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Anna Paschero

L'Editoriale della domenica. Giorgetti e l'incubo delle tasse

Aggiornamento: 10 ott

di Anna Paschero


Nei giorni scorsi, il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, ha riportato improvvisamente gli italiani su un piano di realtà, annunciando che la manovra economica richiederà "sacrifici da tutti". Ad un tempo, dinanzi allo scivolone di Piazza Affari (-1,5 per cento), alle reazioni dei partiti alleati e agli stessi mugugni che circolano nelle file della Lega di cui è espressione, si è destreggiato dialetticamente con la più classica delle veroniche, cioè con il ritorno a un vecchio tormentone: se il Pil italiano non cresce, la colpa è del sistema fiscale, delle tasse alte... Il solito autentico falso, perché sappiamo bene che non lo sono per tutti. Non lo sono per chi evade e per chi elude il loro pagamento, e non lo sono per i redditi più alti e altissimi  la cui aliquota massima  media si ferma oggi al 42%; le tasse sono alte solo per i redditi più bassi la cui aliquota media minima è oggi al  23%. E non si tratta di opinioni.

L’ARDEP (Associazione per la riduzione del debito pubblico) pubblica periodicamente sul proprio sito web una analisi  tratta dai dati ufficiali del Dipartimento delle entrate, con la quale non solo cerca di fare il punto sulla capacità del prelievo fiscale italiano a garantire nel tempo l’applicazione dei principi di capacità contributiva e di  progressività del carico fiscale (art. 53 Costituzione), quali pilastri su cui deve poggiare l’intero sistema, ma ad analizzare i cambiamenti che le modifiche (legislative, demografiche ed economiche e sociali)  producono sull’intero contesto.   

Infatti, il sistema fiscale deve poter essere capace di ridurre i divari tra i redditi applicando il principio della progressività, che richiede ai redditi più alti, uno sforzo proporzionalmente maggiore, in termini finanziari, per salvaguardare la capacità contributiva dei redditi più bassi. Inoltre, deve rivolgersi a tutti i cittadini, indistintamente, con sistemi organizzativi e di controllo capaci di contrastare l’evasione e l’elusione fiscale nei confronti delle quali l’Italia è maglia nera, al  primo posto nelle classifiche europee.


Lo svuotamento della riforma Visentini

Purtroppo i legislatori italiani, ricorda ancora l'ARDEP, non hanno prestato l’attenzione dovuta all’art. 53 della Costituzione Italiana perché solo nel 1971 il Parlamento ha approvato la legge delega al Governo per attuare il dettato costituzionale, prevedendo un sistema di prelievo progressivo con 32 aliquote (dal 10 al 72%) per altrettanti scaglioni di reddito. Si tratta della riforma Visentini, evocata dal Presidente del Consiglio Draghi come modello a cui ispirarsi per la sua riforma fiscale, che però non ha mai visto la luce.

Il sistema fiscale italiano, a partire dalla Legge Visentini – applicata dal 1974 al 1982 solo con un’unica variazione nell’ultimo scaglione di reddito innalzato nel 1976 da 500 a 550 milioni di lire con uno sconto del 2%  sui più ricchi – è stato più volte modificato dal legislatore, da ogni governo che si è succeduto a prescindere dal colore politico, innalzando il valore del prelievo fiscale sui redditi più bassi e abbassando lo stesso prelievo su quelli più alti. Il passaggio dalle 32 aliquote  e scaglioni di reddito della legge Visentini  si è attestato a  5 aliquote e relativi scaglioni di reddito  nel 1997 con il governo dell'Ulivo  e il suo ministro Vincenzo Visco,  con l'aumento  della prima aliquota  al 18,5 e con la riduzione dell'ultima aliquota al 45,5%."

A conferma di quanto appena affermato un contribuente con un reddito di 258.250 Euro ha pagato dal 1974 e negli anni, successivi fino al 2019, imposte medie decrescenti dall’iniziale 58,27% al 40,36%.


I dati del Dipartimento delle Entrate

Ritornando al presente, alle analisi dei dati fiscali pubblicati dal Dipartimento delle Entrate, rispettivamente nel 2021 sui dati 2019 e nel 2024 sui dati 2022, si evidenziano di seguito alcuni fattori esogeni di cambiamento del periodo ritenuti più significativi:

-    nel triennio  si sono alternati tre diversi Governi. Il Governo Conte fino al 13/2/2021, il Governo Draghi fino al 22/10/2022 e il Governo Meloni dal 22/10/2022.

-    Nell’anno 2019 erano in vigore cinque aliquote (dal 23 al 43%) con altrettanti scaglioni di reddito; nell’anno 2022 le aliquote sono diventate  quattro (dal 23% al 43%). La riduzione delle aliquote  ha favorito solo i redditi superiori a 15.000 e fino a 50.000, ha sfavorito i redditi da 50 a 75.000. Il primo scaglione di reddito fino a 15.000  e i redditi oltre 75.000  non hanno subito variazioni di prelievo.

-     Nel 2022 l’inflazione ha toccato l’8,7%,

-     Dal 2019 al 2022 la popolazione italiana è diminuita di 644.287 unità.  

-   Negli anni 2020/2022 sono stati scontati gli effetti della pandemia da COVID, con interventi pesanti in termini di aiuti finanziari da parte dello Stato alla popolazione e alle attività produttive.

