Forze armate d'Europa: troppi non detti nell'incontro di Parigi
di Mercedes Bresso

Che lezione possiamo tirare dal terrificante incontro di Monaco e dal seguente di Parigi, convocato, forse, per cercare di mandare un segnale di unità e di forza da parte dell’Europa schiaffeggiata dal vicepresidente degli Stati Uniti? Cominciamo dal bicchiere mezzo vuoto:
- Donald Trump ha chiaramente un progetto politico imperiale, nel quale l’Europa non è più considerata un alleato ma un ostacolo se non una possibile preda (vedasi la volontà di annettere la Groenlandia). Progetto che va ben al di là dei suoi rapporti con noi (ricordiamo il Canada, il Messico, Panama, ecc.).
- Per quanto ci riguarda, ormai è chiaro che per il presidente americano la NATO non esiste più, almeno in quanto alleanza fra pari per difendere l’Europa, in passato dagli attacchi sovietici, poi da quelli potenziali russi.
- La Casa Bianca però non dovrebbe dimenticare che le basi NATO sul nostro territorio, e a nostro rischio, hanno anche permesso, e permettono agli USA di tenere armi atomiche sul confine con i russi, mentre questi non hanno tale possibilità. Io credo che nessun leader europeo dovrebbe dimenticare che se mai scoppiasse una guerra fra le due superpotenze le basi Nato (americane?) in Europa sarebbero le prime ad essere oggetto di attacco russo. Se non siamo più alleati alla pari non andrebbe ridiscusso questo assetto?
- Non è vero che l’Europa è stata irrilevante nella difesa dell’Ucraina.[1] Le sanzioni sono l’unica misura che ha funzionato, il quasi annullamento degli acquisti di gas è stato un grave danno per i russi, i beni confiscati agli oligarchi sono in mano nostra e si possono usare per la ricostruzione o per nuovi aiuti. Anche gli aiuti in armamenti sono stati importanti e fondamentali per la difesa Ucraina, della quale peraltro ospitiamo milioni di rifugiati. Qualcuno dei nostri leader lo ha ricordato al vicepresidente Usa James D. Vance ?
- Dunque meglio sarebbe aprire noi la questione della ridiscussione degli accordi NATO, chiedendo chiarimenti e avanzando richieste per accettare, eventualmente, l’aumento degli stanziamenti.
A Parigi tutta l’opinione pubblica avvertita si aspettava una dichiarazione che desse il senso di una forte unità degli Stati più forti d’Europa in difesa del diritto dell’Ucraina a partecipare ai negoziati sul proprio futuro e dell’Unione Europea di esserci perché questo riguarda la messa a rischio potenziale di migliaia di chilometri delle proprie attuali frontiere e perché gli USA hanno dichiarato che dovremmo assumere il controllo di peace-keeping sulla frontiera russo-Ucraina come ridefinita dagli eventuali accordi di pace. Frontiera che dovrebbe presto diventare una frontiera dell’UE dopo l’ingresso dell’Ucraina.
Chi può immaginare che possiamo accettare che altri (e comunque degli USA non più amici) possano decidere del nostro futuro? Invece la risposta non è stata chiara, ognuno è andato per proprio conto e mi pare che la dimostrazione di forza non ci sia stata.
Ma c’è un bicchiere mezzo pieno?
Secondo me è il fatto che solo in situazioni difficili l’Europa riesce a fare dei concreti passi avanti e che lo fa anche tenendo conto di ciò che pensa l’opinione pubblica o sotto la spinta della necessità. Quindi è legittimo sperare che qualcosa farà.
È necessaria un’azione che parta dalla consapevolezza, ormai patrimonio di larga parte dell’opinione pubblica europea, dalla stampa, agli esperti, ai comuni cittadini ma, sembra, non ancora dei nostri governanti, che serve la creazione rapidissima di una Difesa Comune Europea, che certo in prospettiva richiederà la modifica dei trattati, ma che può essere avviata da subito, dando una risposta forte e immediata ai vili attacchi che stiamo subendo anche da un nostro (sic) alleato oltre che dal solito Putin e accoliti.
Proprio ieri il movimento federalista europeo ha lanciato un appello ai capi di Stato e di governo dell’Unione Europea, che riprendo nei punti principali e che mi pare possa servire per chiarire le diverse opzioni sul campo tra le quali i suddetti Capi dovrebbero scegliere:
1) oggi nessuno ha il potere di decidere come reagire;
2) spetta ai governi più responsabili prendere il coraggio di aprire la strada;
3) i cittadini europei vogliono una difesa comune, con percentuali altissime come dimostrano i sondaggi;
4) in questo momento non si riesce ad ipotizzare altro che un riarmo dei singoli paesi, includendo l’obiettivo di accrescere l’integrazione e l’Inter operabilità ma solo su base volontaria, che non sarebbe sufficiente;
5) occorre, invece, una forza armata europea e in parallelo occorre avviare la formazione di una testa politica unica.
Vediamo due opzioni che permetterebbero di agire con immediatezza:
- una prima opzione è quella di forzare la base giuridica offerta dai Trattati esistenti, in particolare la Cooperazione strutturata permanente, già in atto, per costruire nuovi organismi decisionali in grado di prendere decisioni a maggioranza in materia di investimenti comuni e dispiego di forze militari, coinvolgendo Commissione e Parlamento in un embrione di governo sovranazionale all’interno dell’UE. ( nella cooperazione strutturata decidono solo quelli che partecipano e a maggioranza);
- una seconda opzione è creare questa cooperazione, per dar luogo a un embrione di governo comune, al di fuori dei trattati, usando il modello del MES, magari comprese le sue risorse, con l’impegno a riportarlo successivamente all’interno dell’Unione.
Naturalmente l’obiettivo finale dovrebbe essere una riforma in senso Federale dei Trattati, magari partendo dalla richiesta di aprire una Convenzione come richiesto nel novembre 2023 dal parlamento europeo che ha adottato anche una proposta di modifica.
Però i tempi stringono e non sono dettati da noi; occorre agire in fretta e gli strumenti ci sono: ci saranno anche dei leaders capaci di agire in fretta e gli strumenti ci sono: ci saranno anche dei leader capaci di usarli?
Note
Comments