L'Editoriale della domenica. Nato: il nuovo approccio Usa
Aggiornamento: 1 giorno fa
di Michele Corrado
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Siamo alla vigilia del terzo anniversario dell'invasione russa in Ucraina. Una data che coincide con cambiamenti al momento soltanto annunciati, in primis dal presidente statunitense Donald Trump, che se dovessero diventare concreti, non potremmo esitare a definirli epocali, soprattutto per le implicazioni politiche, economiche e geostrategiche militari sottese. In particolare, si pone direttamente e indirettamente sui tavoli della discussione la questione Nato, cioè dell'Alleanza Atlantica, derivata dalle posizioni radicali espresse dalla Casa Bianca, oggi incline a ridurre l'onere economico di Washington e, dunque, a testare la disponibilità dell'Occidente europeo a occuparsi di sicurezza e di difesa in misura maggiore rispetto al passato. Un obiettivo che Donald Trump si è posto con una spregiudicatezza verbale inedita per gli Usa, se ci si rifà anche alle recenti affermazioni sulle responsabilità della Nato nell'apertura del conflitto in Ucraina. Parole che hanno così dato solido credito alla tesi di una "guerra per procura". Il che suona come una ulteriore e pesante critica alla politica del suo predecessore Joe Biden per segnare, qualora non fosse sufficientemente chiaro, una netta discontinuità in politica estera dall'amministrazione dei democratici. In ultimo, ma non meno importante, gli interventi di Trump non hanno lasciato dubbi sulla richiesta di pagamento (in terre rare e petrolio) delle "cambiali" firmate dall'Ucraina e dal suo presidente Zelensky per gli aiuti militari made in Usa. Frasi che nel rasentare la brutalità tradiscono un retropensiero ad uso e consumo interno: rassicurare gli americani e i suoi sostenitori che la stagione del "bancomat" a prelievo illimitato è tramontata (ammesso che sia mai esistita). Per tutti. Anche per la "creatura" a stelle e strisce nata nel 1949, cioè quell’Alleanza prefigurata e realizzata secondo i bisogni e gli interessi dell'altra sponda dell'Atlantico, alla quale aderì immediatamente l'Italia e, successivamente, anche la Germania, cioè due Paesi sconfitti nella Seconda guerra mondiale. L’Alleanza si contrapponeva al “nemico” di allora indentificato con l’URSS di Stalin e alle sue mire espansionistiche.
Nel tempo la Nato ha sviluppato le sue componenti e ha inglobato numerosi Paesi europei anche in forza del famoso Art. 5 del suo statuto che imponeva e impone agli altri Paesi di intervenire in caso di attacco militare a qualunque di essi. A molti è sfuggito che tale concetto di impiego, all’epoca, rispondeva al solito assioma che la sicurezza è funzione della distanza e per sicurezza era da intendersi quella americana, non europea. I Paesi europei, in particolare quelli del nord Europa, Germania, Belgio e Olanda, dovevano essere il campo di battaglia dove si sarebbero svolti gli scontri iniziali che avrebbero portato ad un immediato intervento delle Forze anglo-americane (in parte già schierate massicciamente sul territorio tedesco), al fine di contrastare la progressione offensiva dell'Armata rossa e, dal 1955, delle truppe degli otto paesi aderenti al Patto di Varsavia.
Era quindi un sistema ideato per “assorbire” all’interno dell’Europa gli effetti militari dell’espansionismo sovietico, senza coinvolgere il territorio anglo-americano e lo spazio atlantico in particolare.
Oggi, verosimilmente, le possibilità che si realizzi quello scenario sono inesistenti, poiché la Russia non è l’URSS e il Patto di Varsavia si è dissolto con la caduta del Muro di Berlino. Di conseguenza, l'uscita degli Stati Uniti dalla Nato per analogia dovrebbe equivalere alla dissolvenza del Patto di Varsavia. In realtà, la strategia di Washington non va in quella direzione e non ha certo in agenda la cancellazione della Nato. A cambiare sono le priorità degli Stati Uniti che oggi impongono un mutamento nell’impiego delle sue risorse militari, che sono orientate prettamente sull'area indo-pacifica. In altri termini, ipotizzano un minor impegno in Europa, per mezzo della Nato, di qui la richiesta ai Paesi dell’Alleanza di supplire a questa nuova situazione geo-strategica per mantenere invariate le attuali capacità di reazione/intervento militare.
I maggiori fondi richiesti ai vari Paesi servono, quindi, non a sostituire in toto gli anglo-americani (ed in particolare le loro capacità di deterrenza nucleari), ma il mantenimento delle Forze convenzionali ad un livello tale da garantire la capacità di attuazione del Concetto Strategico della struttura militare. Infatti, tale documento, che rappresenta il concetto fondamentale dell’impiego dell’Alleanza Atlantica, non è stato messo in discussione dagli americani. A conferma che si persegue il mantenimento del suo standard di capacità organizzativa e militare.
Una ridistribuzione degli impegni economici dei singoli Paesi è uno dei tanti passaggi che l’Alleanza ha attraversato nel tempo e rappresenta lo stato delle cose (secondo la visione americana) della ragion d’essere dell’Alleanza medesima in funzione dei loro interessi primari. Per quanto possa essere ostico da accettare, il concetto di sicurezza europea è una forma avanzata della sicurezza degli Stati Uniti e non il contrario, come molti pensano che sia. Insomma, senza che ciò debba apparire scandaloso, è sempre e solo "America first", pensiero antico, espresso nel 1916 dal presidente Wilson, impegnato comunque a inviare sui campi di battaglia europei le divisioni americane nella Grande guerra. Concettualmente, gli americani stanno aprendo una nuova vasta area di impiego delle loro Forze militari ed è fisiologico che decidano di destinare la parte preponderante delle loro risorse all’organizzazione su un altro scacchiere strategico del mondo, impiegando anche parte di quelle che fino ad oggi hanno dedicato allo scenario euro-atlantico.
Se agiscono in tale maniera significa che ritengono, oggi come ieri, di affrontare sempre e contemporaneamente due grandi aree di interesse, ma invertendo l’ordine di priorità.
La Nato per arrivare ad essere ciò che oggi rappresenta ed esprime ha impiegato alcuni decenni; per “smontarla” occorrerebbero un certo numero di anni ed anche non indifferenti investimenti. Quando si abbatte una casa, oltre a dover rimuovere le macerie, si deve bonificare il terreno sul quale è stata costruita (fondamenta comprese); intanto, forse, si dorme in tenda. Ma non è la stessa cosa, è bene saperlo.
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