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Rocco Palombella

Ex Ilva, il baratro dietro la siepe

di Rocco Palombella

Ieri, 30 ottobre, ennesimo e interlocutorio incontro a Palazzo Chigi sulla situazione del Gruppo ex Ilva, Acciaierie d'Italia, per il quale non si intravede ancora una via d'uscita. Sono trascorsi dieci mesi dal Natale dello scorso anno, quando sembrava che si fosse giunto al definitivo intervento per salvare l'acciaierie più grande d'Europa. Non è così, evidentemente. Intanto, è la cronaca giudiziaria ad occuparsi della società in amministrazione controllata che risulta essere tra i clienti di Equalize, il network di presunte cyber-spie al centro delle indagini della Dda di Milano e della Dna che ha portato 4 persone ai domiciliari, a seguito dei legami con il proprietario Enrico Pazzali. L'Sex Ilva, con 8 stabilimenti in tutta Italia, impiega circa 10mila dipendenti, di cui 8mila a Taranto, circa mille a Genova 948 e oltre 500 a Novi Ligure.

Sulla riunione istituzionale di ieri con i sindacati, il commento del Segretario generale della Uilm-Uil, Rocco Palombella.


Dal Governo abbiamo ricevuto risposte parziali e insufficienti che ancora non ci fanno stare tranquilli. Abbiamo chiesto chiarezza sulle risorse disponibili e sullo stato della gara e soprattutto abbiamo continuato a ribadire la necessità di una piena garanzia occupazionale per tutti i lavoratori diretti, indiretti e dell’appalto. Come sapevamo, dei 15 soggetti che hanno manifestato interesse solo tre sono interessati all’intero Gruppo e questo ci preoccupa. Come se non bastasse, le società italiane che hanno manifestato interesse sono interessate a singoli stabilimenti o impianti. Ora ci aspettiamo dal Governo che ci sia la massima attenzione nel privilegiare soggetti credibili che garantiscano occupazione, tutela ambientale e futuro produttivo con un programma duraturo, non i due anni previsti nel bando. La ripartenza dell’altoforno 1 è stata spettacolarizzata in modo inopportuno, visto che abbiamo oltre 2.500 lavoratori in cassa integrazione, impianti fermi e una produzione, intorno ai due milioni di tonnellate alla fine dell’anno, che segnerà il record negativo nella storia dell’ex Ilva. 

La proroga della cassa integrazione per tutto il 2025 senza accordo sindacale non risolve i problemi. È arrivato il momento di passare dalle parole ai fatti concreti per quanto riguarda il protocollo firmato da ADI e Dri Italia. Si tratta del miliardo di cui sentiamo parlare da tre anni, prima previsto nel PNRR, poi inserito in un altro fondo perché non si potevano rispettare i tempi previsti dell’utilizzo entro il 2026. 

Serve un cronoprogramma specifico degli investimenti e della partenza degli impianti di verticalizzazione per avviare finalmente la decarbonizzazione. Non è più il tempo delle parole, vogliamo sapere quando si parte con la costruzione dell’impianto di DRI e dei forni elettrici e quando andranno in marcia. Per non ripetere gli errori del passato, è indispensabile una partecipazione statale che abbia il ruolo di effettivo controllo e garanzia a favore dei lavoratori, con poteri reali e non di sola rappresentanza. Lo strumento della golden power è insufficiente e non risolverebbe i problemi accaduti in passato in caso di gestione disastrosa. Inoltre è  necessario prevedere un piano di strumenti di agevolazione per la maturazione anticipata dei requisiti pensionistici per i lavoratori che ne sono in prossimità".


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