Il 2024 nella sfera di cristallo tra elezioni, ripresa economica e guerre
Aggiornamento: 27 dic 2023
di Emanuele Davide Ruffino e Germana Zollesi
Cimentarsi nelle previsioni, per quanto redditizia rimane un'impresa sempre rischiosa, specie in una fase turbolenta come questa che viviamo, in cui l'unico aspetto certo è quello più deteriore per l'umanità, cioè la guerra, da quasi due anni in Ucraina, dal 7 ottobre nel Vicino oriente, nello scontro radicale tra Israele e Hamas. Per l'Italia, un altro elemento di certezza sono le elezioni, nel senso che lo siamo in servizio permanente effettivo, anche se non sempre abbiamo chiaro i problemi su cui discutere e soprattutto abbiamo un concetto singolare su chi sono gli alleati e gli avversari in politica. Parafrasando Churchill quando diceva “Gli italiani prendono le guerre come se fossero partite di calcio, e le partite di calcio come se fossero guerre” potremmo affermare che insultiamo gli ex alleati di governo come se fossero nemici storici e consideriamo gli alleati come futuri nemici.
Campagne elettorali: tanti slogan, pochi contenuti
L’ultimo esempio è offerto dalla non troppo diplomatica mancata rettifica del MEF[1], rinviata per anni e poi diventata impellente al punto da dividere maggioranza e opposizione, mentre il mondo reale, rappresentato dalle reazioni in Borsa (per nulla condizionate dalla non approvazione, anzi le reazioni sono state positive sia per gli andamenti azionari che per lo spread) e dalla maggioranza degli italiani che non conosce neanche i termini del problema, non sembra interessarsi molto. Con questi approcci la campagna elettorale si preannuncia piena di slogan e povera di contenuti: non si parlerà di riforma pensionistica (lasciando inalterato l’attuale giungla di norme e provvedimenti tampone, senza il coraggio di rendere attuale il principio contributivo e, conseguentemente, il rischio di perdita di voti) ed anche le promesse di nuovi bonus, o altre prebende, risultano sempre meno credibili (salvo qualche eccezione di carattere clientelare).
A tener banco saranno probabilmente i rapporti con l’Europa, argomento sempre più identitario e divisivo (la lezione Brexit è servita a poco) che permette di far ricadere sulla macchina burocratica europea (non priva di colpe) la responsabilità di tutto (in primis i problemi connessi con l’immigrazione: altro problema che nessuno vuole affrontare, ma tutti sono pronti a criticare quello che propone la controparte politica, in Europa come in America).
Nonostante tutto e nonostante l’assenteismo (nelle ultime elezioni locali in Turchia vi è stata un’affluenza del 11,66%, un po' poco per chiamarla volontà popolare!, ma per Erdogan è sicuramente l'ultimo dei problemi), la democrazia rimane ancora la migliore formula di governo per una società civile: l’alternativa sono i regimi dittatoriali o autocratici dove non solo sono puniti (e uccisi) gli oppositori, ma si impongono stili di vita a dir poco crudeli di cui è vittima la maggioranza delle popolazioni.
La spasmodica ricerca del "nemico interno"
La destabilizzazione geopolitica nuoce alla crescita economica ma serve ad alcune nazione a serrare le file contro un nemico straniero, potendo così accusare gli oppositori di tradimento: per esempio, Aleksej Naval'nyi, principale oppositore al presidente russo Vladimir Putin, è stato di recente trasferito in uno sperduto carcere nel circolo polare russo. O, come nel caso della Cina, a incendiare il sentimento patriottico con il "ritorno" in patria di Taiwan, giocando su un Occidente distratto dai suoi problemi, su tutti la guerra in Ucraina, e sugli Stati Uniti già nel vortice dello scontro elettorale probabilmente tra due attempati candidati sulla cui energia personale vi è più di un dubbio. Nonostante questo scenario, le previsioni di crescita economiche, seppur non entusiasmanti, sono ancora positive. È però evidente che tutto dipende dall'assenza di altri eventi catastrofici e dalla capacità delle potenze occidentali di superare lo scoglio elettorale con una visione prospettica che offra a tutte le popolazioni del mondo un modello di civiltà che dimostri la superiorità della democrazia su tutte le altre forme di governo.
Discorso diverso è quando non c’è il “nemico cattivo” da combattere, ma il nemico siamo noi stessi con la nostra capacità d’inquinare, con le stragi fomentate dall'odio politico o figlie del disagio personale (l'ultima quella di Praga) e le infinite violenze domestiche che caratterizzano sempre più le nostre società decadenti che non riescono a trovare la forza e, prima ancora, le basi culturali di fermare certi orrori che si perpetuano dentro le nostre mura.
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