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Cristiana Avalle

Il valore delle parole nel fine vita all'hospice del Cottolengo

di Cristiana Avalle [1]


Il recente intervento su La Porta di Vetro del geriatra Fausto Fantò[2] in relazione alla diffusione e alla centralità degli hospice in Italia, offre l'opportunità di estendere il raggio della riflessione sul loro ruolo che però finisce per restringersi attorno alla missione pratica che tali strutture assolvono, cioè all'accoglienza di pazienti bisognosi di cure palliative o che si trovano nella fase terminale della vita. Ne consegue che la natura e la complessità della malattia grave si ritrovino in un cono d'ombra, relegate in un'area circoscritta, accessibile soltanto agli addetti ai lavori. Un limite, a mio avviso, che nei fatti marginalizza e deforma uno degli elementi distintivi della malattia e dell’impatto che essa produce su pazienti e operatori sanitari: le esperienze traumatiche associate al dolore fisico e psichico che ne deriva, alla paura della fine della vita e di conseguenza al rapporto di ognuno di noi con la perdita e con il lutto. Ma quel limite si deve e si può affrontare. E ogni opportunità, diretta o indiretta, va colta al volo, fosse anche episodica, come l’emozione suscitata dall’inaugurazione – il 2 settembre scorso - del nuovo hospice del Cottolengo a Chieri. Una inaugurazione non convenzionale che ha regalato parole intense sia con la liturgia eucaristica officiata dal vescovo di Torino, monsignor Roberto Repole, sia con gli interventi istituzionali della Regione e dei municipi di Chieri e Torino.


Soltanto parole, si dirà, ed è vero. Ma se accogliamo i suggerimenti della psicoanalista Danielle Quinodoz (2009), le parole possono toccare[3] e trasmettere pensieri e allo stesso tempo diffondere sentimenti e sensazioni, anche corporee, alla ricerca di nuovi significati e nuove rappresentazioni. Sono aspetti della vita che riguardano tutti gli esseri umani ma, nello specifico, soprattutto gli psicologi clinici, impegnati nella cura del dolore psichico che sempre, nel lavoro terapeutico, s’interfaccia inevitabilmente con il pensiero e la paura della morte. Una malattia grave e l’idea della fine dell’esistenza espongono le persone a esperienze emotive molto intense e di difficile contenimento, che possono anche sconvolgere e disorientare. Nella natura dell'essere umano è infatti tendenzialmente presente la spinta a negare le limitazioni o le difficoltà, nel tentativo di superare i limiti imposti dal corpo e di conseguenza impedire la malattia e la morte; l’accanimento su questi aspetti però può determinare un eccessivo ripiegamento narcisistico, che ha come conseguenza il rifiuto delle inevitabili modificazioni del corpo oltre che della mente.

La nostra competenza clinica, è in questo contesto entro nelle vesti di psicoterapeuta e psicologa clinica presso il Cottolengo, deve poterci consentire di aiutare i nostri pazienti a tollerare ed elaborare questa sofferenza psichica, oltre che fisica, nella consapevolezza che la vita che sta passando mette in moto importanti processi di cambiamento e di confronto, che vanno possibilmente colti e valorizzati. Poter accettare queste trasformazioni, come quella da una condizione a un’altra o da uno stato mentale a un altro, permette di potersi avvicinare agli aspetti più profondi della relazione con sé stessi e con gli altri. E quando la prospettiva della fine della vita è così intensamente presente abbiamo bisogno di poter dare senso al vivere in presenza della consapevolezza della morte.

“Siamo continuamente impegnati a riflettere sul punto del transito e sulla funzione di aiuto che il lavoro psicoterapeutico può offrire per affrontare quel che resta del tempo senza smentire il valore della vita stessa o, per dirla con Winnicott, per fare in modo che la morte ci colga vivi (Ambrosiano, Gaburri, 2013)” [4]. In quest’ottica, il lavoro che svolgerà la Psicologia Clinica sembra integrarsi con i propositi di questo nuovo progetto dell’hospice, esplicitati a più voci, ed evidenziano la necessità di aiutare le persone a vivere dignitosamente ogni stagione della propria esistenza.


Note

[1] Psicoterapeuta, Psicologa Clinica,

[2] https://www.laportadivetro.com/post/valore-dell-hospice-e-principi-del-fine-vita [3] Danielle Quinodoz: “Le parole che toccano” – Edizioni Borla (2009) [4] Laura Ambrosiano, Eugenio Gaburri: “Pensare con Freud” – Raffaello Cortina Editore (2013)

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