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L'editoriale della domenica. Da Musk a Meloni e Schlein, grande confusione sotto il cielo

di Giancarlo Rapetti*


Viviamo un’epoca di contraddizioni. L’intesa cordiale, la comunanza di intenti, la reciproca attrazione tra Elon Musk e Giorgia Meloni hanno suscitato scalpore e molti commenti meravigliati. Musk fuma sostanze stupefacenti in pubblico (i media scrivono anche quali, ma non le cito perché non me ne intendo), ha avuto molti figli da donne diverse, due dei quali tramite la pratica dell’utero in affitto, uno sembra sia anche trasgender. Ai figli ha dato nomi per così dire tecnologici, lontani da ogni tradizione. Principi opposti a quelli proclamati ogni tre per due da Meloni.

Corrado Augias ha acutamente osservato che quando c’è di mezzo l’interesse nazionale, come potrebbe essere trattare con un imprenditore di successo che muove non solo molti soldi, ma anche molte idee sul futuro, si può soprassedere ai principi che vengono declamati. E infatti Giorgia Meloni, che in Italia fa comizi identitari per compattare i propri elettori, quando interviene in occasioni istituzionali all’estero, a volte riesce a tenere discorsi alti, adeguati ai problemi del momento. Il suo intervento all’Atlantic Council è stato interessante, sia per la rivendicazione dei valori dell’Occidente, che molti in Occidente mettono invece in discussione; sia per i temi trattati, tra cui lo sviluppo dell’Africa e l’intelligenza artificiale.  

Resta il fatto che il comportamento personale di Musk coincide per larga parte con l’agenda Schlein. Eppure la segretaria del PD, eletta alla carica dai non iscritti al PD, si proclama agli antipodi rispetto al geniale visionario sudafricano sbarcato negli Stati Uniti. Il quale non esprime la sua valutazione nei confronti di Elly, in quanto semplicemente la ignora. Se si conoscessero meglio, come si dice, potrebbe scoccare la scintilla anche tra di loro. Schlein però avrebbe un problema, come Apollo 13, che le impedirebbe un rapporto positivo con Musk. I suoi alleati verdi e sinistri non sarebbero per nulla contenti: infatti il soggetto in questione è (cito) “un miliardario”, l’insulto peggiore che da quelle parti si possa profferire.

Con i ricchi, a maggior ragione con i ricchissimi, non si possono avere rapporti, al massimo si cerca di farli “piangere”, come recitava un manifesto di qualche anno fa. E anche con il suo altro presunto alleato, il MoVimento Cinque Stelle di Giuseppe Conte, le assonanze sono poche: l’agenda Schlein a Giuseppi non piace granché: l’attenzione ostinata ai “diritti”, cioè alle pretese delle “minoranze”, è da lui considerata una cosa radical-chic. Si concentra invece su di una cosa più terrena, i soldi: la sua politica consiste essenzialmente nel promettere a vaste platee, e quando gli capita l’occasione, fare, elargizioni di denaro pubblico, rigorosamente a debito, caricato sulle generazioni future per la parte capitale, sui contribuenti presenti per quanto riguarda gli interessi da pagare ogni anno, su tutti i cittadini per l’inflazione che deriva da queste politiche.

Gli alleati del campo largo si stanno invece riavvicinando su quella che viene chiamata politica estera, che sarebbe poi il nostro futuro di cittadini d’Italia e d’Europa.  Da sempre grillini e piddini sono contro Israele, i primi compatti e determinati, senza sbavature, i secondi con qualche distinguo e qualche dissenso. Ora, di fatto, sono entrambi, almeno oggettivamente, anche a favore della Russia e dei suoi alleati. Nel PD c’è almeno un po’ di confusione, ma la linea sembra tracciata.

