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Antonio Balestra

L'EDITORIALE DELLA DOMENICA. "Rigore e merito" nell'azione del ministro Valditara

Aggiornamento: 7 apr 2023

di Antonio Balestra*

A quattro mesi dall’insediamento del governo Meloni è possibile fare un primo bilancio, seppur provvisorio, del lavoro svolto dal Ministero dell’Istruzione e provare a ipotizzare gli scenari che si potranno venire a creare nei prossimi mesi. Questo al netto di alcune uscite estemporanee del ministro Giuseppe Valditara, non perché non meritevoli di attenzione, ma perché si può ritenere, come dimostrato anche dagli ultimi eventi, che possano essere - senza che si cada in un generico ottimismo di maniera - "neutralizzati" da quelli che sono gli anticorpi della scuola italiana. Mi riferisco non solo alla grave reprimenda nei confronti della Dirigente Scolastica di Firenze, “colpevole” di avere richiamato con forza la difesa dei valori dell’antifascismo, ma anche alle suggestioni relative all’umiliazione degli studenti rei di provvedimenti disciplinari come strumento di riscatto, ai lavori socialmente utili per gli stessi studenti o alla proibizione sull’uso dei cellulari a scuola. Questi sono attacchi alla libertà di espressione, all’autonomia scolastica e alla libertà di insegnamento, valori per fortuna fortemente radicati nel mondo della scuola.

L’introduzione del termine “merito” nel nome del Ministero ha suscitato diverse perplessità, se non altro perché ambigua sulle motivazioni e sulle finalità, palesemente in contrasto con il principio dell’inclusione che da anni è un elemento valorizzante della scuola italiana. Ma ancora oggi non è chiaro che cosa il governo abbia intenzione di introdurre in termini di “merito” nella scuola. Per ora l’unica iniziativa che potrebbe essere ricondotta al suddetto termine è la sanatoria del concorso 2017 dei Dirigenti Scolastici che vede premiati alcuni candidati che, non avendo superato le prove scritte, hanno avuto il "merito" di avere fatto ricorso e che con molta probabilità nei prossimi anni dirigeranno alcune scuole italiane.

Il che, se non altro, ma non per essere capziosi, offre materiale di analisi al Ministero in viale Trastevere sul meritorio concetto stesso di Merito e sui criteri che da adottare per entrare nel merito del Merito. Uno studio che, restando nei programmi scolastici, dovrebbe portarci senza soluzione di continuità e traumi da Kant alla filosofia politica del ministro Valditara.

In ogni caso gli aspetti più preoccupanti, che lasciano presagire scenari non certo positivi, sono quelli legati agli organici, problema cronico della scuola italiana che non sembra trovare adeguate risposte con questo governo. Ma soprattutto una novità, che avrà sicuramente un impatto negativo sulla scuola italiana, è legata al dimensionamento scolastico e alla riduzione delle singole autonomie.

L’articolo 99 della legge di bilancio prevede l’innalzamento del numero minimo di studenti per scuola con una perdita conseguente di circa 700 autonomie scolastiche. Questa operazione, esclusivamente finanziaria, avrà un impatto fortemente negativo proprio in quelle zone d’Italia particolarmente fragili. Solo in Sicilia si prevede una perdita di più di cento autonomie scolastiche che significa un minor numero di Dirigenti Scolastici, riduzione del personale e accorpamento delle segreterie proprio in un momento in cui le scuole sono chiamate a gestire cospicui finanziamenti europei del PNRR. Le conseguenze sull’organizzazione delle scuole e di riflesso sulla didattica saranno rilevanti.

Ma la vera partita per il futuro della scuola italiana, e non solo, si giocherà nei vari passaggi che secondo il suo fautore, il ministro Renato Calderoli, dovrebbe portare alla fine dell’anno all’approvazione dell’Autonomia differenziata. Questa riforma potrebbe segnare pesantemente il mondo della scuola andando a rafforzare i divari già presenti fra le aree del paese. Riforma che porterebbe ad una regionalizzazione dell’organico attraverso una contrattazione non più nazionale e ad un conseguente aumento delle difficoltà di reclutamento già presenti in molte zone del nord e alla diversificazione degli stipendi che ricalcherebbe in qualche maniera il modello delle gabbie salariali (il sistema di calcolo salariale differenziato, approvato nel 1954, abolito progressivamente dal 1969 al 1972) caro alla Lega.

Le conseguenze sarebbero preoccupanti soprattutto in termini di livelli di apprendimento, visto già il divario esistente non solo fra Nord e Mezzogiorno d'Italia, ma fra centri e periferie. Le Regioni potrebbero decidere autonomamente sui programmi rischiando di mettere in discussione lo stesso valore legale dei titoli di studio e gli investimenti per le scuole potrebbero risultare pericolosamente legate alle realtà presenti sul territorio con una rischiosa deriva verso la privatizzazione dell’istruzione.

Prospettive decisamente involutive rispetto alla direzione che prese - per avere un preciso riferimento - nel 1962 il IV governo del democristiano Fanfani (esperimento di centro sinistra, con il sostegno esterno del Partito socialistica) con l'istituzione della scuola media unica (netto superamento della scuola gentiliana e dell'ultima riforma del Regime fascista del 1940), cui seguì una serie di liberalizzazioni che si pose il piede sull'acceleratore per una reale alfabetizzazione e scolarizzazione della società italiana. All'opposto, con le sue premesse, l'unico dispositivo formalmente riconosciuto dal ministero Valditara appare soltanto il freno, da usare alternativamente o a pedale e a mano. Un suggerimento: l'uso esasperato e maldestro dei freni, come è universamente noto, compromette la guida e favorisce l'uscita di strada con conseguenze gravi non soltanto per chi è alla guida, ma anche per i passeggeri. E non è ciò che si augura la Scuola pubblica italiana.


*Dirigente scolastico del Liceo artistico "Renato Cottini" di Torino

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