Europa, ci ritorni in mente... Il voto del 9 giugno 2024
di Giancarlo Rapetti*
Il 9 Giugno 2024 si voterà in Italia per eleggere i 76 deputati italiani al Parlamento europeo. Una splendida occasione per parlare di Europa, o meglio dell’Europa che si vorrebbe. Nel nostro paese, in realtà, le elezioni europee sono sempre state considerate solo un maxi sondaggio sulla maggioranza di governo in carica. Si vede anche dalla scelta dei candidati: in prima linea i big o nomi acchiappavoti, che poi lasciano il posto alle seconde e terze file, ai personaggi scomodi da mandare in esilio (dorato) perché non facciano danni a casa.
Eppure l’Europa è più che utile, è necessaria. L’Italia rappresenta lo 0,2 % delle terre emerse, e lo 0,7 % della popolazione mondiale. Il maggior paese europeo, la Germania, non va oltre lo 0,2 % della superficie e l’1 % della popolazione. Solo l’intero continente europeo rappresenta una dimensione apprezzabile nel contesto mondiale. Anche guardando all’interno, si scopre che nell’Europa più o meno unita non ci sono state più guerre dall’8 maggio 1945. All’esterno invece sì, dai Balcani all’Ucraina. Senza bisogno di complicati discorsi, balza evidente che l’Europa è necessaria per la pace interna e per contare qualcosa nel mondo.L’Europa però è anche il regno delle contraddizioni.
Favorevoli ed ostili
Chi è ostile, dichiaratamente ostile, sono i nazional sovranisti, convergenti su questo con i populisti di ogni sponda. Ovviamente in sede istituzionale il galateo obbliga a tenere altri toni, ma la verità è quella detta nei comizi ai propri elettori, e lì non sussistono dubbi.
Naturalmente il governo in carica accusa l’Europa per i propri guai, invoca l’aiuto e i soldi dell’Europa: come, non vuoi l’Europa e poi la invochi? La contraddizione è solo apparente: se l’Europa è un nemico, accusarla dei propri guai viene naturale; se poi puoi scaricare i tuoi problemi meglio, così non ti riguardano più; se infine riesci a farti pagare il conto, che cosa c’è di più italicamente furbo che farsi pagare dai nemici?
D’altra parte, che i nazionalisti siano antieuropei è nelle cose: il nazionalismo è stato il motore delle due guerre mondiali del XX secolo, che sommate insieme rappresentano uno dei maggiori disastri della storia umana. Se si pone mente locale, sentire ripetere enfaticamente la parola “nazione” ogni 3x2, fa accapponare la pelle.
Detto questo, la domanda “che Europa vuoi” va rivolta a chi non è dichiaratamente ostile. Anche qui si aprono le contraddizioni. Europa dei popoli o Europa degli stati? Europa dei governi statali o delle istituzioni europee? Europa a 27, Europa dell’euro (20), Europa di Schengen (23+4)? Europa federale o Europa condominiale? Europa della stabilità o Europa del debito? Europa estesa ma disomogenea, o Europa ristretta ma coesa?
Tutte queste domande evidenziano che il cammino dell’Unione europea, cominciato idealmente con il manifesto di Ventotene del 1941 e operativamente con la CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio) nel 1952, è lungo, contrastato e difficile.
L'idea che va per la maggiore
In questo momento prevale l’idea dell’Europa degli stati. Le stesse spinte per superare l’unanimità nelle decisioni confermano questa tendenza. Si vuole rendere più fluido il meccanismo decisionale del Consiglio dell’Unione, per confermarne il ruolo decisorio di ultima istanza. Non sembra godere di credito la soluzione opposta, cioè attribuire a Commissione e Parlamento la responsabilità esclusiva nelle materie (tutte o alcune, per cominciare) di competenza UE, cominciando quindi a trasferire sovranità dai singoli stati all’Unione.
Un’altra contraddizione è quella tra le varie Unioni: è razionalmente pensabile che si faccia parte a pieno titolo di una Unione, di cui l’unione monetaria è il fulcro, senza avere la moneta comune? Eppure al momento è così. Lo stesso vale per l’area Schengen, l’accordo sulla libera circolazione delle persone: ne fanno parte 27 paesi, ma quattro non sono nell’Unione, quindi quattro dell’Unione non ne fanno parte. Grande è la confusione sotto il cielo, non per questo la situazione è eccellente.
Al momento, più che una struttura federale, l’Unione è un condominio, mediamente litigioso come ogni condominio che si rispetti. Le voci per uno stato federale europeo sono talmente flebili, che neanche si sentono.
Argomento di attualità, e più dibattuto, è quello del nuovo patto di stabilità. Quello vecchio è stato sospeso a causa del Covid, una dolorosa necessità che, dopo vent’anni, ha riportato in Europa l’inflazione, ben prima della guerra in Ucraina. L’inflazione non è un concetto astratto, è la madre di tutte le sventure, economiche, sociali, politiche. Che un nuovo patto di stabilità sia necessario non lo nega nessuno, sul come farlo abbondano i conflitti.
Infine: è innegabile che più l’Europa è grande, più aumenta la sua massa critica. Ma perde di omogeneità e di compattezza. L’allargamento ad Est è stato un fattore di crisi, continuare sulla stessa strada, facendo entrare paesi senza i requisiti adeguati, aumenterebbe la crisi. Non sarebbe il caso di far prevalere il consolidamento sull’espansione? Per esempio, facendo coincidere il primo passo di Europa federale con l’area Euro.
Sistemi elettorali in ordine sparso
Sono tutte domande aperte, e le risposte non sono semplici. Sarebbe interessante che i partiti, in vista delle elezioni europee, oltre a occuparsi di candidature civetta e di soglie di sbarramento, facessero sapere che Europa hanno in mente.
Un’ultima notazione sulla legge elettorale per le europee. Trovo curioso che in Italia si voti in modo indiretto per i consiglieri provinciali, che sarebbero conosciuti personalmente da molti dei loro potenziali elettori, e si voti a suffragio diretto per i deputati europei, esprimendo per di più le preferenze, senza conoscere in realtà chi saranno gli effettivi candidati. Le circoscrizioni infatti sono enormi, milioni di persone, sono ammesse le candidature plurime, e per di più l’attribuzione dei seggi alle varie liste è fatta in primisa livello nazionale: in questo modo il rapporto tra elettore ed eletto è del tutto inesistente. Sono i misteri dei sistemi elettorali, sui quali non sarebbe male se i partiti superassero la diffusa reticenza ad esprimersi.
*Componente del Direttivo Regionale Piemonte e dell'Assemblea Nazionale di Azione
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