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L'Editoriale della domenica. Malpensa e Berlusconi: aspettare chi e che cosa, la storia non insegna proprio nulla?

di Michele Ruggiero


In un paese che non ha la pretesa di essere normale, se non altro per non confondersi nei miraggi, ma che ha la doverosa caparbietà di agire nel profondo rispetto del buon senso, oggi non saremmo chiamati a discutere sull'intitolazione dell'aeroporto Malpensa a Silvio Berlusconi. A fermarci dovrebbe essere, come in un vecchio Carosello, la fatidica frase "basta la parola". Appunto, Berlusconi. Un personaggio fuori dal comune, ma così fuori da sentirsi sempre al di sopra di tutto e di tutti, e combinarne più di Bertoldo: sul piano giudiziario condannato, accusato di gravi reati e salvato dalla prescrizione; nei comportamenti quotidiani, straordinario mentitore e corruttore seriale con grande menefreghismo dell'etica e della morale comuni; indifferente nel coltivare amicizie e circondarsi di persone di dubbia fama, addirittura vicine alla mafia, con le quali una persona dotata di un minimo di prudenza non avrebbe preso neppure un caffè. Insomma, al netto delle simpatie o antipatie personali, dei pregiudizi politici, parliamo di una figura controversa che non ha minimamente arricchito l'immagine del suo Paese, se la memoria riporta anche soltanto alcune prime pagine di giornali e di riviste straniere. Forse avrà arricchito altri, ma non l'Italia nel suo insieme.

Eppure, pur con un piatto della bilancia stracolmo di queste "anomalie", che sono soltanto una parte a scartamento ridotto delle sue discutili, per usare una parolina, scelte di vita, c'è chi ha deciso, in virtù del potere che gli deriva dal suo ruolo - leggi il presidente dell'Enac, Ente nazionale aviazione civile - che è giunto il momento di tributargli un solenne riconoscimento postumo. Forse, a un anno dalla sua scomparsa, quasi a compensare la mancata elezione a Presidente della Repubblica in cui aveva fortemente creduto il fondatore di Forza Italia.

Ora, con il buon senso, è abbastanza evidente che c'è qualcosa che non funziona nella nostra comunità. Ma sarebbe ipocrita, per ciò che si è scritto sopra, dimenticare l'aspetto più sconcertante per cui ci ritroviamo - attoniti - a ritornare su Berlusconi in chiave apologetica: cioè il consenso goduto, anche da morto e per oltre trent'anni (politicamente) da vivo, di Silvio Berlusconi nel Paese. Il che ci rende tutti partecipi dell'assoluta legittimità della iniziativa del presidente dell'Enav, forte anche, si è portati a ritenere, della copertura del governo.

Ciò premesso, da una rapida lettura delle cronache di ieri, sabato 13 luglio, è emerso un intervento del sindaco di Milano Giuseppe Sala che si è rivolto a Marina Berlusconi, primogenita del più volte presidente del consiglio. In un post su Instagram, il primo cittadino meneghino ha argomentato con estrema coerenza la sua contrarietà all'intitolazione di Malpensa a Silvio Berlusconi, puntualizzando che "anche il più disattento cittadino capirebbe che [si tratta] di un atto puramente politico", preoccupante per il ruolo tecnico e non politico dell'Enac che porta a domandarsi quale "garanzia avranno i gestori degli aeroporti italiani, verranno forse penalizzati quelli che fanno riferimento ad amministrazioni di centrosinistra?".

Infine, ha aggiunto: "Lei ha vissuto sulla sua pelle quanto suo padre sia stato amato e odiato. Ma non era meglio aspettare, far sì che gli animi si distendessero, far leggere alla storia la vicenda di suo padre con più tranquillità? Perché dobbiamo tornare così presto a schierarci, viste le modalità con cui questa decisione è stata presa? Davvero lei è felice che questo dibattito si riaccenda subito? Glielo chiedo nel rispetto comunque totale delle sue opinioni".

Dunque, per il sindaco Sala sarebbe opportuno soltanto aspettare, anziché rifiutare, senza mezzi termini, come è opinione della metà degli italiani, l'iniziativa. Vizio antico, spiace scriverlo, quello di Sala, in cui si risente aria del passato e di vecchie atmosfere di debolezze e di compromessi, gli stessi che si sono frapposti nel chiedere l'applicazione e il rispetto della legge (Dpr 361 del 30 marzo 1957) per impedire a Berlusconi di scendere in campo, anziché giocare a condizionarlo sul conflitto di interesse, per poi finire inevitabilmente giocato da lui.

Ecco che la storia si ripete con altri personaggi e sotto altre forme, ma la sostanza non cambia. Uno smacco per i cittadini onesti e per coloro che non accettano la politica declinata (schiacciata) sull'interesse personale, indisponibili a patteggiare e a transigere su scandali e manipolazioni del pensiero e delle condotte.

Sconcertante, davvero. E non solo per la questione morale.


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