L'Editoriale della domenica. Fisco: sempre aperta la Fiera di condoni e "rottamazioni"...
Aggiornamento: 5 giorni fa
di Anna Paschero

I debiti degli italiani nei confronti del Fisco ammontano, alla fine del 2024, a 1.240 miliardi di Euro. E secondo alcuni dati, riguardano quasi 21 milioni di contribuenti e tasse e imposte mai pagate, accumulate nel corso degli ultimi dieci anni e accertate con l’emissione di cartelle già notificate agli interessati.
Debito che continua a crescere, stando ai numeri forniti dallo stesso ministro Giorgetti. I numeri sono impressionanti se si pensa che nel bilancio dello Stato per l’anno appena iniziato le previsioni delle entrate tributarie iscritte ammontano a 640 miliardi, circa la metà del credito vantato dallo Stato nei confronti degli evasori. Vorrebbe dire che se questo stock di debito venisse, per pura ipotesi, incassato in un'unica soluzione, lo Stato italiano si ritroverebbe in una inedita posizione di forza sul piano finanziario (e internazionale) e di rilancio degli investimenti pubblici e di crescita economica.
Ma i dati sono ancora più impressionanti se si considera che i contribuenti – ovvero quelli effettivamente paganti – sono poco più di 32 milioni su 42 milioni di dichiaranti. Vorrebbe dire, se i numeri indicati fossero attendibili, che un quarto dei contribuenti non ha assolto, fino in fondo, al proprio dovere civico di partecipare, secondo la propria capacità contributiva, alle spese dello Stato.
Uno scenario inquietante di inciviltà che continua a denunciare il controverso rapporto tra Stato e cittadini e la propensione di parte di quest’ultimi a garantirsi comportamenti illeciti, ma che denuncia in parallelo la complicità della classe politica, depositaria di benevola tolleranza nei confronti dell’evasione fiscale per scopi elettorali, fino ad arrivare, soprattutto con l’attuale Governo, all’appoggio manifesto per mantenere o acquisire maggiori consensi.
Lo testimonia la molteplicità delle discutibili misure avviate. E, qualora non si fosse sufficientemente compreso, anche le dichiarazioni di alcuni autorevoli esponenti del Governo che non realizzano in pieno la gravità della situazione. Il tutto, sullo sfondo di una pericolosa diseducazione civica.
Infatti, e lo si ripete da anni (inutilmente) come un mantra, l’evasione fiscale è responsabile dell’aumento del debito pubblico italiano e a un tempo della palese iniquità e peso eccessivo del prelievo fiscale sui redditi emersi, che non possono sfuggire al fisco perché tassati prima della loro formazione, come quelli dei lavoratori dipendenti, dei pensionati, dei redditi di capitale. Inoltre, è responsabile della sottrazione di ingenti risorse finanziarie – oltre 100 miliardi all’anno – che potrebbero essere impiegate per il miglior funzionamento di servizi pubblici fondamentali, come istruzione e sanità, per il benessere dei cittadini.
In nome della cosiddetta “pace fiscale” di Meloni e di Salvini, i cittadini italiani hanno assistito a stralci, condoni, concordati, misure di compliance e di forfettizzazione del prelievo fiscale, principalmente diretti alle categorie di contribuenti maggiormente responsabili della sottrazione di risorse fiscali allo Stato. Dal mese di gennaio le cartelle esattoriali non riscosse entro cinque anni saranno annullate dall’Agenzia delle Entrate.
In questi giorni il Governo è impegnato a discutere su una nuova sanatoria fiscale con la rottamazione delle cartelle esattoriali notificate fino alla fine del 2023, (la Lega la vorrebbe a fine 2024) la quinta della serie, con la proposta di una rateizzazione del debito in 120 rate, ovvero in dieci anni, nonché sulla riapertura della rottamazione quater, che pare non aver prodotto i risultati sperati.
Tali temi, insieme a quello del progetto di riduzione di due punti dell’aliquota IRPEF del 35% a favore del ceto medio, appaiono divisivi tra le attuali forze della maggioranza governativa perché andrebbero a pesare in maniera consistente sulle casse dello Stato non proprio in buona salute. Pare che il conto salga a 9 miliardi di euro che al momento non si trovano tra le pieghe del bilancio.
È incredibile come ciò che sta accadendo sulla ripartizione del carico fiscale in Italia non desti né scandalo, né eccessive proteste; forse il motivo è quello che esso è arbitrariamente concentrato su lavoratori dipendenti e pensionati con redditi medio alti.
Le reazioni di sindacati e opposizioni si stanno rivelando poco efficaci con il risultato che il Governo sembra più dedito a favorire le categorie di contribuenti più responsabili dell’evasione, piuttosto che contrastarne l’attività, in continua crescita. Inoltre, circola la domanda se l’obiettivo di riduzione del tax gap, come parte integrante del PNRR concordato dal governo Draghi in Europa, non sia stato stralciato dall’agenda del Governo Meloni. Motivo in più di allarme.
Ora, in questo scenario, non è necessario avere la sfera di cristallo per prevedere che i nodi verranno al pettine non appena i vincoli di bilancio saranno più stringenti. Chissà che allora, governo in primis, e opinione pubblica a stretto contatto di gomito dovranno obbligatoriamente rivedere tali scelte.
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