Gli irriducibili di ieri e i “no pass” di oggi
di Menandro|
Non potevano avere compagno di strada migliore i replicator “no pass” che ieri hanno manifestato per l’ennesimo sabato consecutivo in numerose città d’Italia, come a Milano, dove in questo caso si è cercato di dare l’assalto alla Camera del lavoro, esattamente come sette giorni fa. Una replica in salsa meneghina dell’esercizio della violenza di strada perpetrata a Roma. Nel corteo, infatti, oltre a una dozzina di esponenti di Do.RA, un gruppo su cui indaga la Procura di Busto Arsizio (Varese) per tentata ricostruzione del partito fascista, c’era anche Paolo Maurizio Ferrari. Carneade, chi è costui? In realtà, Paolo Maurizio Ferrari non è un carneade, almeno nella tragica storia del terrorismo italiano. Su https://www.wikipedia.org la sua biografia è così riassunta: Paolo Maurizio Ferrari (Modena, 29 settembre 1945) è un ex brigatista italiano, appartenuto alle Brigate Rosse. Licenziato dall’azienda, Ferrari divenne un militante regolare delle BR e si trasferì a Torino, dove partecipò ai sequestri del sindacalista della CISNAL Bruno Labate e del dirigente FIAT Ettore Amerio. Il 27 maggio 1974 fu arrestato a Firenze, pochi giorni dopo il rilascio di Mario Sossi, del cui sequestro fu ritrovata una copia della rivendicazione sull’auto di Ferrari. […] fu il primo arrestato del cosiddetto “nucleo storico” delle BR, e nel 1978 ne fu il “portavoce” durante il processo di Torino. Fu condannato a ventun anni di carcere per sequestro di persona e rapina, e ricevette altri anni di condanna per avere preso parte alla rivolta (contro anche il sistema detentivo previsto delle carceri speciali) nel carcere dell’Asinara nel 1979. Paolo Maurizio Ferrari non si è mai dissociato dalla lotta armata e non ha mai beneficiato del regime di semilibertà: è uscito dal carcere soltanto nel 2004, dopo trent’anni di detenzione. Nel giugno del 2007 ha preso parte ad una manifestazione contro il regime del 41bis tenutasi presso il carcere dell’Aquila. Il 26 gennaio 2012 è stato arrestato nell’ambito di un’indagine sugli scontri relativi al progetto della galleria di base Torino-Lione. Il 27 gennaio 2015 viene condannato a 4 anni e sei mesi di detenzione per aver partecipato, assieme a migliaia di altri/e No-TAV, agli scontri con le forze di polizia il 27 giugno e 3 luglio 2011 in Val di Susa.
Ma ciò che fa di Ferrari una persona unica sullo sfondo dell’eversione è che non si è “mai dissociato dalla lotta armata, e per questo è stato soprannominato dai mass-media l’ultimo degli irriducibili”. Il primo ad essere arrestato, l’ultimo ad essere scarcerato, come si scrisse di lui nel 2004. Dunque, una persona che delle irriducibilità ha fatto un valore, un primato, un modo di intendere l’esistenza e di trasmettere anche i propri sentimenti. Ed è proprio questo l’aspetto più pericoloso, quando si manifesta insieme ad altre 10 mila persone, tutte convinte della legittimità di esternare la loro comune ragione, anche se la stessa confligge con la realtà, anche se la protesta non è credibile con quanto si è vissuto e si continua a vivere in uno stato di pandemia da quasi due anni.
L’irriducibilità irrazionale dei sentimenti peraltro ha un che di contagioso, non a caso si diffonde come un morbo: lo stesso che ha portato la mano del terrorismo a colpire “non la persona”, ma il ruolo, la divisa, la toga, il pensiero, la penna, la tuta, a uccidere, ferire e umiliare politici, forze dell’ordine, magistrati, docenti universitari, giornalisti, operai, sindacalisti, cittadini comuni. Lo stesso morbo che oggi fa scadere le ragioni dei no vax e no green pass a puro fiancheggiamento della violenza in nome di diritti sempre più evanescenti, mentre il contagio riprende la sua curva verso l’alto con nuovi obiettivi nel mirino, come per esempio gli operatori sanitari, infermieri e medici, coloro in prima linea nella cura degli ammalati che vogliono, lo sottolineiamo, guarire dalla Covid-19.
Dunque, irriducibili ieri e oggi, senza alcuni differenza, se non per numero di morti e per il modo con cui le vittime salutano questo mondo, in assoluta solitudine. Un silenzio che contrasta con gli strepiti di una piazza che ostenta il simbolo di quella irriducibilità come un diritto sconfitto già dalla storia.
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