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Il "vizietto" della Germania a scatenare guerre mondiali

  • Menandro
  • 6 giorni fa
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 4 giorni fa

di Menandro


Dai vizi non è facile riuscire a fuggire, neppure quando si è già pagato prezzi inenarrabili. Probabilmente ci sarà una scrittura privata nel codice genetico che ne impedisce la cura o l'eliminazione definitiva. Al massimo, si può sperare che il vizio resti silente, ma come per il gene di una malattia non vi è garanzia che lo resti per sempre. Ed è ciò che accade alla Germania, la cui propensione alla guerra, ahinoi, ritorna prepotente a cicliche ondate, sotto forme diverse.

Ieri, diciamo l'altro, l'altro ieri, c'era la smania di grandezza del cancelliere Bismark, desideroso di fondare il nuovo Reich, se non millenario, come sarebbe accaduto qualche decennio dopo ad un tipo con i baffetti, almeno secolare. Fu così che in nome della Grande Germania decise di rivolgere le sue brame alla Francia e mettere sotto scacco il povero Napoleone III che dallo zio aveva ereditato oltre al nome anche un destino segnato dalla sconfitta: Napoleone a Waterloo, lui a Sedan, in fuga su una carrozza, poi catturato, come lo fissa un celebre dipinto iconografico.

Era il settembre del 1870 con cui si chiudeva la guerra franco-prussiana. Una pessima figura per la grandeur francese, che vedeva tramontare "les jours de gloire" della Marsigliese. Non sarebbe stata l'ultima, per la verità. Infatti, nel secolo successivo, sarebbe più volte accaduto all'Armée di ritrovarsi, per così dire, o a dare le spalle al nemico o ad abbandonare da sconfitta le colonie del fu Impero in Indocina e nel Nordafrica. Pagine di storia ingloriose che il generale e presidente della V Repubblica Charles de Gaulle ha provveduto con la sua altezza altezzosa a mettere sempre in ombra.

Sedan rimane però l'inizio di tutto. Di lì prese corpo in tutta la sua recrudescenza astiosa il revanscismo francese, l'odio per il furto dell'Alsazia e della Lorena, prodromico, ma non decisivo alla Grande Guerra e a tanti altri fatti e fatterelli (uno su tutti, l'affaire Dreyfuss con il diffuso antisemitismo in salsa transalpina). Davvero decisivi, invece, furono il Kaiser Guglielmo II e l'ordito della casta militare prussiana che approfittarono di un vecchio e stanco imperatore di un altrettanto esausto Impero Asburgico per scatenare la follia guerrafondaia e intingere nel caldo sangue della gioventù europea e non solo, le puntute baionette. Alla Germania andò male, come tutti sanno. All'Impero Austro-Ungarico, decomposto, e all'ultimo imperatore Carlo I d'Austria, decisamente peggio.

Le sorti non si ritorsero invece contro quel tipo con i baffetti, ex combattente, austriaco di nascita, ma tedesco in divisa con i gradi di caporale, non ancora criminale per la storia, ma già nell'animo, pittore di strada con l'ambizione di disegnare a propria immagine e somiglianza il mondo. Quel caporale voleva la sua battaglia e si industriò per trovarla, puntando tutte le sue carte sull'intramontabile idea di Deutschland über alles, über alles in der Welt ("Germania sopra a tutto, sopra a tutto nel mondo"), strofe dell'inno tedesco Das Lied der Deutschen (testo di August Heinrich Hoffman von Fallersleben, musica di Joseph Haydn), dal 1952 emendato delle strofe più controverse e imbarazzanti di quel passato vergognoso. Il secondo in epoca moderna. Per la cronaca, quel caporale si fece Führer del Terzo Reich, devastò l'Europa, invase l'Unione sovietica, anche con l'aiutino degli italiani, e con l'aiuto della sua banda di assassini trasformò la sua ossessione nella più terribile caccia alla persona che l'umanità ricordi: l'Olocausto.

Ora, il Cancelliere tedesco in pectore Friedrich Merz, un paladino del riarmo ad ogni costo, non ha nascosto l'intenzione, assecondando lo stile del presidente Zelensky, che ha mutuato la famosa legge americana degli anni Quaranta "affitti e prestiti" in "pretendi e ricevi", di dotare l'Ucraina di missili a lungo raggio Taurus, arma appositamente sviluppata "per compiere attacchi di precisione contro bersagli di alto valore penetrando le difese aeree avversarie voltando a bassissima quota verso l’obiettivo designato".

Insomma, l'ideale... per scongiurare il rafforzamento delle iniziative diplomatiche per soluzioni di pace, che ha ricevuto l'inevitabile protesta del Cremlino, ovviamente preoccupato della strategia tedesca che a differenza del passato ha come alleati di prima fila i nemici di un tempo, Gran Bretagna e Francia, l'assoluto (o quasi) sostegno dell'Unione Europea, al cui vertice c'è una sua connazionale che presume di risolvere qualunque problema mettendo mano al portafoglio, e come suggeritore Zelensky, che confida nella migliore delle escalation per dare una lezione a Putin e compagni che a suo avviso sono pronti a invadere (con quali armate?) il Vecchio Continente, dopo l'Ucraina.

Sullo sfondo rimane il presidente Donald Trump, che come tutti gli affaristi è riluttante a menare le mani se non è sicuro di vincere e non dà l'impressione di voler trascinare il suo Paese in un conflitto che finirebbe nel peggiore dei modi per tutti, americani inclusi. Morale: la coazione a ripetere è sempre pericolosa, ma quella della Germania può essere fatale. Almeno per questa volta, la si fermi.

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