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L'Editoriale della domenica. L'unica promessa di chi risorge

Aggiornamento: 8 ore fa

di Stefano Capello


Eccoci a Pasqua, tutti, credenti e non credenti, siamo chiamati a riflettere sulle nostre vite, sulle nostre ansie di morte e sulle nostre speranze di risurrezione. Viviamo in tempi difficili, in tempi di chi promette tregue di guerra che non durano neppure lo spazio di un mattino, di chi cinguetta di "fantastico" incontro con uno dei grandi della terra in una sorta di perenne campagna elettorale e di auto-promozione, di chi vive immerso nel luna park delle promesse a go-go. Promesse molto simili alla luna piena; infatti se non vengono mantenute diminuiscono ogni giorno!

Complice la nostra memoria fallace, restiamo nell’oscurità, lasciando ai falsi profeti la possibilità di formulare promesse direttamente proporzionali alla consapevolezza che non saranno mantenute. Io voglio credere alla Promessa. L’unica promessa che fece fu quella di promettere soltanto ciò che poteva offrire: la sua Parola. Poi fece trovare tutta quanta la promessa: quella parola la mantenne. Risorse. La domenica risuscitò. Lui era l’eterna luna piena di tutta l’umanità.

Fuori dal sepolcro di Gerusalemme, la luna tenne per mano la vita, perché non capitasse che si spegnesse: quando la Vita, «Io sono la Via, la Verità, la Vita» (Gv 14,6) , aprì la porta, la luna si fece piena. E la vita piena venne messa a disposizione di tutti. A Betlemme era nato in una notte di stella-cometa, a due passi da Erode, la più grande stella-cadente del vicinato. Nacque in un silenzio che quasi nessuno s’accorse: un silenzio tombale.

A Gerusalemme, in cima ad una salita popolata di stelle inesorabilmente cadenti, ritornò nel mondo all’identica maniera: lo fece in modo che fossero in pochi ad accorgersene.

Quella Croce rimase una tripla-cicatrice: nelle mani, nei piedi nel petto. Nacque lì, nel passaggio tra morte e risurrezione. "Il passaggio" che anche per tutti noi può diventare nel quotidiano è la vera essenza della Pasqua, indipendentemente dalla sua etimologia. Le false promesse promettono scorciatoie, tutto subito ad ogni costo e comunque, promettono  di togliere ad altri per dare a te.

Per i Cristiani la Croce non è l’ultima parola, ma è un passaggio necessario. Non a caso per descrivere gli ultimi momenti della vita di Gesù si usa il termine “Passione”. La Passione, come il grande amore è  gioia e sofferenza, è nostalgia e presenza , è croce e resurrezione. Questa è la vita vera, questa è la vita piena questa è l’unica promessa che può essere mantenuta. La morte può essere vinta solo attraversandola.

Dice bene il diacono e padre del deserto San Efrem il Siro: “avvenne allora che la morte si avvicinasse a Lui per divorarlo con la sua abituale ed ineluttabile sicurezza. Non si accorse però, che nel frutto mortale, che mangiava, era nascosta la Vita. Fu questa che causò la fine della inconsapevole ed incauta divoratrice. La morte lo inghiottì senza alcun timore ed Egli liberò la Vita e con essa la moltitudine degli uomini”.

Uscito dal sepolcro, se ne andò a spasso per i cuori. Decise di fare così, di far dipendere la sua vittoria dalla fede di chi incontrerà.  L’alternativa era il motto del mondo: “Per mantenere la parola, non darla”. Lui, invece, che era la Parola, parlò, senza parlare.

Domenica è Pasqua per tutti. Promesso!




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