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Maurizio Jacopo Lami

L'Editoriale della domenica. Assad è fuggito, la Siria è libera

di Maurizio Jacopo Lami


"È finita per Assad, è finita per gli sciiti in Siria. È come se vedessi la morte ballare davanti ai miei occhi".

Rapporto di un Guardiano della rivoluzione iraniano in missione in Siria intercettato dal Mossad israeliano. L'uomo è stato ucciso subito dopo con un drone.


"La Siria è una vera catastrofe adesso.

Noi americani dobbiamo tenercene fuori."

Donald Trump, prossimo presidente degli Stati Uniti d' America


La Siria volta pagina. Damasco è caduta nelle mani dei ribelli. La violenza di una guerra di tutti contro tutti, che si è rivolta infine all'unico nemico Bashar al-Assad, da tutti indicato ieri come "il presidente", oggi come "il dittatore", ha disgregato un regime durato oltre mezzo secolo. L'esercito siriano si è arreso a Mazlum Abdi, il capo delle Forze Democratiche Siriane (SDF). Gli insorti del gruppo Hayat tahrir al Sham, confederazione di 15 gruppi sunniti che si sono opposti al governo centrale imposto i titoli di coda ad Assad fuggito con la famiglia a bordo di un aereo.

“In Siria viviamo momenti storici, stiamo assistendo alla caduta del regime autoritario di Damasco. Questo cambiamento rappresenta un'opportunità per costruire una nuova Siria basata sulla democrazia e sulla giustizia, che garantisca i diritti di tutti i siriani”, ha detto Mazlum Abdi, in uno scenario di inevitabile confusione che non si può dissolvere con la bacchetta magica dopo tredici anni di guerra civile, un bilancio di oltre seicentomila morti e milioni di profughi, una tragedia che ha visto salire sul palcoscenico internazionale l'Iran degli ayatollah con le sue illusioni di etero-guidare il Paese, insieme con la Russia di Putin. Ma come si è giunti a questo?

Gli Assad hanno dominato la Siria, il paese del Levante che tanto faceva sognare i pittori romantici francesi, dal lontano 13 novembre del 1970, dal giorno della cosiddetta "rivoluzione correttiva": un periodo ben più lungo delle dittature comuniste a Est, per non dire delle tante dittature del Medio Oriente miseramente crollate negli stessi decenni. 

Il primo a prendere il potere fu Hafez al Assad , ufficiale dal sorriso ironico, che basava il suo dominio su due pilastri: la repressione sanguinosa affidata alla polizia politica, il famigerato Mukhabarat, e la ricerca dell'appoggio delle varie minoranze religiose in Siria, contrapposte alla maggioranza sunnita.

In Europa molti credettero alla favola del "presidente socialista e progressista", al potere del partito Ba'th, ma in realtà Assad era il tipico dittatore spietato capace di ogni orrore pur di rimanere saldamente a cavallo del potere. La sua polizia era autorizzata a torturare e uccidere chiunque e non aveva scrupoli ad agire con zelo in nome del dittatore-presidente.

Ma come diceva un saggio vescovo siciliano nel Duecento, "non si può vivere e e comandare portando sempre la cotta (la corazza) e la spada: bisogna anche sapersi far amare". Assad lo sapeva e distribuiva appalti e lavori cercando il consenso. Fondamentale, per esempio, una grande diga, pagata dall'alleata URSS, che permise alla Siria una grande produzione idroelettrica per migliorare l'agricoltura. In politica estera rispondeva a due principi semplici da enunciare: fedeltà all'Unione Sovietica e un'assoluta attenzione a non sfidare mai apertamente Israele.

Attenzione bene al termine "apertamente": Assad considerò sempre Israele il nemico principale e non certo per solidarietà con i palestinesi che più di una volta massacrò alla prima opportunità, ma perché vedeva in Tel Aviv un concorrente diretto nell'egemonia del Medio Oriente. Assad considerava letteralmente proprietà personale il vicino e ricco Libano e non esitò a far uccidere il coraggioso leader cristiano maronita Gemayel per ostacolare l'influenza di Israele a Beirut.

Negli stessi anni Ottanta, duri e feroci (comunque era una Disneyland in confronto all'oggi) scoppiò in Siria, ad Hamma, una delle principali città, una dura rivolta contro gli Hassad. Era il 1982. A guidarla fu la Fratellanza Musulmana, in sostanza fanatici sunniti che volevano spazzare via il governo "eretico". Risultato: Rifaat, il fratello del dittatore si mise a capo di un'intera armata e proclamò che avrebbe combattuto mille battaglie, distrutto cento roccaforti, sacrificato un milione di martiri, "ma vi prometto che distruggerò i Fratelli Musulmani", concluse. E lo fece.

