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Menandro

“Il malessere è più profondo”

Aggiornamento: 5 nov 2022

di Menandro


La parola più gettonata oggi sulle prime pagine dei quotidiani cartacei e on line è “flop”. Si tratta del risultato dell’affluenza ai seggi per i cinque referendum che non hanno raggiunto il quorum. Un disastro è stato scritto e detto. Ma per chi? La risposta rimane e rimarrà inevasa, perché non esiste risposta a un Paese da anni narcotizzato dalle banalità di mediocri al Potere espressione di partiti di carta, più aggregati diffusi di interessi personali che centri autentici di azione propositiva e politica nell’interesse collettivo, partiti personali privi di strategia e di visione progettuale senza le quali non esiste e non esisterà mai la forza di trascinamento dei cittadini per realizzare il cambiamento. Oggi, si addebita con faciloneria l’astensionismo al tecnicismo dei referendum. Presunta o vera che sia l’asserzione, si dimentica che gli stessi referendum sono il frutto di una costante inazione del Parlamento, in cui siedono donne e uomini eletti dal voto popolare, deputati e senatori che da undici anni, dal 2011, si ritrovano a votare la fiducia a governi guidati da Presidenti del consiglio esterne alla competizione elettorale: in ordine Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte e Draghi. Presidenti del Consiglio legittimi sotto il profilo costituzionale, ma non conseguenti ai valori e ai principi che la democrazia assegna alla dialettica politica che scaturisce dalla competizione elettorale su cui le forze politiche basano la loro esistenza e consenso. Morale: il malessere è ben più profondo di quello che si può anche correttamente attribuire al “tecnicismo” referendario. Malesseri diffusi, destinati a far nascere già zoppo il prossimo Parlamento che scaturirà del voto del 2023 per l’assenza di una riforma elettorale che segua coerentemente e razionalmente la riduzione del numero dei parlamentari. Il malessere è più profondo: lo ha ricordato stamane un ascoltatore di “Prima pagina”, lo storico programma di RadioTRe, commentando la “diserzione” – che come tutte le diserzioni è stata senza preavviso… – a Palermo di 174 presidenti di seggio su un totale di 600, che ha mandato nel caos la partecipazione al voto per l’elezione del sindaco e il rinnovo del sindaco consiglio comunale del capoluogo siciliano. Caos generato, secondo i più, della partita in programma a Palermo ieri sera allo stadio “Renzo Barbera”, match decisivo per il salto in serie B tra i rosanero palermitani e il Padova. Partita poi vinta dal Palermo. Malessere profondo che conferma lo scollamento quotidiano che si ripresenta sotto forme diverse, ma costanti, tra politica, istituzioni e società civile con le prime due affette da evidente atonia neurovegetativa, distaccate dalla realtà e dunque incapaci di comprenderla e di costruire di conseguenza soluzioni praticabili ed efficaci per prevenire il disagio. Ciò che appunto si richiede alle classi dirigenti.

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