"I morti a Gaza? Sono 50 mila", denuncia Haaretz da Tel Aviv
- Vice
- 4 giorni fa
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di Vice

I titoli della stampa internazionale, a commento dell'incontro (il secondo) di ieri, 7 aprile, con il presidente Donald Trump nello Studio Ovale della Casa Bianca, riportano che Benjamin Netanyahu lavora per cercare un altro accordo con Hamas. Genericismo, dietro cui si cela, riprendiamo l'opinione del Jerusalem Post, un evidente insuccesso, "a giudicare dalle reazioni dei politici". Aggiunge, con malcelata perfidia il quotidiano: "Dopo il loro precedente incontro a febbraio, i politici della coalizione li hanno inondati di elogi e benedizioni, ma ora c'è un silenzio assordante. Eppure, è risaputo che possono offrire lodi quando lo desiderano. Il secondo incontro di Trump con Netanyahu è stato, soprattutto, un evento, parte del quale è stato musica per le orecchie israeliane: pieno sostegno alla politica di Israele nella guerra contro Hamas a Gaza e un severo avvertimento all'Iran che sarebbe stato a rischio senza un accordo. Tuttavia, in parte è stato piuttosto stridente, per non dire altro".
L'altro, è la questione dei dazi del 17 per cento sulle merci israeliane, su cui il presidente Usa è stato piuttosto vago, l'aria del gatto che gioca con il topo, costringendo Netanyahu a recitare la parte del mercante prono al padrone, come riportato con voluta perfidia dal Jerusalem Post: "Guardi, signor Presidente, non abbiamo imposto dazi agli Stati Uniti, a differenza di alcuni paesi in tutto il mondo".[1]
Frustrazioni palesi in ambito commerciale che devono essere rimbalzate nella tromba di eustachio di Bibi Netanyahu all'interrogativo, scrive ancora il quotidiano, se "Israele smetterà di esportare 8 miliardi di dollari negli Stati Uniti oppure se gli Stati Uniti forzeranno l'importazione di merci per un valore di 8 miliardi di dollari? E, mentre il primo ministro israeliano si arrovellava su come placare le paure degli industriali in patria, Trump ha rilasciato la "seconda bomba", cioè il proposito di colloqui diretti con l'Iran per il nucleare. Un annuncio, in parte ridimensionato da Teheran e oggi dal ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, che ha confermato soltanto l'incontro delle delegazioni dei rispettivi paesi in Oman il 12 aprile, ma per colloqui indiretti ad alto livello. Comunque, da qualunque vertice si osservi l'annuncio di Trump, è un evidente altolà alle convinzioni di Netanyahu che ha sempre avuto l'ambizione di manovrare a distanza o condizionare i rapporti tra Iran e Usa.
Del colloquio, a Netanyahu non rimane altro che il solito premio impregnato di sangue, che il premier non ha esitato a riscuotere con la sua personale guerra contro i palestinesi. Nella notte, infatti, i jet dell'aviazione israeliana sono decollati per scaricare l'ennesimo carico di bombe e morte su Gaza. I raid hanno provocato la morte, secondo fonti del ministero della Salute di Gaza, gestito da Hamas, 26 morti. Bilancio che porta le vittime palestinesi nelle ultime 24 ore a 58 e a 213 i feriti. Cifre spurie, perché, sempre secondo il ministero, "diverse vittime sono ancora sotto le macerie e sulle strade, irraggiungibili dalle ambulanze e dagli operatori della Protezione civile".
Haaretz, quotidiano israeliano di opposizione al governo di destra, ha diffuso le seguenti cifre: dal 18 marzo, fine del cessate il fuoco, sono 1.449 le persone uccise e 3.647 i feriti dagli attacchi dell'IDF. Complessivamente, dal 7 ottobre, i morti sono 50.810 e almeno 115.688 le persone ferite. Numeri da brivido che hanno portato a pubblicare commenti sul quotidiano di questo tenore: "Nella Striscia, ci sono stati danni diffusi ai civili palestinesi per molto tempo, solo perché si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato. Sapete chi è considerato un terrorista a Gaza agli occhi dell'IDF? Chiunque venga ucciso. Ancora: [...] Chiunque abbia occhi e nessun pregiudizio sulla situazione sa che ciò che sta accadendo a Gaza è un genocidio. Perché quando si dice che "non ci sono persone innocenti a Gaza", si va bene uccidere persone solo perché sono gazawi =la definizione stessa di genocidio." Per contrasto, l'esercito israeliano ha sostenuto che le cifre del ministero di Hamas sono inaffidabili, perché non distinguono tra combattenti e civili. Tuttavia, l'IDF non ha fornito cifre alternative, mentre organizzazioni internazionali indipendenti hanno ritenuto credibili i rapporti del ministero.
