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Stefano Rossi

L'Editoriale della domenica. Settimana cruciale per l'Europa

Aggiornamento: 4 nov


di Stefano Rossi


La settimana che ci attende è affollata di eventi e appuntamenti che la rendono particolarmente importante per la politica europea. Per prima cosa, le Cancellerie europee e la capitale Bruxelles attendono con il fiato sospeso l’esito delle elezioni americane del 5 novembre. Già mercoledì 6 potremmo avere i risultati, anche se – visti i precedenti – non si possono escludere complicazioni (e tensioni) nella fase dei conteggi.

L’esito del voto americano è guardato con grande attenzione in Europa, sia per le ricadute politiche che questo avrà sulla UE e nelle capitali europee, sia per gli effetti sullo scenario globale. Rispetto al conflitto mediorientale è difficile comprendere che cosa potrebbe cambiare con Donald Trump alla Casa Bianca. La politica democratica di ricerca di un cessate il fuoco tramite gli sforzi del Segretario di Stato Antony Blinken potrebbe cambiare direzione, ma al momento i risultati del partito su questo fronte sono piuttosto scarsi (per usare un eufemismo), quindi è difficile ipotizzare un vero cambio di marcia

Altro discorso vale per il conflitto in Ucraina, dove una riduzione significativa degli aiuti militari americani potrebbe mettere gli Stati europei di fronte alla scelta tra aumentare il proprio supporto, intervenire direttamente nel conflitto non solo con mezzi, ma con uomini (problema quest'ultimo nei fatti già esistente) oppure lasciare che Kiev capitoli nel giro di qualche mese e che si trascini anche dietro la politica filoccidentale di Zelensky.

Una scelta che (quasi) nessun governo europeo vuole assumere oggi, escludendo probabilmente i pochi Paesi dell’est e baltici promotori di un intervento diretto e quello ungherese, incline ad abbandonare l'Ucraina al proprio destino, in nome di una stabilità dell’area sotto il controllo russo.

Non è poi da sottovalutare il capitolo più ampio delle relazioni USA-UE, che potrebbero deteriorarsi significativamente con la vittoria di Trump alla Casa Bianca, mettendo i governi europei sotto pressione rispetto alle scelte americane in materia di politiche commerciali verso l’area del Sud Est asiatico e, in generale, al sistema di organizzazione internazionale che cerca faticosamente di allontanare l’inizio di una nuova fase di anarchia e di conflitti.

Tornando agli affari dell'Unione Europea, subito dopo il voto i nostri capi di governo si riuniranno a Budapest per un doppio appuntamento. Giovedì 7 novembre si terrà il vertice della Comunità Politica Europea, strano animale intergovernativo promosso dal presidente francese Macron nel 2022 che raccoglie 47 paesi europei (qualcosa di simile a un G7 europeo) con lo scopo di discutere e coordinare risposte comuni alle sfide della sicurezza e della stabilità in Europa. Il giorno dopo, venerdì 8, sempre a Budapest, è prevista una riunione informale del Consiglio Europeo, l’organo dell’UE che riunisce i capi di Stato e di governo e che definisce le priorità e gli orientamenti politici generali dell’UE tramite le proprie conclusioni, generalmente adottate all’unanimità. La scelta di avere queste due importanti riunioni di vertice subito dopo il voto americano dimostra come sia massima l’attenzione su quello che succede al di là dell'Atlantico.

Mentre i capi di Stato si trovano a discutere nelle stanze chiuse di Budapest (i lavori di questi vertici sono mantenuti segreti fino alla pubblicazione delle conclusioni, senza alcun controllo democratico), in questi giorni al Parlamento europeo si tengono le audizioni dei Commissari europei. Le audizioni sono previste tra il 4 e il 12 novembre, durante le quali i Commissari designati interpellano i parlamentari europei – eletti il 9 giugno scorso – per verificare che siano adatti all’incarico chiamato a ricoprire (e qualcuno potrebbe non essere promosso). Un passaggio importante del meccanismo democratico europeo che condurrà all’instaurazione della nuova Commissione Europea guidata da Ursula Von der Leyen prevista per la plenaria di dicembre.

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