Su questo terreno, però, il riavvicinamento sembra anche tra campo largo e maggioranza di governo: l’Italia si dichiara a favore di Israele e dell’Ucraina, ma i fatti dicono che sostanzialmente sta a guardare. Ha sospeso le (modeste) forniture militari a Israele dal 7 ottobre 2023, cioè da quando lo Stato ebraico ne aveva più bisogno. Manda aiuti all’Ucraina in quantità ridotte e mantenendo il divieto di utilizzarle su obiettivi in territorio russo. Partecipa alla missione di difesa del traffico commerciale nel Mar Rosso, ma lascia ad americani ed inglesi il compito di colpire le basi da cui partono gli attacchi degli Houthi. Una serie di comportamenti, non nuovi per altro, che fanno venire in mente l’antico proverbio: “dagli amici mi guardi Iddio, che dai nemici mi guardo io”. E’ pericoloso avere l’Italia come amico: per referenze chiedere allo spirito di Gheddafi.

C’è un ulteriore aspetto a cui si può applicare un altro proverbio: “tra il dire e il fare …”. Si discute molto, in questi giorni, del cosiddetto Ddl Sicurezza, provvedimento in corso di approvazione parlamentare, che introduce nuovi reati e nuove aggravanti, e inasprisce alcune pene edittali, per altro normando tutte cose già normate. Molte opposizioni si stanno stracciando le vesti, paventando lo stato di polizia, la limitazione delle libertà e altre catastrofi. In realtà l’unica catastrofe è la dimostrazione dell’impotenza dello Stato. Già Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi raccontava delle grida del Governo spagnolo di Milano, sempre più severe, minacciose e, soprattutto, inefficaci. La tecnica è sempre quella: non si riesce a far rispettare una regola? Se ne fa una più cattiva, che non verrà rispettata come la precedente.

Questo Governo, che aveva promesso più sicurezza, sta naufragando proprio sulla sicurezza: non solo la percezione peggiora, ma anche le statistiche dei reati denunciati, che erano in calo da cinquant’anni, stanno segnando una inversione di tendenza. Se ci fosse una opposizione concreta, il Governo sarebbe sommerso dalle critiche. Invece, grazie alle attuali opposizioni, continua a proclamarsi, indisturbato, paladino della sicurezza. La confusione aumenta se si parla di immigrazione: dopo un inizio disastroso, con gli sbarchi in aumento, che tendevano alle vette del 2016, il Governo ha ripercorso la linea Minniti, quella degli accordi con i paesi di transito, che aveva determinato la brusca discesa degli sbarchi a partire dal luglio 2017. Marco Minniti, dirigente PD, era Ministro dell’Interno nel Governo Gentiloni. Il PD ha rinnegato la sua politica e l’ha regalata alla destra, che ringrazia e va avanti.

Se parliamo dell’arcipelago centrista, dove le isole si stanno moltiplicando, non è che la chiarezza aumenti. Stiamo ad un solo esempio: Luigi Marattin si professa liberale, e per molti aspetti lo è senza dubbio: però è sostanzialmente favorevole al premierato di Meloni, la cosa meno liberale che ci sia.  E non ha speso una parola a favore del “Referendum per la Rappresentanza” finalizzato a cancellare le parti peggiori del Rosatellum (la legge elettorale per Camera e Senato) restituendo all’elettore un voto più libero e meno condizionato dai meccanismi perversi della legge stessa. In questo non da solo: l’intero sistema dei partiti ha eretto nei confronti dei quesiti referendari un efficace cordone sanitario.

Tralasciamo le tortuose dinamiche del campo (più o meno) largo, per trattare il quale ci vorrebbe un saggio dedicato. Concludiamo con la ciliegina sulla torta delle contraddizioni: Carola Rackete, una delle gemelle mandate al Parlamento Europeo per meriti trasgressivi, ha votato a favore della fine delle restrizioni all’uso delle armi occidentali fornite all’Ucraina, mentre alcuni deputati del PD o dei partiti di maggioranza italiani hanno votato contro. “Grande è la confusione sotto il cielo”: ma, al contrario di quanto sostenuto dal Presidente Mao, la situazione non è eccellente.


*Componente della Assemblea Nazionale di Azione

 

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