Israele all'assalto di Gaza city, la Stalingrado del Terzo Millennio
di Michele Corrado*
La recente dichiarazione del premier israeliano Benjamin Netanyahu non offre spiragli di speranza per un cessate il fuoco: "Siamo al culmine [dell'offensiva su Gaza] non ci fermeremo. Una volontà che trova conferma nella nota del capo di Stato maggiore delle forze armate di Tel Aviv Herzi Halev: "le nostre forze sono nel cuore del nord della Striscia, dentro Gaza city, l'hanno circondata per proseguire in profondità l'operazione militare". L'IDf ha aggiunto di aver eliminato una cellula terroristica nel sud del Libano. La decisione di Netanyahu ha ignorato nella sostanza l'invito del presidente Usa Joe Biden, favorevole a una sospensione del bellicismo soverchiante di Israele, per creare le condizioni d'uscita da Gaza degli ostaggi nelle mani di Hamas. L'irrigidimento israeliano si quantifica, secondo il ministero della Sanità di Gaza, in 9.061 palestinesi uccisi, soprattutto donne e bambini, e nella distruzione di interi quartieri, mentre sarebbero quasi duecento i palestinesi vittime degli attacchi aerei sul campo profughi di Jabalia a Gaza. Per l'Onu si tratta di un "possibile crimine di guerra". Secca, e tale da non ammettere ulteriori commenti, la replica dell'ambasciatore di Israele in Italia a Sky TG24: "Il campo profughi è un centro di Hamas". Un criterio, che se applicato ad altri campi profughi, renderà quei luoghi una enorme cisterna di cadaveri. Con questi presupposti, non ci vuole un indovino per svelare la sorte di Gaza city: diventerà una città lunare, un lugubre cumulo di rovine, che in parte è già, da cui non si potrà che uscire in orizzontale, indipendentemente dall'età e dal genere. Una soluzione che darà l'opportunità a Israele di (ri)affermare la sua debordante potenza militare sull'area, quanto utile ad Hamas per giustificare il terrorismo come unica arma per contrastare l'oppressore. Per entrambi le parti, un perfetto vitalizio dell'odio.
L'intervento del col. Michele Corrado descrive quali sono le opzioni per l'assalto finale a Gaza.
Con l’attesa spasmodica dell’entrata degli israeliani nella Striscia di Gaza ed in particolare in Gaza City, molti si sono proposti come improvvisati esperti di combattimento nei centri urbani. Sia in radio che in televisione si sta assistendo ad una sequela di esternazioni sulle modalità d’azione delle truppe israeliane una volta iniziata la manovra all’interno della Striscia.
La forte densità abitativa ed il massiccio sviluppo urbano caratterizzano il territorio di Gaza e ne fanno quasi un unico grande agglomerato di grandi dimensioni che trova in Gaza City la sua massima espressione. Operare militarmente in tale contesto presenta peculiarità ed aspetti specifici che debbono essere valutati a priori (per quanto possibile), e non durante l’azione, pena il fallimento di tutta l’operazione con perdite cospicue di Forze.
Nel caso degli israeliani, questi vogliono distruggere fisicamente i componenti di Hamas e liberare gli ostaggi con tassi di perdite proprie minimi.
Questi tre obiettivi sono totalmente divergenti e spiegano le tergiversazioni di queste settimane, nonostante la sicurezza espressa da Netanyahu. Nel mentre, per battere obiettivi già ampiamente conosciuti e mostrare alla propria opinione pubblica che qualcosa si sta facendo, eseguono interventi mirati su infrastrutture utilizzate da Hamas e su siti di lancio dei loro razzi.
Questo tipo di intervento provoca anche dannosi effetti collaterali essendo le milizie di Hamas inserite in un contesto urbano civile, da loro strenuamente ricercato, che provoca morte e distruzione anche nei confronti di chi non è parte attiva delle milizie di Hamas. Le cifre presentate nel distico, sopra, sono indicative della tragedia in atto per il popolo palestinese.
Si stanno eseguendo anche azioni offensive con unità di terra (fanterie e corazzati di limitato livello), per conseguire specifici risultati in condizioni di sicurezza (idealmente senza perdite proprie), e consentire alle truppe di assuefarsi ad operare in quello specifico ambiente.
I centri abitati nella pianificazione e condotta di operazioni militari vengono solitamente divisi per livelli. Quello di riferimento è il piano stradale, vi è poi quello della “terza dimensione” (edifici ed infrastrutture), e quello sotterraneo, al di sotto del piano stradale.
È possibile condurre operazioni simultanee o differenziate in ognuno di questi ambienti, a patto di avere Forze specialistiche per ognuno dei diversi livelli. Se condotte in notturna assumono aspetti ancora più peculiari. Va ricordato che se condotte su vasta scala, ad esempio in un quadrato di un chilometro di lato, vengono effettuate senza preparazione preventiva. Ciò significa che si dovranno impiegare unità altamente specializzate che sono per forza di cose numericamente limitate. Va aggiunto che tali operazioni hanno una durata di alcune ore su obiettivi altamente paganti e preordinati (liberazione di ostaggi, ricerca e distruzione di depositi di armi e munizioni, distruzione di posti comando). Se invece si vuole agire su vasta scala, come ad esempio avvenne a Stalingrado da parte dell'Armata rossa, è necessario agire sistematicamente dopo aver isolato la città con tutto ciò che contiene; poi, con tempi lunghi e forti perdite, procedere all’ingaggio degli avversari per condurli idealmente alla resa finale.
Ciò non sembra essere negli obiettivi della Forze israeliane che, privilegiando la sicurezza delle proprie truppe e dovendo operare in un ambiente dove gli elementi ostili sono, oggi più che mai supportati dalla popolazione locale sotto ogni aspetto, non possono permettersi di impiegare le loro potenzialità. Anche la questione degli ostaggi, che pare siano detenuti in strutture sotterranee vaste e non conosciute, impone tempistiche non brevi e l’impiego di risorse altamente specialistiche.
L’aspetto saliente degli abitati all’interno della Striscia di Gaza, che limita fortemente qualsiasi azione risolutiva risiede nell’impossibilità di separare gli elementi attivi di Hamas dalla popolazione residente che li sostiene, ma ufficialmente se ne differenzia, dimenticando che una organizzazione come Hamas può esistere e condurre atti ostili di tipo terroristico (nel senso che sono rivolti non nei confronti di unità militari israeliane e sono sempre di tipo insidioso), solo in quel tipo di contesto. Questo particolare teatro di operazione è proprio della Striscia di Gaza e non può essere replicato altrove. È un unicum che metterà alla prova non solo la capacità militare di Israele, ma la sua disponibilità a convivere con organizzazioni terroristiche che hanno come unico obiettivo la distruzione fisica dei residenti israeliani a qualche centinaio di metri di distanza. Una scia di sangue, sempre più innocente mano mano che si dilata il tempo della guerra reclamato da Netanyahu, che più si allunga, e si sedimenta nella memoria, e più allontana la speranza di un incontro tra i popoli. Ma di ciò, nessuno sembra più preoccuparsi.
* Col. in Ausiliaria Esercito Italiano
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