Hamas-Israele: la tregua tiene. Continua la liberazione degli ostaggi
di Maurizio Jacopo Lami
Nonostante le difficoltà tiene la tregua tra Hamas e lo Stato di Israele. Anche oggi sono stati liberati altri ostaggi, quattordici israeliani e tre tailandesi, oltre a un cittadino russo. Tra loro anche la piccola Abigail Edan, una bambina americano israeliana di quattro anni che ha perso i genitori nell'attacco del 7 ottobre.
Sono notizie che danno conforto pur tra tanto sangue versato - si pensi che il bilancio attuale delle vittime solo nella Striscia di Gaza è intorno alle 15.000 unità - e fanno sperare in ulteriori liberazioni e ulteriori accordi. Ipotesi tutt'altro che campata in aria. Secondo chi si è impegnato nelle trattative è possibile una proroga di due giorni di tregua e la liberazione di altri ostaggi. Sembra infatti che Hamas oltre ai cinquanta ostaggi israeliani che stanno ottenendo la liberazione in questi giorni, abbia una potenziale lista con altri 30 israeliani cui ridare la libertà.
A spingere in modo fortissimo per uno sviluppo positivo è il presidente americano Joe Biden che ha mandato a Doha, la capitale del Qatar, una unità segreta della Segreteria di Stato appoggiata da una robusta delegazione della CIA. Per dare un'idea dell'importanza della delegazione, è stato coinvolto addirittura William Burns, il potente capo della CIA, con il categorico ordine di ottenere risultati concreti: liberazione di ostaggi e tregua fra israeliani e palestinesi.
Non è stato assolutamente facile poiché al contrario Hamas e il premier israeliano Netanyahu partivano da posizioni lontanissime, e per convincerli ci si sono messi davvero in tanti e davvero di grande rilievo. Uno su tutti l'egiziano Mahmoud Tawfik, potente Ministro degli Interni, che sa moltissimo dei traffici lucrosi di Hamas nel contrabbando fra Egitto e Striscia di Gaza; ancor più coinvolto il suo connazionale Abbas Kamal, capo del servizio segreto egiziano, il Mukhabarat. Kamal, classe 1957, uomo schivo e sempre attento a non finire sotto i riflettori, è definito un amico fraterno del presidente egiziano Al Sisi: si occupa dei dossier più delicati, per esempio di trattative in Sudan, per far cessare la guerra civile, o di organizzare in passato un fallito colpo di stato in Etiopia, con cui l'Egitto ha rapporti pessimi. Altro protagonista della trattativa è Abbas Ibrahim, ex capo dei servizi segreti libanesi, grande protagonista dei complicati valzer politici mediorientali, abituato a giocare (e puntare) su molti tavoli. Della partita anche il Mossad, il servizio segreto israeliano, rappresentato dal suo capo David Barnea, che viene considerato ormai prossimo alle dimissioni dopo il disastro del 7 ottobre, di cui comunque è il meno responsabile tra le intelligence del Paese.
Barnea, classe 1965, capo del Mossad dal 2021, è stato accusato di privilegiare troppo lo spionaggio tecnologico (il famoso "Sigint", che nel linguaggio delle spie indica l'intercettazione dei messaggi) rispetto allo spionaggio sul campo ("Humint", il buon vecchio sistema dello spionaggio affidato a uomini sul campo e alle infiltrazioni). Se voleva ottenere un ultimo risultato positivo con cui difendere la propria posizione, la liberazione di diversi ostaggi gli ha offerto questa opportunità.
Ora c'è solo da sperare che le trattative del "mondo delle ombre" salvino altre vite e concedano altre tregue.
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