Hanin Majadli, palestinese israeliana, editorialista di Haaretz, il 21 marzo scorso ha accusato il suo Paese di avere commesso il più grande massacro di bambini: 200 e 100 donne uccisi in un solo giorno e affermato che si tratta di "numeri che non sono non sono riportati dai media israeliani, e se lo sono, sono sempre minimizzati in modo scandaloso".[2]
Haaretz, nella sua permanente opposizione a Netanyahu, e per un approccio di sempre maggiore sensibilità rispetto ai massacri che si rinnovano a Gaza, ha realizzato un dossier dal titolo "50.000 palestinesi sono stati uccisi a Gaza. Ecco come è successo, giorno dopo giorno", firmato da Sheren Falah e Rawan Suleiman, di cui pubblichiamo alcuni passaggi, rimandando la lettura al sito web:
"Non c'è nessuno a Gaza che non abbia perso qualcuno che gli è caro: un figlio, una sorella, un compagno, un genitore, un amico. La morte tocca tutti. Coloro che sono tornati alle loro case a volte vi trovano delle ossa; Non sempre si sa di chi sono. Così Asma, 42 anni, residente a Khan Yunis, ha descritto la realtà della vita a Gaza, dopo 17 mesi di guerra.
I numeri sono quasi inconcepibili. Con la ripresa dei combattimenti dopo il crollo di un cessate il fuoco di due mesi, il ministero della Salute di Gaza, controllato da Hamas, ha riferito domenica che, dal 7 ottobre 2023, il bilancio delle vittime ha superato i 50.000 morti, una cifra quasi senza precedenti considerando la durata della guerra e le dimensioni della popolazione dell'enclave. Anche se una parte significativa delle persone uccise erano terroristi, la maggior parte non lo era, comprese molte donne e bambini, la cui morte Israele definisce "danni collaterali".
[...] Una delle ragioni dell'uccisione diffusa di civili nella guerra di Gaza risale a un ordine emesso dall'esercito israeliano il 7 ottobre, riportato dal New York Times lo scorso dicembre, che ammetteva il rischio di uccidere fino a 20 civili per attacco in migliaia di attacchi effettuati a Gaza e, "in alcune occasioni, " oltre 100 se l'obiettivo erano i "leader di Hamas".
Secondo il rapporto, oltre all'ordine che ha permesso l'uccisione di decine di persone innocenti per colpire i militanti, l'esercito si è spesso affidato a un modello statistico semplicistico per stimare il rischio per i civili e, in alcuni casi, ha effettuato attacchi ore dopo che gli obiettivi erano stati localizzati.
Secondo un'indagine del sito web +972, un sistema di intelligenza artificiale ha contrassegnato decine di migliaia di palestinesi a Gaza come obiettivi di bombardamento, compresi agenti di basso rango di organizzazioni terroristiche. Il sistema spesso contrassegnava anche individui con solo una connessione periferica con l'ala militare di Hamas, o con nessuna. Secondo l'indagine, altri sistemi automatizzati hanno condotto attentati contro gli obiettivi contrassegnati nelle loro case private – dove erano circondati da familiari e vicini – perché, dal punto di vista dell'intelligence, era più facile localizzarli automaticamente.
Questa è la trappola mortale in cui si sono trovati gli abitanti di Gaza da quando è scoppiata la guerra. Questa è stata la loro realtà quotidiana, giorno dopo giorno, rapporto dopo rapporto.[3]
Note
[3] Ignoring Massacres in Gaza City While Protesting for Democracy in Tel Aviv - Opinion - Haaretz.com
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