Ad Hamma furono uccise più di trentamila persone e rasati al suolo interi quartieri; all'epoca non esisteva internet e nessuno parlò di genocidio, né vi furono notizie eclatanti sull'episodio con cui la famiglia Hassad spezzò l'opposizione per molti anni. Il giornalista Alan Friedman, che aveva visitato i luoghi della strage, mi raccontò anni dopo al Salone del libro a Torino: "Per me Assad con quella feroce strage creò la 'regola di Hamma': uccidere moltissimi oppositori e poi non nascondere nulla, per suscitare il terrore".

Ma non si può "vivere sempre con la cotta e la spada sguainata" e arrivò anche la nemesi per gli Assad. Nel modo più improbabile ed inverosimile: col suicidio di un assolutamente sconosciuto negoziante nella lontana Tunisia. Era il 2011 e l'emozione suscitata dal suicidio del poveretto che voleva così protestare per le vessazioni dei funzionari statali scatenò come un incendio una valanga di rivolte a catena che diventarono vere e proprie rivoluzioni.  Dietro c'era la mano del Presidente degli Stati Uniti Obama che voleva cambiare i regimi in tutto il Medio Oriente nell'interesse esclusivo di Washington e non certo dell'Europa nel suo insieme. Fu chiamata "l'onda araba" e fece addirittura crollare il regime di Mubarak in Egitto. Ma in Siria fu un vero dramma.

Cominciarono con proteste assolutamente pacifiche, ma il nuovo Assad, succeduto al padre morto di cancro nel 2000, non era tipo da cedere. Dei ragazzini più bambini che adolescenti fecero alcune scritte contro la dittatura. Furono chiamati dal Mukhabarat per un "chiarimento", evidentemente "particolare", perché i corpi mutilati dei bambini furono ritrovati per strada. La protesta diventò rivolta e poi la rivolta diventò guerra civile. Ed è stata, senza la minima esagerazione, la guerra con più influenze esterne del pianeta: tolte Cina ed India, tutti hanno mandato volontari, armi ed ogni genere di aiuto bellico.

Con Assad si sono schierati gli Hezbollah libanesi e gli Iraniani per motivi di religione; la Russia di Putin per motivi strategici (soprattutto conservare le basi nel Mediterraneo). Con i rivoltosi praticamente tutti i paesi arabi che sognavano di abbattere un regime "eretico" e soprattutto alleato dell'Iran; poi la Turchia di Erdogan che sogna un impero panturco; infine, gli americani a cui non sembrava vero di poter ostacolare Putin.

A un certo punto nel terribile marasma sorse addirittura il Califfato islamico, creato dall'Isis che aspirava ad unire tutti i paesi della Umma, la comunità islamica. Nuove tragedie, un'intera nazione che sprofonda in un abisso senza fine di battaglie feroci e vendette terribili.

Per anni, dal 2018, sembrava che la guerra fosse entrata in una fase sanguinosa, ma statica: Assad padrone di Damasco e del centro del Paese; una coalizione di una decina di gruppi jihadisti nel nordovest del paese alleati alla Turchia, apparentemente sfiniti, ma tenaci; nel sud drusi ed oppositori democratici; a est i curdi con uno stato di fatto indipendentemente. Ma all'orizzonte altre due guerre stavano per cambiare ogni prospettiva: l'invasione dell'Ucraina il 24 febbraio 2022 e l'attacco di Hamas ad Israele il 7 ottobre 2023.

La Russia si è sfinita fino all'inverosimile nella sua guerra fratricida con l'Ucraina e ha perso ogni volontà di impegnarsi in Siria: Gli Hezbollah libanesi, che prendevano in giro Israele ("ha la forza di una tela di ragno", dimenticando la resistenza di quei fili) sono stati fatti a pezzi dal Mossad e dall'IDF, e ora tremano. L'Iran che sognava di diventare la potenza egemone in Medio Oriente ha visto morire i suoi migliori generali, smontare la consistenza dei propri alleati, scoperto di essere infiltrata fino al midollo dal Mossad e ha visto bombardare con assoluta precisione le proprie migliori fabbriche belliche. I sogni sono svaniti e ora sa che presto o tardi la resa dei conti avrà il volto di Donald Trump.

Così per la dittatura è arrivata la fine. L'esercito è in fuga verso l'Iraq, altri soldati sono passati dalla parte degli insorti. Probabilmente la Siria sarà "spezzettata". Una sconfitta totale per l'Iran che non solo perde l'egemonia sul territorio siriano, ma la perderà anche in Libano, perché Hezbollah, isolata senza aiuti, in un secondo conflitto con Israele sarà debellata. I grandi vincitori del conflitto sono la Turchia, che riprende la sua influenza, Israele che in un colpo solo vede crollare l'intera alleanza nemica iraniana e gli Stati Uniti che vedono svanire ogni concorrenza in Medio Oriente.

Il sipario sugli Assad è calato. La ferocia non è stata sufficiente per resistere. Ancora una volta è valido il proverbio libanese: "Nessun lupo ha mai ucciso una volpe".


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