IL RACCONTO. La ferrovia scomparsa del Mottarone
di Marco Travaglini
Il Mottarone (1491 m. s.l.m.) è sempre stato una montagna speciale, dolce nella fisionomia e maestosa nel posizionamento. Pur essendo tra le cime meno alte della catena alpina dalla sua vetta lo sguardo si perde su di un panorama a dir poco unico. Dalla sommità del Mottarone si può spaziare dalla catena dell’Appennino Ligure e delle Alpi Marittime al massiccio del Monte Rosa fino alle imponenti cime elvetiche, passando attraverso la Pianura Padana e la zona dei “sette laghi” (Orta, Maggiore, Mergozzo, Biandronno, Varese, Monate, Comabbio). Un tempo si poteva raggiungerne la vetta anche in treno. Infatti, la Società Ferrovia Stresa-Mottarone, svolse la sua funzione di pubblico collegamento tra il 12 luglio del 1911, giorno dell’inaugurazione, e la fine del 1962. Il tracciato della linea, lunga circa dieci chilometri, partiva da Stresa con un doppio capolinea: dal piazzale dell’imbarcadero della navigazione e dall’area antistante la stazione ferroviaria. I due rami si riunivano, appena fuori l’abitato, per continuare la loro salita sui fianchi della montagna, con un dislivello superiore ai mille metri. La ferrovia s’inarcava con un doppio sistema ad aderenza naturale e a cremagliera. L’alimentazione era a corrente continua a 750 Volt. Lungo la linea c’erano tre stazioni (Alpino, Gignese e Levo) e due fermate, cosicché l’intero percorso s’effettuava in un’ora e 15 minuti. Il materiale rotabile veniva ricoverato a Stresa ed era composto da 5 elettromotrici e 3 rimorchiate “a giardiniera”. Quattro carri di servizio completavano la flotta.
Nel 1920 venne costruito un carro speciale porta sci che veniva agganciato in coda durante la stagione invernale, consentendo agli appassionati di raggiungere comodamente le piste innevate dove praticare la loro disciplina sportiva. Le elettromotrici accoglievano ognuna fino a centodieci persone tra posti a sedere e posti in piedi.
Il servizio si basava su tre coppie di treni in bassa stagione e sei coppie in alta, con la possibilità di organizzare corse straordinarie su richiesta. La partenza della ferrovia venne rallentata a causa dello scoppio della Prima Guerra Mondiale ma, successivamente a questa, l’esercizio riuscì a mantenersi nel tempo e in attivo grazie ad una gestione accorta che seppe rispondere alle richieste del traffico locale e di quello turistico. Incredibilmente e paradossalmente le cose andarono meglio durante la Seconda Guerra Mondiale: infatti, non avendo subito danni rilevanti dagli eventi bellici, la ferrovia fornì un comodo collegamento per i milanesi sfollati e rifugiati sulle pendici del monte, tant’è che nel 1945 venne realizzato il record di 100 mila biglietti staccati!
Negli anni ’50 e ’60 si iniziò a dire che la ferrovia era antiquata, improduttiva e che un servizio automobilistico o funiviario avrebbero potuto sostituirla. Con un poco di lungimiranza, magari guardando all’esempio della vicina Svizzera, si sarebbe potuto investire sul rilancio e su di una moderna gestione di quella ferrovia turistica. Purtroppo la storia andò diversamente e così, nel giugno 1963, fu posta la parola fine alla Ferrovia Stresa-Mottarone. Le vetture furono rottamate o vendute. Successivamente il collegamento tra Stresa e il Mottarone venne svolto da una funivia, la cui stazione era peraltro distante dal centro cittadino, a Carciano. Fino a quando avvenne il tremendo incidente del 23 maggio 2021 quando la fune traente dell’impianto cedette causando la caduta di una delle cabine e persero la vita quattordici persone.
Quale sarà il futuro del collegamento è ancora un punto interrogativo. Dopo la chiusura della prima ferrovia col sistema a cremagliera in Italia e lo schianto della funivia il Mottarone, con la straordinaria vetta panoramica della “montagna dei milanesi”, è più solo e più lontano da Stresa. E la perla del lago Maggiore lo guarda intristita, ripensando con rimorso dell’occasione persa - e non fu l'unica - più di cinquant’anni fa.
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