Guerra e diplomazia
di Michele Ruggiero|
Un bambino di 18 mesi è morto all’ospedale di Mariupol, una città che si trova alla fame e al freddo. Kiev, capitale di tre milioni di abitanti, è sotto assedio praticamente da dieci giorni. Sui civili in fuga piovono missili e bombe. L’elenco della disumanità che distrugge l’anima è infinito quando si apre il libro dell’Ucraina assediata dalle forze armate russe, mentre il presidente della Federazione Russa minaccia il peggio che sembra preludere alla cupezza del “replicante” Rutger Hauer nel film Blade Runner: “Io ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare”. Invece, noi umani le cose le abbiamo già viste e continuiamo a vederle così bene che l’immaginazione al confronto ci sembra il Paradiso.
Papa Francesco ha chiesto all’Angelus “fermatevi”. Invito che non ha bisogno di un destinatario, né di una casella fermoposta, ma di milioni di apostoli, di messaggeri tesi a sperare nella pace, a confidare in un rapido cessate il fuoco. L’obiettivo è da ricercare con fermezza, lucidità e freddezza, anche se siamo consapevoli che ogni secondo trascorso equivale a una vita umana che si spegne. Ma non è possibile fermare l’orrore con la bacchetta magica. Possiamo però unirci alla richiesta di quel “fermatevi” che vale anche per chi sostiene che la resistenza dev’essere nutrita con l’invio di armi, missili, carri armati e cannoni, cioè con il linguaggio del sangue.
L’Ucraina però non ha l’obbligo di trasformarsi in una ecatombe di innocenti. Né di dimostrare al mondo il suo coraggio sul campo. Ne ha da vendere, ma è tempo che lo dimostri anche al tavolo delle trattative, il campo migliore in cui l’intelligenza della diplomazia ha più possibilità di devitalizzare la forza bruta e spiazzare l’avversario che proprio sulla forza bruta ha fondato i suoi piani di aggressione e di travolgere insieme agli uomini anche il loro spirito. Un calcolo errato, ma dev’essere dimostrato.
La guerra in Ucraina è sporca, maledettamente sporca per gli interessi e le speculazioni che corrono in parallelo, che si incrociano, che si mimetizzano. Interessi e speculazioni che ancor più si rafforzeranno dietro le quinte, quando le macerie – come sempre, all’indomani della fine di ogni guerra – diventeranno merce di scambio per lucrosi affari. Infine, questa guerra è maledettamente sporca principalmente per come si è annunciata in anni neppure così lontani, per come si è amplificata sottotraccia e per come si sta combattendo.
Tuttavia, l’Europa non deve permettere che le si stravolga l’ideale di pace che la soccorre dal 7 maggio del 1945, quando la Germania nazista si arrese. Tocca ai cittadini europei combattere la rinascita di un nuovo nemico da utilizzare come spauracchio per incrementare il riarmo e fomentare l’odio tra i popoli. Tocca ai leader europei il colpo d’ala per ritornare proprietari dei nostri destini e interlocutori protagonisti di una nuova stagione di dialogo concreto e soprattutto proficuo.
Il muro di Berlino è caduto il 9 novembre del 1989. Sono passati oltre trent’anni dalla fine della Guerra Fredda. Un tempo sufficiente lungo, crediamo, per elaborare il lutto anche da parte di chi quel muro continua ad averlo nella testa per non sentirsi orfano di un superato e putrefatto ordine mondiale. Se poi lo si vuole davvero ricostruire, lo si costruisca pure, ma nell’anima all’insegna della pace. E che sia il più alto possibile, impossibile da scavalcare.
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