Feste tra gioia e disperazione
di Luca Rolandi
Il tempo di Natale è un periodo sospeso, in cui la festa, momenti di spensieratezza e gioia si moltiplicano così come il ricordo e le relazioni sopite dalla frenesia dell’ordinario si placa anche solo per un semplice augurio.
Ma sotto la patina della festa comandata sempre meno ispirata dal mistero religioso o solo parzialmente riconducibile alla ricongiunzione familiare, si cela una differenza profonda e a volte drammatica di chi ha troppo e chi niente, neppure più la dignità di persona. Accade questo ovunque e accade anche in mezzo a noi, nella nostra città.
Gli invisibili, gli ultimi, i poveri ci sono e sono persone come noi. Ci interrogano sul nostro essere e fare in questo tempo e in questo mondo, più di ogni altra considerazione sociologica. Nelle due città convivono la gioia e lo sfarzo, le luci della discoteca, le tavole imbandite e la solitudine, la sofferenza interiore ed esteriore, la dimensione esistenziale che si sfarina nelle vicende di esistenze che magari prima erano parte di quella spensierata e all’apparenza normale.
Tutto questo non può che interrogarci e farsi pensare, in silenzio e non solo, sulle nostre vite. Resta l’«oscuro sentimento dell’ingiustizia» richiamando Arthur Schopenhauer, l’aumento esponenziale delle disuguaglianza, del troppo e del niente, della sofferenza e del destino, della fortuna o del caso. Una debole coscienza che la volontà ha del proprio conflitto con sé stessa si scontra con le proprie certezze.
I diritti acquisiti, se non condivisi e allarganti, diventano effimeri e non totalmente e consapevolmente vissuti. Se l’ingiustizia provoca dolore, e se questo dolore non resta limitato al fenomeno ma tocca la cosa in sé, chi lo subisce e chi ne è estraneo, ciò consente non certo il conseguimento del bene, ma almeno la limitazione del male e delle sofferenze dell’altro che è parte di noi.
Comments