G. Meloni "nomina" già oggi... i ministri, chissà domani con la riforma del premierato
di Rocco Artifoni
Intervistata da Maurizio Belpietro, direttore del quotidiano La Verità, il 14 maggio la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dichiarato: “Non ho mai pensato di fare un rimpasto di Governo. Anzi, tra gli obiettivi che mi sono data, tra le cose sulle quali mi piacerebbe fare la differenza, c’è proprio di arrivare a cinque anni con il governo che ho nominato. Questo non è mai accaduto nella storia d’Italia”.
Nella Costituzione vigente sta scritto che “il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri” (art. 92). Non esiste nessun governo che è stato nominato da Giorgia Meloni.
Non solo. Nel disegno di revisione costituzionale presentato nel novembre scorso dall’attuale Presidente del Consiglio dei ministri Meloni e dal Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa Alberti Casellati l’art. 92 della Costituzione viene così riformulato: “Il Presidente della Repubblica conferisce al Presidente del Consiglio dei ministri eletto l’incarico di formare il Governo e nomina, su proposta del Presidente del Consiglio, i ministri”. Quindi, nemmeno la riforma costituzionale del premierato prevede che il governo sia nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri.
La Presidente del Consiglio probabilmente crede di aver nominato l’attuale governo, anche se così evidentemente non è (e non sarà). Per dare una spiegazione alla dichiarazione di Giorgia Meloni forse bisogna prendere atto che il potere può creare dipendenza, euforia e allucinazioni. La storia ci insegna – purtroppo – che il potere di norma tende ad eccedere. Le Costituzioni servono proprio a questo: evitare o contenere gli abusi del potere.
Nello stesso giorno in cui Giorgia Meloni si è attribuita illecitamente il potere di nominare il governo, la senatrice Liliana Segre è intervenuta in Parlamento a proposito del “premierato”, dicendo: “Continuo anche a ritenere che occorrerebbe impegnarsi per attuare la Costituzione esistente. E innanzitutto per rispettarla. Confesso, ad esempio, che mi stupisce che gli eletti dal popolo – di ogni colore – non reagiscano al sistematico e inveterato abuso della potestà legislativa da parte dei Governi, in casi che non hanno nulla di straordinariamente necessario e urgente. Ed a maggior ragione mi colpisce il fatto che oggi, di fronte alla palese mortificazione del potere legislativo, si proponga invece di riformare la Carta per rafforzare il già debordante potere esecutivo”.
Da mesi gli esponenti del governo in carica - contro ogni evidenza - continuano a sostenere che il premierato non toccherà i poteri del Presidente della Repubblica. Invece Liliana Segre con acutezza ha detto: “Ulteriore motivo di allarme è provocato dal drastico declassamento che la riforma produce a danno del Presidente della Repubblica. Il Capo dello Stato infatti non solo viene privato di alcune fondamentali prerogative, ma sarebbe fatalmente costretto a guardare dal basso in alto un Presidente del Consiglio forte di una diretta investitura popolare”.
È evidente che negli ultimi decenni la politica è scivolata dalla partecipazione attiva dei cittadini alla scelta di un capo al quale delegare le decisioni per tutti. Liliana Segre ne è consapevole e non può tacere di fronte a questa deriva: “Non tutto può essere sacrificato in nome dello slogan “scegliete voi il capo del governo!” Anche le tribù della preistoria avevano un capo, ma solo le democrazie costituzionali hanno separazione dei poteri, controlli e bilanciamenti, cioè gli argini per evitare di ricadere in quelle autocrazie contro le quali tutte le Costituzioni sono nate”.
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