L'Editoriale della domenica. "Per un rotolo di carta igienica in meno", ecco il genio di Musk
- Sergio Cipri
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di Sergio Cipri

"Niente carta igienica, niente privacy. Al rientro in ufficio gli impiegati federali (US) camminano nel caos": da quando un Trump rabbioso, vendicativo e imprevedibile si è installato alla Casa Bianca con poteri apparentemente illimitati, anche la stampa liberal era diventata molto prudente. Quando ho visto questo titolo del New York Times [1] ho sentito la brezza di una piccola speranza. Da tempo mi ponevo una domanda: dove sono finiti gli americani “buoni”? Nascosti nelle catacombe? Attenti a non offrire la minima occasione ad un torvo pistolero pronto ad estrarre la sua Colt 45? Nella gara con l’Onnipotente vero, quello della Bibbia (6 giorni!) per la costruzione del mondo nuovo Trumpiano, dove le tavole della Legge sono sostituite da centinaia di decreti operativi, siglati con un enorme pennarello nero in favore di telecamere, non c’è tempo per occuparsi dei particolari.
L’articolo del New York Times racconta senza enfasi piccole storie di chi, lontano dai riflettori, subisce una sentenza di cinque parole: lo smart working è abolito. Riguarda soltanto i dipendenti federali - non così pochi, 2,5 milioni - il 50% dei quali, alcuni assunti specificatamente con questa formula, lavorava da casa. Da un giorno all’altro tutti devono tornare in ufficio. Qualunque persona dotata di un minimo di buon senso avrebbe potuto immaginare le conseguenze.
Il NYT le elenca con un linguaggio piano ma spietato. Manca lo spazio fisico: gli open space che abbiamo visto in innumerevoli serie televisive, sono cubicoli, impossibile sistemare due persone, dove ce ne sta a malapena una. Nessun problema: sedersi sul pavimento e lavorare con il proprio laptop sulle ginocchia. Ma quando anche i corridoi sono intasati non resta che rimandare a casa chi non è riuscito a sistemarsi. Va bene, ormai la mattina è passata, torno a casa. Al mio arrivo c’era ancora qualche posto libero nel parcheggio. Adesso è una marmellata di auto dalla quale non è possibile districarsi. E’ ora di pranzo, per quelli rimasti, ma la caffetteria ha esaurito le scorte. Pazienza, domani avranno provveduto. Una sosta in bagno è inevitabile, ma anche qui il decreto operativo ha colpito: non c’è più carta igienica e la pulizia ne risente. Domani me la porterò da casa… già, ma dove la metto se non ho nemmeno una sedia? A proposito, mi hanno detto che, per risparmiare, la pulizia dei bagni da adesso tocca a me.
Elon Musk, a capo del DOGE (Department Of Government Efficiency), ieri in video collegamento con il congresso della Lega, ha l’incarico di riorganizzare la forza lavoro federale in fretta: non si possono inseguire tutte le lamentele. E poi se non ti piace il nuovo corso puoi sempre andartene. Anzi, Trump stesso ha affermato che le nuove difficoltà spingeranno qualcuno a dare le dimissioni e il risultato sarà un’amministrazione più snella ed efficiente. Intanto occorrono misure tampone: con lo smart working molte sedi sono state abbandonate e risultano in vendita. Bene. Basta riaprirne alcune e parcheggiarvi chi non ha trovato posto nei corridoi. Ma sono vuote e senza servizi. Un WiFi con poca banda e arrangiarsi. Un’altra possibilità è accettare uno spostamento in una sede lontana ma non satura. Quanto lontana? Fino a 50 miglia. Ma ho due figli piccoli: chi li porta scuola? Elon Musk sta progettando la colonizzazione di Marte: non annoiamolo con queste minuzie! E se prendessi in considerazione uno spostamento con la famiglia vicino alla sede che mi è stata proposta? Con quale garanzia sul mio posto di lavoro? Nessuna.
Sono sufficienti questi episodi per ipotizzare la crescita di una qualche forma di malcontento diffusa, capace di opporsi ad una politica dissennata e all’insegna della fretta? Probabilmente no, o almeno non ancora. Ma, sempre il NYT apre un’altra finestra su un filone parallelo: la falce di un altro mietitore di teste che sembra in gara con Elon Musk, Robert F. Kennedy, segretario del Dipartimento della Sanità, che ha licenziato in due settimane 20.000 (su 82.000) addetti, a tutti i livelli, chiudendo intere divisioni. Molti funzionari hanno scoperto di essere stati licenziati dai loro badge disattivati.
Trump sembra ossessionato dalla frenesia di cambiare il mondo in pochi giorni. Una visione così infantile sulla capacità di un potere apparentemente assoluto di modificare la rotazione del pianeta dimostra l’ignoranza sulla dimensione delle forze in gioco. Promesse e minacce di soluzioni miracolose o sfracelli devastanti (Ucraina, Israele, Panama, Groenlandia, Iran…) sono per ora ancora senza reali conseguenze. Gli economisti di tutto il mondo, compresi gli americani, cercano di spiegargli che una guerra commerciale danneggerà anche gli USA, ma senza risultato: lo show della vendetta a colpi di dazi contro il mondo intero, Europa compresa, colpevole di averlo fregato, è andato in onda con grande senso dello spettacolo.
Le borse hanno, come prevedibile, accusato il colpo. A cominciare da quelle americane. Il Corriere, andiamo a ritroso, esce con un titolo drammatico [2]: “Borse 3 aprile| I dazi affondano i listini, a Wall Street in fumo 2.000 miliardi. Milano perde il 3,6%: l’Europa brucia 422 miliardi in una seduta”. Nel nostro piccolo mondo, cito la Porta di Vetro dell'ultima "Settimana finanziaria" curata da Stefano E. Rossi: "Borse a picco, oro alle stelle".[3] Sommessa considerazione: quando nei prossimi giorni, o settimane, ci sarà il fisiologico rimbalzo, potremo leggere su almeno un quotidiano finanziario “creati 2000 miliardi di nuova capitalizzazione”? Perché quelli bruciati, andati in fumo, ovviamente non ci sono più.
Che cosa ci riserva il futuro? Difficile divinazione. Oggi prevale il nervosismo e gli organi di informazione fanno quello che fanno sempre: drammatizzano. Ma alcune, per ora poche, notizie sono degne di attenzione. La Corte Suprema del Wisconsin doveva eleggere un giudice. La campagna elettorale è stata la più costosa di sempre per quel tipo di elezione, 90 milioni di dollari. Elon Musk ha gettato personalmente 20 milioni a sostegno del candidato repubblicano. Ha vinto la democratica Susan Crawford. [4]
Su AMAZON e EBay si può acquistare un adesivo [5] da esporre sulla propria Tesla che dice: I Bought This Before We Knew Elon was Crazy! (ho acquistato questa prima di sapere che che Elon era pazzo). Lo stesso Musk viene dato in uscita, per missione compiuta o forse perché diventato troppo ingombrante. E il NYT che mette la carta igienica nel titolo sulla guerra di Trump contro i dipendenti della sua amministrazione, ci invia un “segnale debole” da non sottovalutare.
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