Giorgia Meloni e la conoscenza (labile) della Costituzione
di Rocco Artifoni
È inutile giurare sulla Costituzione se non la si conosce e rispetta. Il Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni negli ultimi giorni ha rilasciato dichiarazioni che mostrano una palese impreparazione, per così dire, sul dettato costituzionale. Ecco qualche illuminante esempio della insufficiente preparazione di elementi (elementari) di diritto costituzionale da parte di chi oggi siede a Palazzo Chigi.
Giorgia Meloni ha accusato “i soliti noti”, che vorrebbero sostituire “un governo democraticamente eletto” con un “governo tecnico non eletto da nessuno”. Inoltre, il Presidente del Consiglio se la prende con chi vorrebbe “mettere in discussione il governo e capovolgere, ancora una volta, la volontà popolare”. Ma la Costituzione italiana non prevede che il governo sia eletto democraticamente, che sia il risultato della volontà popolare e non distingue tra governi tecnici e politici. In realtà “il Governo deve avere la fiducia delle due Camere” (art. 94). È il Parlamento che viene eletto “a suffragio universale e diretto” (art. 56 e 58).
Giorgia Meloni si è pronunciata contro il giudice del tribunale di Catania, Iolanda Apostolico, che ha respinto la convalida del trattenimento di tre migranti disposta dal questore di Ragusa, sostenendo che la sentenza ha “motivazioni incredibili” e che il giudice “si scaglia contro i provvedimenti di un governo democraticamente eletto”. Ma la Costituzione non prevede che il Presidente del Consiglio possa valutare la credibilità delle motivazioni dei pronunciamenti della magistratura e nemmeno che i provvedimenti di un governo (a prescindere dal fatto che sia o meno “democraticamente eletto”) non possano essere ritenuti illegittimi o incostituzionali. “La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge” (art. 101). E soprattutto “la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere” (art. 104).
Giorgia Meloni ha commentato la possibilità di una caduta del governo che presiede, dichiarando: “Se cado, si torna a votare”. Ma la Costituzione italiana non prevede che il Presidente del consiglio dei ministri possa sciogliere le Camere a suo piacimento. Soltanto “il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere” (art. 88). La democrazia costituzionale, infatti, si fonda anzitutto sulla divisione dei poteri. Invece Giorgia Meloni enfatizza il potere del Governo a discapito di ogni altro organismo costituzionale, attribuendosi l’investitura elettorale del Parlamento, l’insindacabilità delle decisioni governative da parte dei magistrati e persino la prerogativa presidenziale dell’indizione di nuove elezioni.
Tutto ciò potrebbe anche essere classificato nella casella del “già sentito e già visto”, poiché ricorda da vicino l’era berlusconiana. Ma proprio per questa ragione storica le affermazioni dell’attuale Presidente del Consiglio risultano più gravi. Sembra che la storia non insegni mai nulla, che si possano reiterare impunemente e senza vergogna affermazioni palesemente in contrasto con il testo costituzionale.
Di conseguenza, sarebbe auspicabile approvare una piccola riforma della Costituzione, che preveda che per ricoprire cariche istituzionali si debba preventivamente sostenere e superare un esame di comprensione della Carta fondativa della Repubblica. Perché per rappresentarla “con disciplina e onore” (art. 55), sarebbe utile e necessario risultare idonei, competenti e rispettosi.
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