-     Il varo del D.L.34 del 2020 (decreto Rilancio), Superbonus edilizio  del 110% a partire dal 1 luglio 2020;

-     Il reddito di cittadinanza che ha avuto avvio a marzo del 2019.

Dai dati pubblicati dal Dipartimento delle Finanze, relativi ai redditi di entrambi gli anni osservati (2019-2022) si rileva:

-    L’aumento del numero complessivo dei contribuenti (ovvero di chi presenta la dichiarazione dei redditi) di 500.978 unità con un rapporto del numero complessivo rispetto alla popolazione residente nel 2022 del 71,23% - in aumento rispetto al 69,63% del 2019;

-  L’aumento dei contribuenti paganti di 1.212.406 unità con un rapporto del numero complessivo dei contribuenti paganti rispetto alla popolazione residente del 54,87% - in aumento rispetto al 52,09% del 2019;

-   Significativa e progressiva  diminuzione del numero dei contribuenti nelle fasce di reddito più basse (fino a 20.000 Euro) e un più che significativo aumento del numero dei contribuenti in quelle più alte: a partire dai redditi dai 90 ai 100.000 Euro, l’aumento dei contribuenti è del 21,8% progressivamente in crescita fino ad arrivare nella fascia che supera i 300.000 euro annui al 41%.

-   L’aumento rispetto al 2019 del reddito lordo complessivamente prodotto di 85 miliardi e 750 milioni di Euro,  l’aumento complessivo delle deduzioni dal medesimo reddito (cedolare secca, abitazione principale, altri oneri deducibili) di 5 miliardi 374 milioni di Euro e l’aumento del reddito imponibile (al netto delle deduzioni di cui sopra) di 81 miliardi 529 milioni di Euro.

-  L’aumento rispetto al 2019 dell’imposta lorda di 19 miliardi 960 milioni di Euro, l’aumento delle detrazioni di imposta di 9 miliardi e 812 milioni e l’aumento dell’imposta netta di 9 miliardi e 85 milioni di Euro.


Domande e riflessioni

L’esame del quadro appena rappresentato – limitato all’analisi dei redditi da assoggettare all’IRPEF negli anni dal 2019 al 2022 – e ai corrispondenti valori dei gettiti fiscali realizzati, sollecita non poche domande e riflessioni.

I dati che riguardano l’anno fiscale 2022 possono rappresentare una tendenza in atto destinata a protrarsi nel tempo o piuttosto costituiscono una situazione eccezionale che deriva da alcuni degli eventi esogeni che hanno giocato in positivo, (tra cui il reddito di cittadinanza) ma anche in negativo (inflazione e scarsa progressività) destinati ad esaurirsi nel tempo? Tali dati sono adeguati per valutare le dinamiche in atto nelle diverse componenti della distribuzione dei redditi? Il reddito come solitamente viene misurato è idoneo a rappresentare il benessere delle persone?   

Quali saranno gli effetti della legge delega di riforma del sistema fiscale laddove si propone di cambiare principalmente la struttura dell’IRPEF per arrivare in cinque anni ad una tassazione con aliquota unica che elimini la tassazione per scaglioni di reddito? Come si conciliano le dichiarazioni del Governo sul perseguimento dell’equità orizzontale (tutti i redditi a prescindere dalla loro fonte sono tassati in maniera uguale) con le contraddizioni derivanti dal differente trattamento fiscale riservato a lavoratori autonomi e a lavoratori dipendenti?

Le disuguaglianze in Italia sono stimate continuamente in crescita, ma i dati ISTAT ci presentano una differente realtà, con dati sulla disoccupazione incoraggianti e sulla povertà – che è figlia delle disuguaglianze – abbastanza stabili se non per alcune aree geografiche del Paese. In sostanza, siamo di fronte ad una discreta confusione, alimentata dalla difficoltà a prendere atto che le questioni sono più complesse di quello che si vorrebbe.


I numeri non raccontano tutto...

La disuguaglianza nei redditi disponibili sembra non essere aumentata in Italia – ma i dati probabilmente non riescono a cogliere quanto accade nella loro distribuzione rischiando di portarci a conclusioni fuorvianti quanto più nel periodo considerato è cresciuta, come abbiamo visto, la ricchezza estrema.

L’Associazione ARDEP, anche in questo caso, ha elaborato un modello alternativo di prelievo fiscale in controtendenza con il contenuto della nuova Legge Delega Fiscale dell’attuale Governo, con l’obiettivo di attuare una maggiore redistribuzione del reddito adottando un modello di progressività più incisivo da realizzare con 20 aliquote e altrettanti scaglioni di reddito. Il primo di questi riguarda i redditi superiori ai 10.000 euro (i primi 10.000 euro di reddito non sono tassati) fino a quello dei redditi superiori a 300.000. Le aliquote decorrono dal 21% al 50% con una tariffa media iniziale del 1,93% per il primo scaglione fino al 46,71% dell’ultimo scaglione.

Il gettito complessivamente realizzabile, con il modello elaborato, risulta superiore a quello effettivamente conseguito nell’anno 2022 di 17,4 miliardi di Euro. Maggior gettito - e le parole dovrebbe suonare miele al ministro Giorgetti - che sarebbe utile per chiudere i buchi della manovra di bilancio che il Governo sta cercando di varare.

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