L'appuntamento di oggi. Auto a Torino: alla ricerca di un futuro
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Nel pomeriggio di oggi, 20 febbraio, alle 17,30, la Fabbrica delle E, in corso Trapani 91/B a Torino, ospita il dibattito "L'Auto e Torino, storia di una simbiosi complessa", proposta dall'Associazione "Verso Itaca". Alla discussione partecipano Marco Gay, presidente dell'Unione Industriali di Torino, il professor Pietro Terna e Marco Zatterin, vice direttore de La Stampa. Modera Gian Paolo Zanetta.
C'era una volta l'auto a Torino, o meglio la Fiat..., espressione che s'ammanta sempre più di nostalgia per lenire un dolore complesso e complicato per la città e la sua economia, per la storia di una comunità che nel Novecento si è sentita nuovamente capitale del Paese, per una miriadi di ragioni, ma, fondamentalmente, per la presenza della grande impresa e di una cultura tecnica e umanistica che ne ha fatto, anche se il termine può apparire abusato, laboratorio politico, anticipatore di cambiamenti di costume e di orientamenti sociali.
Oggi, di quella impresa, di quella Fiat rimane un contenitore dagli spazi immensi e dalla inattività altrettanto immensamente diffusa vuoi per la progressiva riduzione del personale, vuoi per l'utilizzo della cassa integrazione, elementi destinati a confondersi peraltro tra di loro.
Allora, nulla di strano, né di originale che quel contenitore sia riempito dalla storia con la segreta speranza, affidata ad un punto interrogativo, di conservare ancora un futuro.
Al netto dei ricordi, dal piazzale davanti alla palazzina di Mirafiori tra corso Giovanni Agnelli e Corso Unione Sovietica stracolmo di macchine degli aneddoti alla fiumana di operai al cambio turno, delle celebrazioni e della retorica che per forza di cose fa capolino, la memoria si affida alla spiacevole sensazione che l'Italia non guardi più Torino e Torino neppure possa più reclamare quello sguardo. Che invece era di rigore, anche negli anni Cinquanta, quando la città e la fabbrica erano divise al loro interno da un muro invisibile, segnate dalla contrapposizione tra padronato e sindacato di classe, secondo il lessico dell'epoca, tra l'anticomunismo tenace del capo indiscusso della Fiat, il professor Vittorio Valletta, "piccolo e cattivo", dedito unicamente alla grandezza dell'azienda vissuta come comunità allargata e la resistenza degli operai comunisti, disposti a rischiare e subire il licenziamento o il trasferimento nel famoso "reparto confino", l'Officina sussidiaria ricambi (OSR) diventata nota come "Officina Stella Rossa", piuttosto che rinunciare alle proprie idee.
Mondi destinati comunque a incontrarsi nei cambiamenti della società e non solo con l'arrivo del ciclone del '68 e delle lotte operaie del '69 che avrebbero dissolto - almeno per una decennio, fino alla marcia dei 40 mila del 14 ottobre 1980 - la fabbrica-caserma eredità di Valletta, morto il 10 agosto 1967 ed accompagnato nell'ultimo viaggio da un funerale di Stato "per meriti eccezionali". Esequie solenni pur lontano dalla capitale. Una deroga concessa, come fu ricordato all'epoca, soltanto una volta per la morte di Enrico De Nicola.
Il resto è una sommatoria di passaggi che se osservata in retrospettiva non denuncia immediatamente la progressiva diminuzione del peso specifico della Fiat a Torino e nell'economia italiana, ma ne rivela comunque un costante ridimensionamento nell'essere protagonista, fatto salva la tendenza a riscuotere prebende e sovvenzioni dallo Stato. Un vizio coltivato con immancabile puntualità, però, senza dare più garanzie certe...
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