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Festival dell'Accoglienza: "La montagna come contesto narrativo"

Aggiornamento: 25 set

di Sofia Gallo


Tardo pomeriggio pienamente riuscito ieri, 23 settembre, nella sede della Pastorale Migranti di Torino in via Cottolengo 24 bis per l'incontro, co-organizzato dalla Porta di Vetro, dal titolo "Montagne terre mobili: le migrazioni e le Alpi piemontesi".[1] Si è così realizzato un momento di riflessione sul tema, in cui è stata presentata copia dell'opera “Grano nuovo” dello scultura Gabriele Garbolino Rù (sotto l'egida del "Museo Civico Alpino Arnaldo Tazzetti").[2]

Aperto dal responsabile della Pastorale Migranti, Sergio Durando e dall'animatore della "Bottegadellalpe", Marco Cavaletto, il dibattito si è sviluppato su una traccia disegnata dalla giornalista Laura de Donato, cui sono seguiti gli interventi di Gabriele Garbolino Rù, di Alberto Tazzetti, presidente Associazione amici del Museo civico di Usseglio, di Michele Ruggiero, giornalista e presidente dell’Associazione La Porta di Vetro, di Maurizio Dematteis, direttore dell’associazione Dislivelli, del giornalista Valter Giuliano. In chiusura, l'intervento della scrittrice Sofia Gallo, autrice di numerosi libri che hanno come sfondo la montagna, che per la Porta di Vetro ha scritto una breve riflessione.

La montagna, declinata in molti modi, come natura, ecosistema da preservare, come spazio di libertà, riflessione o solitudine, come confine o ponte, come rifugio e come sfida, è presenza importante, più che un mero sfondo in molti miei racconti recenti e meno recenti.

Cito I lupi arrivano col freddo (EDT) ambientato tra le montagne crude del kurdistan turco, La mia scuola non si tocca (Notes edizioni), dove un borgo alpino vive un graduale e inesorabile abbandono, Un’estate in rifugio (Salani) che fotografa chi decide di vivere di montagna e Fuga nella neve (Salani) drammatica avventura di due cuginetti ebrei nei terribili inverni del ’43 e’44.

Una co-protagonista la montagna, dovrei dire, perché l’intento non è mai descriverla o spiegarla, ma cercare di farla vivere con gli occhi dei personaggi e con il ritmo delle storie. Personalmente, rivolgendomi soprattutto a un pubblico giovane, cerco di far alzare lo sguardo dei miei lettori dagli schermi dei loro cellulari, aiutarli a osservare e a essere soggetti del loro osservare.

‘Accoglienza’ non deve rimanere una parola astratta, e affinché diventi un’attitudine, un modo di essere e di pensare, è necessario che ci sia educazione all’ascolto degli altri e al rifiuto del pregiudizio.

Tutti hanno una voce e quella voce fa sentita e ha diritto di risposta. Io racconto la montagna come luogo privilegiato di accoglienza, perché la meraviglia, gli incontri e gli scontri, il coraggio e la diffidenza, possono tradursi in progetti comuni, in ‘cose’ concrete, come elaborare un lutto, costruire un rifugio, liberare un pascolo, prendersi cura degli animali, riadattare ruderi disabitati, porgere l’orecchio alle storie tradizionali e insieme costruire o ricostruire comunità.


Note


[2] L'originale sarà presente presso l'Archivio Stato in piazzetta Carlo Mollino (sotto i portici del Teatro Regio) dal 28 settembre, all'interno della mostra itinerante "Memoria e Accoglienza" realizzata dal "Museo Civico Alpino Arnaldo Tazzetti".






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