinnovamento Conciliare molti avversarsi ad intra e ad extra per la sua radicalità e intransigenza sul primato dell’umano, la dignità di ogni persona unica e irripetibili, la pace e la vita, la giustizia e contro ogni forma di oppressione economica e sociale. Non esistono per il cristiano vita a perdere, scarti, ultimi e poveri. Solo i volti e i nomi di ogni uomo e donna sono a cari a Dio Padre. Molti laici lo hanno amato e sostenuto magari prendendone le distanze se i temi etici non riguardavano l’ecologia, l’economia e la pace.  Il dialogo con i fratelli cristiani, le religioni del libro e tutti i credi, anche quelli non religiosi, un modo di vivere la vita e la fede dentro le pieghe, i paradossi e le assurdità della storia umana.

Un Papa universale di tutti e di nessuno insieme. Capace di non convincere pienamente i progressisti ed essere denigrato e temuto dai tradizionalisti. Categorie, linguaggi che Francesco ha superato in una dimensione di già e non ancora e di misticismo ignaziano capace di estraniarlo dal mondo per avere un contatto diretto con il Padre.

In molti si sono cimentati per capire quale fosse la sua teologia, la sua formazione, la sua pastorale, latino-americana ma anche molto europea. Dentro le contraddizione del mondo nel quale il cristiano crea spazi e non li occupa in un tempo di cambio d’epoca talmente profondo da impaurire.

Con Torino e il Piemonte i legami sono fortissimi in uno stile che univa l’allegria argentina alla compostezza tipica dello spirito dei piemontesi. Un rapporto che dopo il 2013 si è intensificato lasciando ricordi indelebili. Fortissimo e discreto per Jorge Mario Bergoglio il legame con Torino, dove  i nonni paterni Giovanni Bergoglio e Rosa Vassallo si erano uniti in matrimonio e poi il battesimo di papà Mario. La visite pastorale nel giugno 2015 a Torino e il rapporto intenso con mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, nei luoghi della devozione mariana, della sofferenza e della misericordia, tra i giovani e di fronte alla Sindone e nel tempio valdese per rilanciare il dialogo ecumenico. Il più recente viaggio ad Asti nel novembre 2022 con l'intesa, spontanea, intima e famigliare accoglienza dei suoi parenti a Portacomaro d’Asti e in Diocesi accolto come un figlio che ritorna ad Asti con mons. Marco Prastaro. 

La Torino religiosa, dei santi sociali, di ieri e di oggi, il primato della carità che ha avuto testimonianze straordinarie non è mai mancato nelle parole del Papa  nelle udienze con religiosi e laici torinesi e piemontesi, con qualche immancabile scambio in dialetto. Negli ultimi anni la nomina a cardinale del giovane missionario cuneese dalla Consolata, Giorgio Marengo, primate di Mongolia ai confini del mondo, dai quali anche Francesco si sentiva parte. Infine, l’amicizia profonda e filiale di Francesco con mons. Roberto Repole, nominato cardinale nel dicembre scorso.

Tanto si scriverà e dirà di Jorge Mario Bergoglio, il vescovo di Buenos Aires, diventato Papa e vescovo di Roma. Dove sarà ora Francesco, il nome che lo accomunava al poverello di Assisi. Nella luce del Risorto, nell’abbraccio dell’amore di Dio. Lascia una chiesa in cammino, in affanno sui grandi temi della modernità e della fede, nelle strutture scricchiolanti e nei temi del Vangelo di un cristianesimo che va oltre la cristianità. Le piaghe e le pieghe di una storia umana che se non raddrizzata porterà all’autodistruzione della natura (Laudato Si') e il richiamo alla fraternità (Fratelli Tutti), chiamati alla Gioia “Evangelii Gaudium”.  

Valgono le due frasi che nessun Papa avrebbe mai pronunciato “Chi sono io per giudicare” ritornando dalla prima GMG di Rio nel 2013 a proposito dell’omosessualità e  “Ogni volta che io entro in un posto come questo mi domando: perché loro e non io?”, varcando per l’ultima volta il carcere di Regina Coeli, un giorno prima di morire a Pasqua. Il testamento spirituale di  un Papa che ha amato “fino alla fine”: migranti, carcerati, periferie, poveri, ultimi, dimenticati dalla storia. Questa è l’eredità di Bergoglio, difficilissima, ma entusiasmante come tutte le stagioni dell’impegno cristiano di quella bella avventura che si chiama vita.

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