Guernica: l'inizio del terrore sulle popolazioni civili
- Marco Travaglini
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di Marco Travaglini

E' il 28 aprile 1937, un mercoledì, quando il Times pubblica un'impressionante corrispondenza dalla Spagna, dove da meno di un anno si combatte una furiosa guerra civile tra le truppe ribelli guidate dal generale Francisco Franco e la legittima Repubblica spagnola: “Il lunedì a Guernica è giorno di mercato per la gente delle campagne. Alle 16,30, quando la piazza era affollata, e molti contadini stavano ancora arrivando, la campana diede l’allarme. Cinque minuti dopo un bombardiere tedesco volteggiò sulla città a bassa quota, quindi lanciò le bombe mirando alla stazione. Dopo altri cinque minuti ne comparve un secondo, che lanciò sul centro un egual numero di esplosivi. Un quarto d’ora più tardi tre Junker continuarono l’opera di demolizione e il bombardamento si intensificò ed ebbe termine solo alle 19,45, con l’approssimarsi dell’oscurità. L’intera cittadina, con settemila abitanti e oltre tremila profughi, fu ridotta sistematicamente a pezzi. Per un raggio di otto chilometri, tutt’intorno, gli incursori adottarono la tecnica di colpire fattorie isolate. Nella notte esse ardevano come candele accese sulle colline”.

Appare così descritto agli occhi del mondo il dramma di un tranquillo paesino del nord della Spagna. Da quel giorno, Guernica diventa il simbolo di una tragedia, l'anticamera di che cosa sarà il futuro per le popolazioni civili coinvolte in una guerra, sottoposte ad un bombardamento dal cielo. Di lì, a poco più di due anni di distanza di tempo, lo scopriranno le città polacche, invase dai nazisti. Il 26 aprile 1937, il triste primato tocca alla piccola città dei Paesi Baschi, nella provincia di Biscaglia, nonostante non fosse un obiettivo strategico militare. Ma il bombardamento rientrava nella logica del terrore che la Luftwaffe tedesca sfrutta per radere al suolo oltre due terzi degli edifici e uccidere centinaia di persone, soprattutto donne e bambini. L’azione, decisa con cinismo da nazisti e franchisti, venne portata a termine dalla Legione Condor, unità volontaria dell'aviazione germanica con il supporto dell’Aviazione Legionaria, anch’essa un’unità volontaria e non ufficiale della Regia Aeronautica italiana. Sulla stampa italiana la notizia è oscurata. Non esiste. Le prime pagine dei quotidiani sono cariche d'enfasi per la bonifica di una palude a nord di Roma con le foto che ritraggono Mussolini "tra i rurali di Palidoro" e ancora il Duce mentre pianta un pino sul piazzale delle Tre fontane, l'area romana destinata all'Esposizione universale del 1941, che non vedrà mai la luce. La brutalità fascista si confonde nell'esaltazione per l'avanzata delle truppe franchiste in Biscaglia.

Quando la notizia di questo crimine contro l’umanità si diffuse tra l’opinione pubblica, Pablo Picasso era impegnato alla realizzazione di un’opera che rappresentasse la Spagna all’Esposizione Universale di Parigi del 1937. Decise così di realizzare un dipinto di notevoli dimensioni (quasi tre metri e mezzo per otto) che denunciasse l’atrocità del bombardamento su Guernica. Nel grande quadro non c’è traccia di colore, accentuandone la carica drammatica. Al centro un cavallo nitrisce di terrore, tra una donna che piange un bambino morto e altre figure che si trascinano o che ardono tra le fiamme che divorano le case. A sinistra, campeggia la figura di un toro, simbolo della Spagna e della forza di un popolo offeso dalla viltà di chi ha voluto far cadere dal cielo una tempesta di bombe senza che la città inerme potesse opporre resistenza. Quest’opera monumentale di Picasso divenne presto il simbolo della denuncia contro gli orrori della guerra. Quando la tela si trovava ancora nello studio dell’artista a Parigi, un ufficiale tedesco chiese con arroganza e superbia: ”Avete fatto voi quest’orrore, maestro?”. Con onestà Picasso rispose: “No, è opera vostra”.
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