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Il nuovo corso Usa: uscire dall’OMS peggiora la salute

Libero Ciuffreda

di Libero Ciuffreda


Donald Trump ha fretta e pare inarrestabile. Subito dopo la cerimonia di insediamento alla Casa Bianca il 47° presidente avvia la guerra ai dazi contro Messico e Canada (per ora), minaccia i Paesi che impongono tasse alle multinazionali USA, ripristina la pena di morte federale, replica quanto fatto nel 2017, dando una spinta al consumo di petrolio e gas, infischiandosene dei problemi climatici del pianeta e, non pago, annuncia che gli USA usciranno dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Quest’ultimo ordine esecutivo, sembra quasi una infantile e dannosa rivalsa contro coloro, come Anthony Fauci, uno dei massimi esperti al mondo di malattie infettive, che osarono sfidarlo durante la pandemia del COVID-19, obiettando all’approccio da sciamano di The Donald. Come dimenticare l’invito a bere la candeggina per sconfiggere il virus, o altre amenità antiscientifiche che Trump, insieme ad altri esagitati, in quel periodo proponevano, mettendo addirittura in dubbio i provvedimenti di distanziamento e l’uso delle mascherine per ridurre la diffusione del coronavirus.

L’OMS è stata fondata nel 1948, ad oggi ne fanno parte 194 Stati, praticamente tutti i paesi membri dell’ONU con la sola eccezione del Liechtenstein. Studia e segnala lo sviluppo di epidemie, promuove le iniziative di vaccinazioni (come quelle che hanno permesso di eradicare il vaiolo e di eliminare quasi del tutto la poliomielite) e campagne di sensibilizzazione. Il personale dell’OMS lavora in oltre 150 uffici e sei regioni del mondo, svolgendo attività di coordinamento e d’indirizzo in materia di salute all’interno del sistema delle Nazioni Unite.

Se è vero che la pandemia COVID-19 ha rivelato disfunzioni e carenze nei poteri e nei finanziamenti all’OMS, giustificando la richiesta, avanzata da molti Paesi di attuazione di riforme sostanziali, non sarà certo col ritirarsi dall’organizzazione che si possono risolvere i problemi di gestione della salute che, come abbiamo provato sulla nostra pelle, non conoscono confini e se ne fanno un baffo di dazi, muri e filo spinato. Trump ha motivato la sua decisione anche sostenendo che la quota con cui gli Stati Uniti contribuiscono al funzionamento dell’OMS sia troppo alta. Il governo statunitense copre circa il 20 per cento del budget annuale dell’organizzazione, con circa 110 milioni di dollari l’anno di contributi obbligatori e 1,1 miliardi di donazioni volontarie (Fondazioni).

Se la decisione verrà confermata l’uscita degli Stati Uniti dall’OMS diventerà effettiva nel gennaio del 2026, causando all’organizzazione enormi problemi su vari piani. È possibile che l’organizzazione debba ridurre alcune attività, con effetti anche su quelle centrali di sorveglianza e segnalazione delle epidemie, raccolta di dati sanitari degli Stati membri e definizione di standard internazionali di pratiche sanitarie. Il ritiro degli Stati Uniti rischia inoltre di rendere l’OMS più dipendente dai fondi della Cina e quindi di aumentarne l’influenza già considerata ingente non solo dal governo statunitense o dalla destra occidentale.

Anche il network medico scientifico internazionale ne subirebbe un grave danno, interrompendo anche la gran parte della collaborazione dell’OMS con importanti agenzie statunitensi come il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) e la Food and Drug Administration (FDA). Tutto ciò  renderà gli Stati Uniti più isolati, ma anche più autonomi e fonte di preoccupazione per il pianeta, se a questa decisione associamo lo strapotere americano nel campo delle big tech come l’intelligenza artificiale. Elon Musk, attivo sostenitore di Trump, certamente vorrà far pesare il milionario finanziamento erogato durante la campagna elettorale indispensabile per la vittoria del tycoon.

Un esempio purtroppo, drammaticamente attuale, delle conseguenze del minor finanziamento dell’OMS è rappresentato dalla possibilità di eradicare il virus della poliomielite. Un patogeno contro il quale esiste un vaccino sicuro ed efficace da decenni e oggi endemico in due paesi del mondo l’Afghanistan e il Pakistan, e recentemente tornato nella Striscia di Gaza. Paesi ove anche soltanto da un punto di vista etico gli americani, così come tutto l’Occidente, non possono abbandonare, non foss’altro per le grandi e gravi responsabilità che hanno da un punto di vista geopolitico.

L’azione unilaterale di lasciare l’OMS da parte degli USA per fortuna non avrà un’immediata applicazione e dovrà essere approvata dal Congresso. C’è da sperare che le voci preoccupate di grandi scienziati che arrivano da prestigiose università e gruppi di ricerca in campo sanitario non rimangano inascoltate. Altrettanto auspicabili saranno le iniziative dei Paesi membri dell’OMS e in particolare dell’Ue, affinché facciano comprendere che il “ritorno all’età dell’oro” può renderci tutti (compresi gli americani) più fragili e insicuri, più malati, non soltanto della sindrome dell’avidità, ma anche di quelle malattie che pur con mille difficoltà progressivamente la scienza medica ha imparato a diagnosticare e con sempre maggior successo a sconfiggere.


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