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Guarda alle nuove generazioni la IV edizione del Festival Internazionale dell'Economia

di Mara Martellotta


Dal 30 maggio al 2 giugno occhi puntati su “Le  nuove generazioni del mondo”: è il titolo suggestivo che fa da filo conduttore della quarta edizione del Festival Internazionale dell’Economia che Torino ospita nelle sale del Collegio Carlo Alberto, in piazza Arbarello.

Dopo il successo delle precedenti edizioni, a ritroso “Chi possiede la conoscenza” lo scorso anno, "Ripensare la globalizzazione” nel 2023 e l'esordio del 2022 con “Merito, diversità e giustizia sociale”, il Festival torna nelle eleganti sale del Collegio Carlo Alberto con un tema dedicato alle nuove generazioni colte in un momento di disagio piuttosto accentuato, che riguarda diversi ambiti, lavoro, istruzione, salute mentale e vita sociale. Una sostanziale disaffezione verso il futuro e, di conseguenza, verso ogni tipo di impegno sta modificando il valore e il senso che i giovani attribuiscono al lavoro, alla famiglia, alla socialità e alla genitorialità, e innesca un ripiegamento che ragazze e ragazzi vivono isolandosi nel mondo dei social media.


Annunciati numerosi Premi Nobel

Il Festival Internazionale dell’Economia si apre al dialogo con il grande pubblico su questi temi, coinvolgendo istituzioni, università, imprese, mondo dell’informazione, attraverso un palinsesto di oltre cento appuntamenti, articolato in diversi formati di approfondimento con economisti, psicologi, sociologi e scrittori, tra cui i Premi Nobel Daron Acemoglu, James Heckman, Paul Krugman, Christopher Pissarides e Michael Spence. Tra i temi chiave trattati vi saranno il mercato del lavoro, le diseguaglianze sociali, l’emergenza demografica, innovazione e futuro dell’economia globale.

“La crescita della popolazione mondiale – spiega il professor Tito Boeri, l’organizzatore del Festival- si arresterà ben prima della fine di questo secolo perché ovunque il calo della fecondità è stato più forte di quanto ci si aspettava. Nei Paesi avanzati lo spopolamento è  già in atto e cumulativo e difficilmente reversibile perché diminuisce non soltanto il tasso  di fecondità,  ma anche il numero di donne in età fertile. Decenni di calo delle nascite ci hanno consegnato coorti in ingresso nel mercato del lavoro sempre più piccole e questo fatto ha avuto degli effetti sulla crescita economica,  sul tasso di innovazione e sul mercato del lavoro”.

La manifestazione è a cura dell’editore Laterza, Collegio Carlo Alberto – Torino Local Committee Talk, sotto la direzione scientifica di Tito Boeri. Riunisce Regione Piemonte, Città di Torino, Fondazione Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT, Università degli Studi di Torino, Politecnico di Torino, Camera di Commercio di Torino, Union Camere Piemonte, Unione Industriale Torino e Lega Cop, coordinate dalla Fondazione Collegio Carlo Alberto.


Carenze di manodopera a più livelli

“Siamo passati – aggiunge Boeri – da un mondo in cui c’erano troppi pochi lavori a uno in cui ci sono troppi pochi lavoratori. L’insieme dei Paesi OCSE soffre oggi di carenze di manodopera a tutti i livelli. I giovani dei Paesi avanzati hanno aspirazioni professionali spesso diverse da quelle per cui oggi si cerca personale. Tra le mansioni più richieste figurano l’assistenza domestica alle persone non autosufficienti, gli addetti alle pulizie, i camerieri, i baristi, tutte attività che offrono salari molto bassi, ritmi lavorativi pesanti scarse prospettive di carriera e in cui una grande percentuale di lavoratori dichiara di non riuscire ad arrivare alla fine del mese.

La domanda di famiglie e imprese è poi molto sensibile alle variazioni del costo del lavoro, calerebbe nettamente nel caso di salari significativamente più alti, riducendo l’assistenza alle persone non autosufficienti, oltre a molti altri servizi offerti alla collettività”. Inoltre, ha sottolineato, "molti giovani non lavorano e non sono parte del sistema formativo. Il fenomeno dei NEET (Not in Employement, Education and Training) è l’altra faccia della medaglia di un sempre più diffuso disagio giovanile".


Sempre più marcato il disagio giovanile

Negli ultimi quindici anni il profilo per età del malessere legato a stress e depressione è cambiato profondamente. Fino ad allora più di 600 indagini campionarie condotte in quasi duecento Paesi del mondo documentavano, in modo tra di loro coerente, andamento a campana del disagio per età. Il grado riportato di insoddisfazione per la propria vita aumentava con l’età, fino a culminare alla cosiddetta crisi di mezza età, per poi scendere in età anziana. Dal 2010 le cose sono cambiate e il disagio oggi è massimo tra gli adolescenti, e poi scende gradualmente con l’età. L’aumento del disagio tra gli adolescenti è corroborato dai dati sulle diagnosi degli stati depressivi fra gli iscritti ai College degli Stati Uniti e in altri Paesi.

È un disagio che si esprime in molteplici forme, dall’anoressia alla bulimia, alle dipendenze, agli atti di autolesionismo, alla violenza, ai suicidi, all’abbandono scolastico e rinuncia alla socialità. Coinvolge platee molto numerose. Secondo l’UNICEF sarebbero 11 milioni i bambini e gli adolescenti che soffrono di disagio psicologico nell’UE. Sono molte le spiegazioni che riguardano questi fenomeni, dalle conseguente apportate dalla pandemia da coronavirus fino all’uso massiccio e intensivo della tecnologia e dei social media. I possibili rimedi andrebbero cercati in alternativa all’uso ossessivo degli smartphone, piuttosto che la loro proibizione. I soldi del PNRR, invece di essere utilizzati per distribuire dispositivi elettronici agli studenti delle scuole elementari, sarebbe meglio destinarli alla costruzione di campi da calcio, palestre e piscine, incoraggiando alla vita sportiva e alla socialità”.

“La transizione dalla scuola al lavoro è sempre un fenomeno difficile – conclude Tito Boeri – soprattutto in Italia, tanto che mezzo milione di giovani altamente istruiti hanno lasciato il nostro Paese negli ultimi 10 anni. Noi, invece di interrogarci sulla ragione di questo esodo concentriamo l’attenzione  sull’immigrazione”.

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