L'Editoriale della domenica. Dai venti a tempesta di guerra se collassa l'Ucraina prima di una tregua
di Michele Corrado
Nelle ultime settimane si sta assistendo ad un rinnovato interesse, almeno da parte dell'informazione nazionale, sul conflitto russo-ucraino. Al contrario del livello internazionale, che non ha mai fatto segnalare cadute di attenzione, in particolare sui canali e reti angloamericani, che continuano a seguire e registrano con estrema preoccupazione gli sviluppi delle operazioni sul campo e fuori dal teatro di guerra.
Si tratta di sviluppi che nella sostanza confermano ciò che si prefigurava mesi fa, nell'osservare le difficoltà ucraine a contenere la spinta offensiva russa sia nel Donbass, sia nella regione di Kursk. In particolare, proprio nel Kursk, si stima che le unità russe, rinforzate dal contingente inviato dalla Corea del Nord, abbiano ripreso il quaranta per cento del territorio occupato dagli ucraini con la penetrazione della scorsa estate. L'avanzata russa trova concordanza nelle principali fonti d'informazione che segnalano oggi reparti di Mosca a Kupiansk, in Toretsk, e vicino a Pokrovsk e Velyka Novosilka, "una via logistica chiave per l'esercito ucraino", secondo quanto riportato dall'Institute for the Study of War, il think tank con sede a Washington. Kupiansk è stata liberata dagli ucraini a settembre del 2022.
Intanto, nell'intera area del Donbass, la perdurante avanzata russa sta determinando una continua modifica degli scenari per l'impossibilità delle forze armate ucraine a mantenere una linea di irrigidimento e di contrasto pari alla spinta offensiva avversaria.
In effetti, le forze armate russe al comando del generale Gerasimov sono riuscite con l’immissione costante di riserve - com'era prevedibile - a realizzare un avanzamento lento, ma inesorabile, pur a costo di perdite considerevoli (si parla di svariate centinaia di caduti ogni giorno, oltre ai feriti). E fino a quando riusciranno a mantenere questa spinta e a coprire il terreno conquistato, per gli ucraini sarà improbabile costruire una linea difensiva stabile.
In questa situazione, su una linea di contatto lunga oltre mille chilometri (un fronte che avrebbe imposto più di una considerazione da parte dello Stato maggiore ucraino) risulta al momento impossibile arginare da parte di Kiev gli sforzi del nemico tesi a sfondare la linea difensiva e a occupare la maggior parte possibile di territorio, prima dell’arrivo del periodo invernale avanzato, che in ogni caso renderà le operazioni più complicate per entrambi gli schieramenti.
Ora, tali condizioni, quanto più rigide saranno, tanto più renderanno gravoso il mantenimento dell’offensiva dell'apparato militare russo, condizionato dall'inevitabile flusso logistico dei rifornimenti. Pertanto, se gli ucraini riusciranno a non collassare in nessun punto della linea di contatto almeno fino ai primi di gennaio, vi sono concrete possibilità che possano avere una pausa nella progressione avversaria dovuta al meteo che nei mesi di gennaio e febbraio non facilita uno sviluppo pieno delle operazioni.
L'avvicinarsi del "generale inverno" è una delle ragioni per le quali Mosca ha intensificato gli attacchi missilistici in profondità su infrastrutture energetiche e siti di produzione industriale con l'obiettivo duplice di logorare tanto la resistenza militare, quanto quella civile degli ucraini.
Con questo scenario sul campo, di concreta difficoltà, alcuni paesi europei, come Francia e Gran Bretagna, i più attrezzati militarmente, valutano da settimane l'ipotesi di inviare truppe a sostegno degli ucraini. Truppe non con le stellette dei rispettivi stati, ma contractors addestrati a combattere in situazioni limite, cui si chiederebbe di arginare i tentativi di sfondamento del fronte da cui potrebbe derivare il collasso delle forze armate ucraine.
La cronica mancanza di effettivi - una variabile non secondaria in guerra, mai sufficientemente considerata dall'Occidente per costruire una visione d'insieme non soltanto basata sullo scontro diretto e sulla speranza di una possibile disgregazione del regime di Putin - sta rendendo sempre più vulnerabile l’Ucraina, impossibilitata a realizzare rapporti di forze sul terreno che le consentano di riprendere l’iniziativa. Anche alimentando le unità ucraine con avanzati ed efficaci sistemi d’arma occidentali, infatti, se non si dispone delle risorse umane in numero adeguato a quanto dispiegato dall’avversario, non sarà possibile invertire il corso degli eventi.
Dunque, si sta delineando una situazione sul terreno irreversibile, a meno della diretta partecipazione di massicci assetti Nato, in particolare aerei, che possano determinare insostenibili (per la dimensione dell'attuale conflitto) perdite fra le truppe russe operanti sugli assi di sforzo principale e sussidiari in tutto il Donbass. In altri termini, una dichiarazione di guerra in piena regola alla Federazione Russa, con tutte le conseguenze, ovviamente, che una tale decisione comporterebbe in primo luogo per l'Europa, in pace da 79 anni, e a stretto giro di posta per il mondo.
Morale. In questo stato di guerra, sta giungendo per gli ucraini il momento delle decisioni irreversibili, mentre per noi europei è giunto il momento di prendere atto che nella condotta di Operazioni militari convenzionali, come quelle corso in Ucraina, non vince chi ritiene di essere dalla giusta parte - affermazione facilmente rovesciabile dalla controparte, oggi come ieri - ma chi è in grado di distruggere sul campo le Forze avversarie. E questo, per le attuali democrazie europee pare essere una novità del tutto inaspettata, quasi che la Pace non fosse stata retta, in un passato neppure così remoto, dall'equilibrio di forze sul terreno. E, ultimo, ma non meno importante, se non si fosse nutrita della convinzione che anche il minimo sforzo diplomatico, proprio in situazioni critiche ed estreme (ricordiamo la crisi dei missili a Cuba nell'ottobre del 1962)), non sarebbe stato mai del tutto inutile o fuori luogo.
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