L'EDITORIALE DELLA DOMENICA. Da Elly Schlein un ritrovato orgoglio per i progressisti
Aggiornamento: 2 giu
di Beppe Borgogno
Ci voleva Elly Schlein per scuotere almeno un po’ la campagna elettorale del centrosinistra a Torino e in Piemonte. Chi ieri sera, alla vigilia delle celebrazioni per la nascita della nostra Repubblica, era in piazza Solferino per il suo comizio, avrà apprezzato la nettezza e la chiarezza con cui ha delineato i confini che separano destra e sinistra di fronte all’Europa a una settimana dal voto: l’“Europa più sociale” e dei diritti sociali ed individuali da una parte, quella del ritorno dei nazionalismi e sovranismi, e dell’attacco a quegli stessi diritti dall’altra, compresi quelli delle donne.
Certamente a “un elettore di sinistra” sarà piaciuto il discorso altrettanto chiaro di chi pensa che la libertà sia anche, e in alcuni casi soprattutto, potersi curare o avere un salario degno. O ancora, il riferimento all’Europa come progetto di pace o la richiesta del cessate il fuoco a Gaza, del riconoscimento internazionale della Palestina e l’appello per tornare a battersi per “due popoli e due Stati”. Insomma, queste e tante altre parti di un discorso appassionato avranno certamente dato un'iniezione di fiducia maggiore a chi sentiva di averne bisogno, compresi l’impegno a battersi contro il premierato e il richiamo a una attuazione completa della Costituzione.
Se tutto questo è servito, ultimo ma non meno importante, a immettere nuova grinta anche a Gianna Pentenero, la candidata presidente della Regione Piemonte, con un discorso che finalmente aveva i crismi di una vera sfida al Presidente regionale uscente Alberto Cirio (mai citato per nome), in particolare sulle promesse e gli impegni non mantenuti sul delicatissimo tema della sanità, la serata per il popolo progressista può dirsi riuscita.
Insomma, una serata d'orgoglio, che da sola però non cancella un'impressione, che si fonda ahimè su qualche robusto dato di realtà, soprattutto se guardato in prospettiva. Cioè che entrambe, Elly Schlein e Gianna Pentenero, nonostante l’impegno e, in fondo, l’abnegazione, rimangano piuttosto sole di fronte alle battaglie che devono intraprendere, pur al netto dell'accoglienza e del sostegno ieri sera di tutti i dirigenti e i candidati del PD, e una piazza particolarmente calda. Nel caso di Pentenero, perché la sua candidatura ha incontrato fin dall’inizio le difficoltà di chi guida una coalizione in una contesa data per persa da ben prima dell’avvio della campagna elettorale. Una sensazione sgradevole che non ha mai ricevuto segnali inversi. E’ probabile allora che il tono un po’ sbiadito e incerto, fin qui, della campagna elettorale (che il sindaco Stefano Lo Russo ieri sera ha definito con un personalissimo “bellissima”... su cui esprimiamo le nostre altrettanto personalissime riserve) dipenda proprio da quel “freno a mano tirato” da tempo, sulle cui ragioni e responsabilità ci sarebbe molto da discutere (da questo sito si è cominciato a farlo, confidiamo che si prosegua) e non dall’impegno e dal lavoro della candidata presidente. L’importante è che l’eventuale sconfitta non si traduca poi soltanto nella ricerca del capro espiatorio, e che esso non abbia per forza gli stessi connotati dell’agnello sacrificale.
Per Elly Schlein il discorso è più complesso, ma anche più delicato. E riguarda i tanti “partiti” che compongono il Partito Democratico. Guardando la piazza, anche ieri sera, e individuando, anche lì, persone con storie politiche e percorsi diversi, veniva da chiedersi quanti si riconoscessero davvero negli argomenti, ed anche nel linguaggio (un linguaggio diretto e concreto, lontano da quello tradizionale della politica e anche dalle metafore furbette che vanno tanto di moda) della segretaria del Partito Democratico. Un linguaggio e degli argomenti, per esempio, di sicuro più vicini a quelli che sempre ieri ha usato la capolista del PD alle europee Cecilia Strada, piuttosto che alle abitudini di tanti dirigenti di lungo corso. E poi, viene da chiedersi se il “noi” al posto dell’”io” che Schlein rivendica, abbia un riscontro vero in quel partito. E ancora, se dopo questo passaggio elettorale, e, speriamo, dopo un risultato dignitoso, la segretaria potrà finalmente entrare in una fase dall’apparenza meno precaria, costruire un vero gruppo dirigente, convincere tante situazioni periferiche a fare altrettanto e dedicarsi al lavoro più importante: costruire uno schieramento alternativo alla destra competitivo e di qualità, aiutando così una democrazia sempre più debole e compressa.
Vedremo. Intanto, come minimo, è giusto augurare buona fortuna ad entrambe.
Due piccole considerazioni per concludere. La prima: in tutti i discorsi di ieri sera (credo sette o otto, compresi i candidati alle elezioni europee e qualcun altro) c’è stato più di un riferimento al fantasma dell’astensionismo e l’appello per convincere a votare chi vuole astenersi. Non credo che si tratti solo della strategia di chi insegue, e nemmeno che sia da paragonare all’impegno verso gli indecisi che segnava la fine delle campagne elettorali di tanti anni fa. Piuttosto, è la percezione che davvero l’astensionismo sarà il protagonista delle prossime elezioni. E siccome tanti studi confermano, sempre più, che si tratta di un rifiuto che si concentra soprattutto tra i più giovani ed i ceti sociali più deboli, creando un evidente sbilanciamento nella partecipazione al voto, va trattato come un grande problema sociale e politico insieme, un autentico vulnus per la nostra democrazia. La via per ridare forza e credibilità alla politica passa certamente anche da qui,
La seconda: in nessuno dei discorsi di ieri sera si è sentito parlare di Stellantis e del suo allontanamento progressivo dall’Italia e da Torino, nemmeno in relazione al tema della conversione ecologica ed energetica ed alla produzione di auto elettriche. Speriamo che si sia trattato di distrazione e non di rimozione. Anche se nell'uno e nell'altro caso, denuncia una ridotta attenzione concreta ai problemi delle persone che ci riporta disaffezione per la politica e all'astensionismo.
Infine, fa un certo effetto sentire concludere un discorso, quello di Schlein, con “Viva l’Italia antifascista”. In giro c’è chi sicuramente considera questo pura retorica anacronistica. Io credo invece che anche per questo Elly Schlein vada ringraziata: nell’Italia di oggi, dove nulla è scontato, un richiamo del genere vale da solo un bel pezzo di un programma politico.
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