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Maurizio Jacopo Lami

Furiosa battaglia a Nuseirat: Israele libera quattro ostaggi

di Maurizio Jacopo Lami



Non ti abbiamo data per persa nemmeno un momento. Non so se tu lo credevi ma noi lo credevamo e sono felice che sia successo.


Benjamin Netanyahu primo ministro israeliano parlando con Noa , la ragazza ostaggio di Hamas liberata oggi dalle forze speciali israeliane 


I malvagi si illudono che il buio li protegga ma noi porteremo la luce e la giusta punizione


Uno dei motti dell' unità Yamam che ha eseguito insieme all'IDF la liberazione degli ostaggi 


E' una notizia che conforta e fa risorgere la speranza per gli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas: Noa Argamani, 25 anni, la ragazza diventata suo malgrado il simbolo stesso degli ostaggi israeliani per il filmato in cui la si vede portata via dai miliziani palestinesi, è stata liberata dai soldati dei corpi d'élite israeliani e con lei sono stati liberati anche altri tre ostaggi, Almog Meir, Andrey Kozlov e Shlomi Ziv, tutti in buone condizioni.

Per liberarli gli israeliani sono intervenuti contro due diversi edifici, ingaggiando una furiosa battaglia nel campo profughi di Nuseirat, lo stesso dove pochi giorni fa era stata bombardata una scuola delle Nazioni Unite per il sostegno ai profughi,[1], utilizzata dagli uomini di Hamas, secondo Tel Aviv; l'operazione è costata oltre quaranta vittime alla popolazione civile palestinese, un pedaggio di cui si è già dissolta l'eco nella salva di celebrazioni con cui il primo ministro Netanyahu prosegue nella sua opera di conservazione del potere che rischia però di isolare il suo Paese dal resto del mondo, perché prima o poi questa guerra, per la quale sono morti oltre 36 mila palestinesi finirà e i crimini passeranno davanti ai giudici internazionali.

I dettagli dell'operazione sono stati spiegati come sempre dall'inizio del conflitto da Daniel Hagari, il portavoce militare, che ha dichiarato: "È stata un' operazione complessa, progettata da diverse settimane, che si è svolta sotto un pesante fuoco nemico. Abbiamo affrontato decine di terroristi islamisti e li abbiamo abbattuti. Anche la Marina militare ha collaborato con fuoco di copertura. Per arrivare a questo risultato abbiamo lavorato in molti modi, raccogliendo informazioni, intercettando messaggi, interrogando prigionieri. Abbiamo raccolto informazioni insieme a servizi segreti di Paesi alleati. È una grande gioia questo successo che premia gli sforzi di tante tante persone e soprattutto ridà speranza all' intera nazione di Israele" Hagari ha smentito che nell'operazione sia stato ucciso Mohammed Deif, capo delle Brigate Qassam, uno dei principali dirigenti di Hamas: "se così fosse ve lo avrei detto". Perentoria la dichiarazione del ministro della Difesa Yoav Gallant: "La missione di salvataggio di sabato per liberare quattro ostaggi è una delle operazioni più eroiche che ha visto in tutti i suoi anni nell'establishment della sicurezza".

Nello specifico, l'IDF, l'unità Yamam (una polizia di frontiera israeliana impiegata per le imprese più rischiose), e la Marina israeliana hanno attaccato il campo con "grande uso di fuoco di copertura" e ingaggiato battaglia con gli islamisti. Sul terreno sono rimasti almeno quindici terroristi, ma altre fonti aumentano il bilancio finale fino ad addirittura "cinquantacinque morti e diverse decine di feriti gravi". Hamas parla di oltre duecento perdite subite. n uno era custodita Noa. Nell'altro i tre ostaggi uomini, . Sono tutti illesi, il che ha quasi del miracoloso, considerata la difficoltà dell'operazione. 

La liberazione dei quattro ostaggi è arrivata prontamente in tutte le Cancellerie occidentali che sostengono Israele. E nel riportare i commenti tra gli altri del del presidente francese Emmanuel Macron, il quotidiano israeliano Haaretz ha sottolineato il passaggio del presidente americano Joe Biden, che ha preso spunto dalla notizia per ribadire che gli Stati Uniti non smetteranno di lavorare "fino a quando tutti gli ostaggi non torneranno a casa e non sarà raggiunto un cessate il fuoco. Questo è essenziale perché accada".

Gli ostaggi erano stati tutti catturati al famoso rave party in cui il 7 ottobre erano intervenuti i miliziani palestinesi: due erano invitati, fra cui Noa, gli altri erano giovani addetti alla sicurezza.

In ogni grande tragedia moderna esistono immagini che diventano simboli: era così già ai tempi della Seconda guerra mondiale (il bambino ebreo che alza le braccia nel ghetto di Varsavia, i marines statunitensi che piantano la bandiera sul monte Suribaki, nel Pacifico, il soldato dell'Armata Rossa che sventola la bandiera sulle macerie di  Berlino) e con l' era Internet tutto si è ingigantito.

Noa è diventata il simbolo stesso degli ostaggi israeliani perché è stata filmata mentre veniva portata via in moto subito dopo il rapimento. Il suo viso, mentre la moto si allontanava, era l'immagine stessa della disperazione. La mente umana ha bisogno di figure, di immagini che rappresentino una situazione. Il filmato di Noa è diventato così il riassunto iconico della tragedia degli ostaggi israeliani rapiti il 7 ottobre. A rendere ancora più intensa la vicenda il fatto che la madre di Noa ha un cancro al cervello e le resta poco da vivere. Aveva implorato i rapitori di restituirle la figlia prima di morire e si era sentita rispondere (ovviamente a distanza): "e i nostri martiri allora? Chi pensa a loro?".

Ora arrivano le prime immagini in cui si vede Noa riabbracciare il padre e mostrare una sorprendente vitalità dopo otto mesi di durissima prova.

Ha dichiarato che si emoziona particolarmente a parlare in ebraico: "è da così tanto tempo che non potevo farlo". La ragazza ha parlato al telefono con Benjamin Netanyahu che le ha espresso "l'abbraccio di tutta la Nazione".

La liberazione degli ostaggi ha ridato speranza all'intera Nazione che vede finalmente i servizi israeliani ricominciare a raccapezzarsi nel difficile scenario di Gaza.

Intanto Benny Gantz, il ministro del Gabinetto di Guerra israeliano, che aveva minacciato di dare le dimissioni se non ci fossero state grandi cambiamenti proprio entro oggi, 8 giugno, ha cancellato il suo discorso di addio. Ora con ogni certezza si confronterà con Benjamin Netanyahu, il primo ministro israeliano, per decidere la strategia dei prossimi giorni. È probabile che la trattativa con Hamas salterà anche perché non si vedono alcun segno di progresso. Hamas d'altronde non sembra riuscire ad abbassare le proprie richieste.

In Israele si segnalano scene di aperta gioia ovunque. Dopo tanti mesi finalmente si comincia a sperare di non essere più nel buio. A rimanervi, sono soltanto i palestinesi di Gaza con le loro distruzioni e morti.


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