I “cottimisti” della violenza metropolitana
di Menandro |
Chissà che cosa prevede il contratto (in nero, naturalmente) per i teppisti delle manifestazioni, ritornati prepotentemente in auge con le proteste contro il (pur discutibile) Dpcm in molte metropoli del Paese. Le tariffe variano ovviamente da latitudine a latitudine, un po’ come le “gabbie” salariali degli anni Cinquanta e Sessanta, rispetto al costo della vita. Ma per le notizie filtrate dalle Commissioni interne di questi “cottimisti” della violenza metropolitana, al nord si viene pagati 200 euro per ogni cassonetto rovesciato; cifra che sale a 300 euro per danneggiamento grave, 400 per danneggiamento irreversibile, addirittura 750 euro se il cassonetto viene dato alle fiamme (nel prezzo sono inclusi l’indennità fumo e il doppio rischio professionale).
Un’altra voce salariale importante contrattata dai “cottimisti” della violenza è lo sfondamento dei bancomat: 1500 euro, cui si aggiunge una percentuale aggiuntiva nell’ordine del 10-15 per cento a secondo dell’importanza dell’istituto di credito nella classifica pubblicata dall’ABI, l’associazione delle banche italiane, e dalla Banca d’Italia. A fine anno è prevista anche la corresponsione di un premio a chi risulterà il vincitore per numero di bancomat sfondati. Premio molto ambito soprattutto tra i “cottimisti” storici, liberi docenti della violenza, personaggi itineranti e poliglotti, che si spostano da una manifestazione all’altra e da un Paese all’altro, indipendentemente dalla ragione della protesta e dal settore d’intervento (privato, pubblico, sportivo). Nella contrattazione nazionale perde quota invece lo sfondamento delle vetrine dei negozi: appena 100 euro, che salgono a 150 se la vetrina è di una grande catena commerciale. Ma non complesso, le “operazioni vetrina” sono considerate “azioni da generici”, scarsamente professionali, obiettivi di bruti privi di intelletto come direbbe il Sommo Poeta.
Infine, un capitolo a parte è il lancio di bombe carte, fumogeni, sampietrini e di scontro fisico con le forze dell’ordine. Sull’argomento, le Commissioni interne dei “cottimisti della violenza” sono restie a dare informazioni, forse perché in disaccordo tra di loro. Attorno si è alzato un alone (comprensibile) di riservatezza di natura geografica: c’è chi sostiene, per esempio, che a Napoli le regole d’ingaggio versus polizia e carabinieri siano meno pericolose, e di conseguenza di minor valore, per il sostegno offerto della manovalanza della Camorra. Stesso discorso a Roma per la presenza delle note famiglie mafiose. All’opposto, “i cottimisti” del nord rivendicano una produzione della violenza autoctona, frutto di “investimenti” (anche nel senso letterale del termine) selettivi sul territorio e l’uso di moderne tecnologie della distruzione. Insomma, il dibattito è aperto. La violenza pure.
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